Oreste rientra a pieno titolo all’interno di quel gruppo di rielaborazioni mitologiche elaborate da Euripide; si pensi alle due Ifigenie, di Aulide e Tauride, all’Elena, alla stessa Elettra.
Attraverso queste varianti, il tragediografo ci fornisce delle inedite versioni dei protagonisti di quel nucleo di racconti, che ben conosciamo attraverso il mito “ufficiale”, ed è solito farcire le sue scritture con delle tenui tinte oniriche, grottesche, che aumentano a dismisura l’attrazione e la seduzione che questi testi presentano, seppur a duemilacinquecento anni di distanza.Il caso dell’Oreste è
emblematico: in quello che potrebbe tranquillamente essere uno script
cinematografico, l’azione di svolge cinque giorni dopo l’omicidio commesso da
Oreste ai danni della madre Clitennestra. In una dimensione appesa al filo
sottile che divide il sonno e la veglia, tutta la prima metà del testo è un
alternarsi di visite degli altri personaggi al figlio di Agamennone che, in
compagnia della fedele sorella Elettra, li accoglie sul letto del dolore per
via del rimorso e della paura, impersonato dalle Erinni che cominciano, proprio
in quel momento, a fare capolino presso la sua coscienza.
In questo alternarsi di visite
familiari - ospedaliere, si dipana una trama politica ed etica ben definita: la
città chiede la condanna dei figli fedifraghi, che sperano nell’aiuto dello zio
Menelao il quale, invece, mistificando con grande arte retorica le sue
preoccupazioni, decide di non agire.
Il turning point di questo testo
è rappresentato dall’arrivo di Pilade che, con la sua proverbiale
determinazione, spingerà i due ad architettare un piano in perfetto stile
gangster-movie per fuggire e farla franca.
Se è vero, quando si parla di
Orestea, che le colpe dei padri ricadono sui figli, è altrettanto vero che
anche l’essenza dei padri pervade i figli: Elettra ed Oreste infatti, per
salvare la vita, sono disposti a rapire, uccidere, vendicarsi, proprio come
fecero i genitori in vita, ciascuno con i suoi propri moventi e con le proprie
giustificazioni. Da questo momento in poi, i due fratelli dimessi, stanchi,
fiaccati, malati si risvegliano, subiscono appieno il richiamo dell’azione e
abbandonano i panni della malattia per vestire quelli degli eroi ribelli. Sarà
Apollo, il dio che ha instradato Oreste in questa strada di sangue e vendetta a
risolvere la contesa, nel punto massimo della realizzazione del piano dei
nostri giovani protagonisti.
Il testo appare, dunque, diviso
in due parti speculari: una retorica, dedicata alle spiegazioni analitiche
delle ragioni di tutti i personaggi; l’altra di grande azione, in cui
l’intreccio ingegnato dai
nostri protagonisti si pone in
essere in tutta la sua fresca incoscienza giovanile.
L’interesse nei confronti di
questo testo nasce da varie motivazioni: Oreste è un testo sul rapporto
tra giovinezza e vecchiaia, sui
conflitti generazionali. Menelao e Tindaro rappresentano l’ordine politico e
politichese costituito, saldamente conservatore, ancorato ai valori fondanti
l’antico; i tre
protagonisti sono, invece,
rivoluzionari nell’opporsi alle ingiustizie, nell’affrontarle con le loro sole
forze, in bocca a qualunque
rischio.
Quali azioni sono, infatti,
appannaggio esclusivo dei giovani e a quali responsabilità sono chiamati
per discostare il loro destino da
quanto deciso dal fato? È evidente e sorprendente più che mai, a tal proposito,
il collegamento con la contemporaneità, con ciò contro cui i giovani, come
tutti gli
interpreti di questo testo, si
sentono in conflitto.
Il conflitto è anche tra l’uomo e
la politica: è l’assemblea democratica della città di Argo a decretare
la condanna a morte per Oreste,
una versione opposta di quello che accade, in Eschilo, nelle Eumenidi, ad
Atene, dove Oreste viene assolto. Il racconto dell’assemblea euripidea in cui
si svolge la discussione sul destino di Oreste ci fornisce un quadro quanto mai
moderno del peso che ciascun uomo, con il suo vissuto, il suo carisma, la sua
posizione sociale, esercita su una decisione collettiva e democratica. L’azione
drammatica si dipana attraverso un’unica domanda: dove sta la Giustizia?
Che ruolo gioca? A che prezzo si
può raggiungere?
Seguendo il suggerimento
dell’autore, che da subito ambienta la vicenda in una dimensione in cui il
sonno assume un valore fondamentale e in cui lo stato di malessere del
protagonista diventa la condizione esistenziale di partenza cui tutti si
accostano, il nostro spettacolo è ambientato in un non-luogo mentale che si
scopre essere poi una stanza di un sanatorio, o di una clinica psichiatrica:
gli stasimi del coro e il finale discorso riconciliante del primario – Apollo,
rappresentano la vera azione che si svolge attorno ad un malato psichiatrico (a
seguito di matricidio? Chissà), mentre l’intreccio della trama vera e propria,
con il susseguirsi dei personaggi e delle loro funzioni, diventa un vero e
proprio gioco di ruolo del personale medico che tenta di salvare un uomo con
una psiche alla deriva. Cosa è reale e cosa no? Il nostro non-luogo è asettico,
rarefatto, sterile. Unico elemento, oltre a delle sedute, è un tavolo che funge
da letto di Oreste, da tavolo operatorio all’interno di una clinica, ma anche
da altare in cui la vittima è pronta a sacrificare tutto se stesso, perché il
volere degli dei venga compiuto sempre e comunque, e a sacrificare gli altri,
senza remora alcuna. In questa “povertà” di mezzi, crediamo che il grande
elemento caratterizzante la nostra messinscena sia il profondo lavoro sulla
recitazione, nel maggior rispetto possibile di Euripide e della distanza
temporale che ce lo presenta come uno dei padri della nostra cultura
occidentale.
Questo gruppo di lavoro, inoltre,
nasce in seno alle numerose esperienze comuni maturate attraverso testi e
teatri classici, negli anni della scuola di Teatro presso l’Accademia del
Dramma
Antico di Siracusa.
In sottofondo, le musiche
originali di Gioacchino Balistreri, pluripremiato musicista siciliano che
ha collaborato con la Compagnia
all’interno dei lavori precedenti, forniranno una vera e propria
drammaturgia sonora di impaginazione della scrittura scenica, utile a far immedesimare lo spettatore lungo il viaggio nella mente in frantumi del protagonista.
Lo spettacolo ha debuttato in
forma di studio, all’inizio del 2023, al Festival InDivenire di Roma, diretto
da Giampiero Cicciò, aggiudicandosi il premio di gradimento del pubblico ed il
premio per la migliore attrice Under 35 assegnato a Francesca Piccolo nel ruolo
di Elettra.
FRANCESCA PICCOLO | AURORA CIMINO | IVAN GRAZIANO
ANTONIO BANDIERA ALESSANDRO BURZOTTA
MARCELLO GRAVINA | CATERINA FONTANA
ORESTE
da Euripide
musiche originali di Gioacchino Balistreri | costumi Ivan Bicego Varengo
assistente alla regia Salvo Pappalardo | progetto visual Anita Martorana
adattamento e regia DARIO BATTAGLIA
produzione COMPAGNIA LOMBARDI - TIEZZI
SPAZIO DIAMANTE
31 ottobre – 2 novembre
SALA WHITE
SPAZIO DIAMANTE
Via Prenestina, 230/B 00176 Roma RM
venerdì
ore 20.30, sabato ore 19, domenica ore 17
Lo Spazio
Diamante propone il Biglietto Flessibile: tre soluzioni (Supporter, Standard e
Agevolato)
per
permettere a chiunque di venire a Teatro.
Tra 18 e
10 euro



