(video) “Nei sei mesi in cui non abbiamo avuto sue notizie eravamo in pensiero, eravamo preoccupatissimi, perché con tanto silenzio può sparire anche un uomo. Quando lui si spostava mandava un messaggio, invece l’ultimo messaggio è stato “Sono all’aeroporto e sto partendo per un’altra missione”. Io aspetto, come al solito, che mi mandi anche la piantina di dov’è arrivato con Google Maps e invece non è arrivato niente. Ho passato la notte e il giorno, fino alla sera quando ci hanno detto che era stato fermato. La ONG aveva espletato le incombenze di quando succedono questi fatti, ma nemmeno il nostro console in Venezuela era riuscito ad avere notizie. E così siamo andati avanti per giorni, perché ci dicevano “Adesso arriverà a Caracas via terra”, e via terra ci è voluta una settimana. Non avevamo notizie, ma speravamo, e poi nessun contatto. Noi come famiglia non sappiamo cosa ha fatto il nostro governo, come si è mosso in quei primi mesi, eravamo preoccupatissimi. E fino a che la nostra avvocata (Alessandra Ballerini) non ha espletato un’interrogazione parlamentare, allora qualcuno si è mosso.” Così la madre di Alberto Trentini, Armanda Colusso, a Che tempo che fa di Fabio Fazio sul NOVE.
Sulla telefonata ricevuta da Alberto dopo sei mesi: “La prima telefonata è stata velocissima, di notte, per via del fuso orario, è stata brevissima. La seconda, invece, è arrivata di pomeriggio, ci ha detto che stava discretamente bene, che mangiava dietetico. Voleva sapere subito come stava il papà, ho provato a dirgli che stavamo lavorando per lui, di non scoraggiarsi, di memorizzare il nome dell’avvocata che poteva essergli utile, perché non gli era stato comunicato che ne aveva uno. Mille domande non si possono fare, ma lui ci ha dato un messaggio con cui ci ha fatto capire che stava bene, perché ci ha ricordato di non usare la macchina perché aveva bisogno della revisione. Dopo 10 mesi si era ricordato questo, così abbiamo capito che con la testa stava bene. La nostra paura era quella, perché erano tanti mesi che non vedeva qualcuno dall’esterno. L’ho sentito con una voce chiara e per me è stato importante sentire quella voce chiara e forte”.
Sulla lettera scritta per Alberto: “Ho scritto cose semplici. Alberto all’ambasciatore ha lasciato detto che ci vuole tanto bene, che ci ama moltissimo, che sarà forte e aspetta la liberazione. Io esco al mattino in terrazza perché ho lo striscione e accarezzo quello striscione. Vedo quel viso che è triste perché sembra dire “Mamma sono ancora qua, anche oggi dopo 10 mesi. Il mio governo non fa nulla per me? Io sono qua, mentre fuori potrei fare tante buone cose”. Ecco questo è il rammarico che penso lui viva”.
Sulla telefonata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Ho chiesto io la telefonata questa volta, perché c’era un silenzio da giorni che mi lasciava angosciata. Lei è stata disponibile, abbiamo parlato, ha promesso il suo impegno, di aiutare e di farsi promotrice per la liberazione di Alberto. Sono stata soddisfatta, perché questa sua promessa l’ha fatta all’Italia e al mondo”.
Sull’ipotesi di andare in Venezuela: “Io l’ho pensato, ma avevo anche pensato che appena arrivata mi avrebbero fermata all’aeroporto. Ho pensato di creare un caso, perché avrei potuto urlare che ho un figlio cooperante in prigione in Venezuela, che si chiama Alberto Trentini. E secondo me avrebbe avuto un’eco, ma non sarebbe servito a nulla. Mentre la nostra avvocata ha chiesto per tre volte il visto (l’avvocato Ballerini sul visto ha detto: "Hanno chiesto dei documenti a integrazione e non hanno poi mai risposto, hanno fatto fare mille certificati, però ancora aspettiamo”).
Sulla conferenza Italia-America Latina e Caraibi che si terrà a Roma: “Ci auguriamo vivamente che sia un’occasione, così i due Paesi, Italia e Venezuela, potranno aprire un dialogo e speriamo che possano affrontare anche il problema di Alberto”.
L’appello della signora Trentini alle autorità e ai telespettatori: “Alle autorità ho già detto molto, perché con gli incontri, la stampa, abbiamo detto molto. Al pubblico voglio dire che ringrazio chi ha potuto fare qualcosa, le persone che ci sono state vicine, anche in silenzio, dietro le quinte, Beppe Giulietti e l’attrice Ottavia Piccolo che ci sono stati molto vicini”.