di Giovanni Zambito - La storia straordinaria e poco conosciuta di Igor V. Savitsky, l’“Oskar Schindler delle avanguardie russe”, sarà al centro dell’incontro di questa sera, giovedì 16 ottobre alle ore 18:30, presso Bibliothe & Co (Via Giuseppe Dezza, 50 - Milano) per la presentazione del romanzo di Giulio Ravizza "Anche se proibito", moderata da Irina Lazzaretti, musicista e interprete. Savitsky riuscì a salvare oltre 80.000 capolavori del cubismo, dell’astrattismo e del futurismo russo dalla censura sovietica, nascondendoli in un museo “alla fine del mondo”, nel deserto del Karakalpakstan.
Quando ha incontrato per la prima volta la figura di Igor Savitsky e che cosa l’ha colpita di più della sua storia?
Nel 2012, all’aeroporto di Samarcanda, un overbooking cambiò il mio itinerario e mi fece finire per caso a Nukus, capitale della sconosciuta Repubblica del Karakalpakstan. In albergo chiesi se ci fosse qualcosa da visitare e mi indicarono un anonimo “Museo Statale”. Ci andai subito. Ero l’unico visitatore, seguito da una guida che accendeva le luci sala dopo sala. Davanti a migliaia di capolavori d’avanguardia capii di trovarmi nel più grande museo al mondo di arte proibita - senza ancora sapere chi fosse l’uomo che li aveva salvati.
Savitsky è un personaggio quasi leggendario: asceta, visionario, ribelle. Come lo ha affrontato narrativamente? Quali aspetti reali della sua vita l’hanno sorpresa di più durante la ricerca storica?
La cifra di Igor è l’assurdo. Un uomo in pigiama e pantofole, che alternava il russo al francese del Settecento e che, pur apparendo folle, ipnotizzava chiunque lo incontrasse. Mi ha colpito la sua ossessione “sequestratrice”: rischiò la vita pur di strappare al regime i capolavori messi al bando. Un misto di follia, furbizia e devozione.
Nel romanzo si alternano fatti veri e invenzione narrativa: come ha trovato il giusto equilibrio tra realtà storica e finzione letteraria?
Come recita la quarta di copertina, “I fatti assurdi sono veri, quelli ordinari sono inventati”. Ho lasciato che la realtà fornisse l’incredibile, mentre la finzione cuciva i vuoti documentali, restando sempre fedele allo spirito dell’epoca e alla psicologia dei personaggi.
Il romanzo si svolge in un momento cruciale della storia sovietica: come ha ricostruito l’atmosfera politica e culturale dell’epoca? Che cosa rappresentavano le avanguardie russe per il regime, e perché erano così pericolose?
Ho lavorato su tre livelli: la vita quotidiana (treni, cucine comuni, code), la pressione ideologica (il Realismo Socialista come codice espressivo obbligatorio) e la dialettica tra il potere e gli espedienti per eluderlo. Le avanguardie erano pericolose perché mostravano dubbi, fragilità e visioni libere: tutto ciò che un regime non può tollerare.
Il Museo di Nukus è stato definito “il Louvre del deserto”: che cosa lo rende così unico?
Il suo paradosso. È uno dei musei più straordinari del mondo, nel luogo più remoto del mondo. A Nukus non ci sono solo 80.000 avanguardie: ci sono 80.000 miracoli di libertà sopravvissuti al deserto e alla censura.
La storia di Savitsky ha una forte componente epica e poetica: come ha impostato la voce narrante e il ritmo del romanzo?
Ho scelto una prosa che alterna il respiro dell’epica a scarti lirici, costruendo un ritmo musicale: accordature, crescendo, pause che lasciano spazio al silenzio. Come in un’orchestra che suona un concerto.
Quali sono state le principali sfide nel raccontare un personaggio così complesso senza cadere nell’agiografia?
Mostrare il genio e il coraggio incosciente senza nascondere la fragilità. Savitsky era malato, ossessivo, a tratti sgradevole. Il mio Igor è l’emblema di un eroismo disperato: un uomo sconfitto che corre a perdifiato verso la propria distruzione.
Ci sono elementi della sua esperienza personale o del suo sguardo contemporaneo che ha voluto inserire nella narrazione?
L’aspetto più bello dello scrivere un romanzo storico è mostrare come le vicende di esseri umani lontani da noi nel tempo e nello spazio siano contemporaneamente molto simili e molto diverse dalle nostre. Questo si coglie specialmente quando si tratta della storia con la s minuscola: com’era amarsi, essere amici, essere figli o genitori in un altrove spazio-temporale.
A suo avviso, che cosa può dirci oggi la vicenda di Savitsky sul rapporto tra arte, libertà e potere?
Spesso l’arte esprime un pensiero minoritario, e questo è fonte di angoscia per il potere, specialmente se assoluto e insicuro. Ma è proprio il dialogo - o lo scontro - tra il pensiero dominante e quello minoritario che fa avanzare le società. I quadri del Museo di Savitsky sono un monumento del pensiero minoritario, perché quei pittori non si sono fatti radiocomandare dal regime e si sono chiesti cosa fosse giusto, cosa fosse meglio, cosa fosse vero.
Se potesse parlare con Igor Savitsky, quale domanda gli farebbe?
Gli chiederei della sua famiglia e delle sue origini aristocratiche, e di quel formidabile zio, Dmitry T. Florinsky, una figura chiave della diplomazia zarista e sovietica. Domande a cui avrebbe potuto rispondere solo dopo il crollo dell’URSS, perché prima avrebbero rivelato un passato politicamente scorretto.
IL ROMANZO
Vitalievich Savitsky è nato nel lusso di una famiglia aristocratica della Russia zarista, ma la Rivoluzione d’ottobre capovolge la sua sorte. Fuggito a Mosca in clandestinità, trova rifugio nell’incontro casuale con una ragazza francese, grazie a cui riscopre un legame misterioso con un passato che non riesce a ricordare. Quando la ragazza viene condannata al confino, un’ossessione prende il sopravvento: creare un museo di avanguardie che possa restituirgli la speranza di rivederla. Inizia così un viaggio alla ricerca di arte proibita che lo spinge sempre più lontano dalla realtà, là dove il confine con il sogno diventa impalpabile. Un romanzo intenso sulla ricerca di un amore impossibile, sull’ossessione per l’arte e sull’illusione di poter fermare il tempo. Un romanzo in cui i fatti più assurdi sono veri e quelli normali inventati. Un romanzo ispirato alla storia vera di Igor Vitalievich Savitsky, l’uomo che nell’Unione Sovietica di Brezhnev salvò ottantamila capolavori di arte proibita e li nascose alla fine del mondo, nel deserto del Karakalpakstan.
Disponibile in tutte le librerie e gli store online
416 pagine | Prezzo 19,00 euro | Bookabook
GIULIO RAVIZZA, narratore, pubblicitario e scrittore, è tra
i 100 Direttori Marketing d’Italia secondo Forbes. Ha esordito nel 2020 con la
distopia L’influenza del blu (bookabook)
e oggi torna in libreria con Anche se
proibito, romanzo storico sulla
vita di Igor Vitalievich Savitsky e sul Museo Statale del Karakalpakstan.