di Giovanni Zambito - Il 10 ottobre 2025 è uscito, su tutte le principali piattaforme digitali e in formato fisico, l’album di debutto di Leoni “FERNWEH”. Un disco quasi cinematografico, un viaggio intenso e apnoico quanto etereo. Il progetto era stato anticipato, il 3 ottobre 2025, dal singolo “L’ago di porta”, distribuito su tutte le principali piattaforme digitali. Fattitaliani lo ha intervistato.
Guido, FERNWEH è il tuo album di debutto. Puoi raccontarci come è nato questo progetto e cosa rappresenta per te questo momento?
Il progetto FERNWEH è nato dalla mia esigenza di chiudere un cerchio al cui interno è identificabile un determinato periodo della mia esistenza creativa e dal contestuale incontro con Lorenzo Muscari, un produttore che prima di tutto ha saputo “leggere” le mie stanze.
Il titolo FERNWEH è una parola tedesca che indica la nostalgia per luoghi lontani. Come mai hai scelto proprio questa parola per descrivere il tuo disco?
Anzitutto perché il significato, i simbolismi contenuti nella parola Fernweh, rispecchiano concettualmente il messaggio intriso nel percorso delle varie tracce del disco, inoltre ero attratto dal fatto di non utilizzare un termine in Italiano per il titolo di questo lavoro.
Il tuo lavoro è stato descritto come “quasi cinematografico”. Ti piace pensare alle tue canzoni come a piccole scene di un film interiore?
Si, diciamo che questo è il senso. Magari per essere più precisi direi che mi piace pensare che ogni “frammento” all’interno dei brani diventi una sorta di film interiore dell’ascoltatore, più che mio.
Musicalmente, il disco attraversa il pop, l’elettronica e sonorità più eteree. Come hai costruito questo equilibrio sonoro insieme a Lorenzo Muscari?
Direi che su questo aspetto devo dare merito esclusivo a Lorenzo. Io ho semplicemente accompagnato ogni fase della pre e post produzione che lui ha curato maniacalmente. Diciamo che c’è stato un feeling talmente importante ed istintivo con Muscari, che è stato molto semplice per me affidargli il timone per condurre appunto, questo equilibrio sonoro.
Perché hai scelto il singolo “L’ago di porta” come apripista?
Perché “L’ago di porta” è, tra i brani dell’album, quello più rockeggiante, quello un po' più spinto ritmicamente…e probabilmente anche il più semplice ed immediato.
“I tuoi occhi, i tuoi anni, le tue mani” è una ballata che sembra sospesa nel tempo. Puoi raccontarci come è nata e cosa ti ha ispirato?
È un brano dedicato. Una canzone che i più definirebbero d’amore. È nata ed è stata ispirata dalla fotografia dell’attimo in cui vidi per la prima volta quella che oggi è mia moglie.
“Per fare un padre”, che chiude l’album, è un brano intenso e struggente. Vuoi condividere qualcosa del significato personale che racchiude?
Mah, io sono abbastanza restio a parlare di queste cose. Credo che le canzoni debbano, per loro natura, parlare da sé e che parlino solo se qualcuno le ascolta. Per fare un padre è un brano rabbioso e molto personale, motivo per il quale forse è meglio lasciarlo libero di essere inteso senza ulteriori spiegazioni.
Hai detto che “le canzoni devono poter essere vissute da ognuno a suo modo”. Credi che oggi, nella musica, ci sia ancora spazio per l’interpretazione libera e personale dell’ascoltatore?
Lo spero e ci credo. Anche se coi tempi che corrono è difficile non sentirsi dei perfetti illusi talvolta. Credo ancora in un futuro dove si torni a dare il giusto spessore alle cose. Ma i fatti ad oggi mi darebbero perdente in tal senso.
FERNWEH è un disco che parla anche di dolore, rabbia e gioia. Come vivi queste emozioni nel processo creativo?
È una domanda complessa. Diciamo che nel mio processo creativo queste emozioni non mi abbandonano mai. Ma forse sono più onesto se dico che in realtà è come se io vivessi perennemente in fase creativa…e che c’è un tempo in cui assimilo queste ed altre emozioni e poi un momento in cui si raccolgono, diciamo, i frutti.
Nella tua biografia si legge che scrivi da quando avevi sei anni. Ti senti più scrittore o più musicista?
Ma forse non mi sento né uno né l’altro.
Nella biografia l’ho scritto perché è la verità, ma poi l’ho trovato subito presuntuoso una volta pubblicato. Comunque non è tanto quello che mi sento, quanto proprio la necessità di esprimersi, di creare qualcosa, di dare forma a un sentimento che è decisamente più grande di te. Per questo credo che "l’io” non conti assolutamente niente, magari da domani non scriverò e non suonerò più, questo non significa io smetta di vivere. Mi spiego meglio, credo che quando si parla di arte, noi siamo al suo servizio. Per questo ho difficoltà a “sentirmi” io qualcosa..
C’è un messaggio che vorresti arrivasse con forza a chi ascolterà FERNWEH per la prima volta?
Non c’è un messaggio in particolare…credo sia un disco che vada ascoltato più volte per essere eventualmente apprezzato…per esser detestato invece credo basti un ascolto.
Io vorrei solo che ascoltandolo, possa generare emozioni nell’ascoltatore che oggi mi sembrano un po' perdute. Ecco, questo forse è l’unico riscontro che vorrei. In ogni caso mi sento di dire che è un disco fatto da chi ama la musica per chi ama la musica, “gonfio” di cuore e passione.
BIO
Classe 1985. Guido Leoni scrive dall’età di sei anni, testi, racconti, impressioni, poesie.
A ventiquattro anni compiuti sente che ci sia della musica, dietro e davanti alle sue parole. Inizia così un percorso di approfondimento dal maestro Antonio Agostini, imbraccia una chitarra ed inizia a comporre melodie per i suoi scritti.
Nel 2023 l'incontro con Lorenzo Muscari, che ha prodotto e lo ha accompagnato nei due anni di lavoro, all’uscita del suo primo album FERNWEH, che vede la collaborazione di: Tiziano Fulceri al pianoforte, Federico Bertelà alla batteria e al basso ed Emanuele Meconi alla batteria per due brani, oltre al produttore Lorenzo Muscari che ha suonato le chitarre acustiche ed elettriche, programmazioni synth e tastiere, che hanno contribuito a definire il suono unico di questo debutto.




