Con la sua nuova creazione dedicata a Joséphine Baker,
Erika Rombaldoni - danzatrice, coreografa e artista dal percorso internazionale
- firma un omaggio intenso e visionario a una delle figure più iconiche del
Novecento. Ne abbiamo parlato con lei, tra riflessioni artistiche e prospettive
future.
In che modo hai tradotto in
movimento la personalità poliedrica di Joséphine Baker?
Josephine Baker è stata una figura straordinaria: ballerina, cantante,
diva dello spettacolo ma anche fervente attivista per i diritti civili e donna
impegnata nella lotta alla segregazione razziale. Ebbe un ruolo significativo
anche nella resistenza contro il nazifascismo tanto che divenne la prima donna
nera ad essere ammessa al Pantheon, ove vi accedono solo quelle personalità che
vengono considerate memoria collettiva della nazione.
Nel nostro spettacolo narriamo la sua vita, il che ci permette anche di
attraversare epoche, generi e linguaggi: un vero e proprio excursus nella
storia dello spettacolo del Novecento: dal charleston de les années folles alla
danse sauvage della revue nègre alla rivista francese in cui Joséphine divenne
icona di ironia ed eleganza. Tutto questo con l'intento di restituire la forza
interiore di una donna che ha fatto della danza un atto politico, uno strumento
di emancipazione e libertà.
Hai collaborato con registi e teatri di tutto il
mondo: dalla Scala a Parigi, da Londra a Madrid. Come cambia il tuo approccio
alla coreografia in contesti internazionali così diversi? E cosa significa per
te rappresentare l’Italia in un progetto simbolico come questo a Monte-Carlo?
Rappresentare l'Italia in un progetto come questo significa portare con sé una
tradizione di bellezza, teatro, danza e innovazione. Questo, però, credo vada
fatto nel profondo rispetto e con la piena consapevolezza di raccontare quella
che fu storia altrui, della cultura afroamericana e francese, entrambe parte
integrante del percorso umano e artistico di Joséphine. Sta lì la grande
ricchezza: capire le specificità culturali, per offrire un linguaggio forte e
autentico.
Che ruolo ha per te la musica?
Per me la musica non è mai semplice accompagnamento: è fonte di ispirazione,
primo motore di tutto che aiuta a collocare nel tempo, a evocare epoche e
atmosfere. Il mio amore per la danza nasce, sin da bambina, proprio dal mio
amore per la musica: è la commozione che la musica genera in me a trasformarsi
in vibrazione e movimento del corpo.
Dal teatro d’opera al pop, il tuo percorso attraversa
mondi molto diversi. C’è un filo invisibile che lega tutte queste esperienze?
Certamente: proprio la passione per l'emozione che il gesto suscita, per la
bellezza che emerge quando danza, musica, spazio scenico e pubblico si
incontrano. Se sono su un palcoscenico d'opera o in un grande palco pop il
processo creativo è sempre guidato da un desiderio di costruire un mondo
che possa stimolare l'immaginario del pubblico, in maniera viva, coerente,
emozionante.
C’è un progetto futuro o un sogno artistico che non
hai ancora realizzato, ma che senti di voler affrontare nei prossimi anni?
La mia danza è sempre stata interessata all'aspetto teatrale, più che al
freddo virtuosismo o al gesto puramente tecnico. Mi sono sempre appassionata
all'aspetto interpretativo, oltre a quello prettamente atletico. Per
questo la regia è un ambito che mi ha sempre affascinato, per poter creare non
solo la componente coreografica di uno spettacolo ma l'intero universo che vive
e respira su un palcoscenico.