Intervista di Marialuisa Roscino
Lucattini: “È importante favorire la fiducia reciproca, evitare giudizi e valorizzare i progressi dei figli, anche minimi. Routine regolari, un dialogo aperto e un clima emotivo prevedibile favoriscono l’equilibrio emotivo e un buon stato di salute”.
I Disturbi dell’umore in adolescenza sono condizioni
cliniche caratterizzate da significative e persistenti alterazioni del tono
emotivo, che vanno oltre i normali sbalzi d’umore tipici di questa fase di
sviluppo. Questi disturbi possono compromettere gravemente il funzionamento
scolastico, sociale e familiare dell’adolescente.
In particolare, il Disturbo Bipolare, che spesso esordisce in adolescenza o nella prima età adulta (picco di incidenza tra i 15 e i 30 anni), è un disturbo cronico che non migliora spontaneamente e che può peggiorare significativamente se non trattato. Da qui, l’importanza di saperli riconoscere e di una diagnosi precoce. Di questo e molto altro, ne parliamo oggi, in questa intervista con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, in occasione dell’imminente Giornata mondiale della salute mentale 2025.
Dottoressa Lucattini, ci può illustrare quali sono i vari tipi di disturbi dell’umore?
Esistono diverse modalità di
classificazione dei disturbi dell’umore, a seconda dei sistemi diagnostici
utilizzati a livello internazionale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11), inserisce
i disturbi dell’umore, denominati anche disturbi affettivi, che comprende
disturbi depressivi, disturbi bipolari, e disturbi dell’umore indotti da
sostanze o condizioni mediche.
Si tratta di patologie mentali
che coinvolgono la sfera emotiva, cognitiva e comportamentale, caratterizzate
da alterazioni significative e prolungate del tono dell’umore, che possono
assumere prevalentemente una polarità depressiva (tristezza, perdita di
interesse, rallentamento psicomotorio) o euforica/maniacale (esaltazione,
iperattività, ridotto bisogno di sonno, impulsività).
I due poli, depressione e mania, rappresentano gli estremi di un continuum in cui si collocano diverse forme intermedie, come l’ipomania, la distimia (depressione cronica lieve) e il disturbo ciclotimico, caratterizzato da oscillazioni più lievi, ma persistenti nel tempo.
Chi riguarda in particolare?
Queste condizioni non riguardano
soltanto gli adulti, infatti, anche i bambini e gli adolescenti possono
sviluppare disturbi dell’umore, spesso con sintomi meno tipici, come
irritabilità, instabilità affettiva, difficoltà scolastiche e alterazioni del
sonno o dell’appetito.
Riconoscerli precocemente è
fondamentale per prevenire l’evoluzione verso forme più gravi e per favorire
uno sviluppo psicoaffettivo equilibrato.
Come pubblicato su JAMA Psychiatry (2024), la diagnosi precoce e il trattamento integrato (psicologico, familiare e, se necessario, farmacologico) migliorano significativamente la prognosi e riducono il rischio di ricadute in età adulta.
Gli studi epidemiologici cosa indicano in merito?
Gli studi epidemiologici internazionali mostrano che i
disturbi dell’umore rappresentano una delle principali cause di disabilità
psicologica e sociale a livello mondiale.
I dati provenienti dall’ampia World Mental Health
Survey Initiative, condotta in oltre 30 Paesi e promossa
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2023) in collaborazione con la Harvard
Medical School, indicano che la prevalenza nel corso della vita dei
disturbi dell’umore varia dal 7% al 20%, con differenze legate al contesto
socioculturale e alle metodologie diagnostiche utilizzate.
Il Disturbo Depressivo Maggiore interessa circa il 5% della popolazione mondiale, ma raggiunge punte del 10–12% nelle donne rispetto al 4–6% negli uomini; i Disturbi Bipolari presentano una prevalenza stimata tra l’1% e il 3%, ma possono raggiungere il 5% se si includono le forme sottosoglia o ciclotimiche; circa il 10–15% delle persone inizialmente diagnosticate con depressione maggiore sviluppano successivamente un quadro bipolare, con fenomeni di tipo ipomaniacale e maniacale, confermando la complessità diagnostica e la necessità di un attento monitoraggio longitudinale.
Come si arriva alla diagnosi dei disturbi dell’umore?
La diagnosi di un disturbo dell’umore viene posta
quando le oscillazioni dell’umore, verso la melanconia o verso l’euforia, diventano
intense, persistenti e interferiscono con la vita quotidiana.
Non si tratta quindi di semplici variazioni delle
emozioni, ma di condizioni cliniche che alterano in modo significativo il
pensiero, la percezione di sé, il comportamento e la relazione con gli altri.
Nel polo depressivo, l’adolescente o l’adulto può
sperimentare un senso profondo di vuoto, rallentamento del pensiero e della
parola, perdita di energia vitale e idee di autosvalutazione o pensieri di
morte. Nel polo maniacale o ipomaniacale, invece, si osservano: accelerazione
del pensiero e del linguaggio, iperattività, ridotto bisogno di sonno e una
sensazione di onnipotenza o di euforia immotivata. Spesso, la prima
manifestazione non è l’agitazione psicofisica, ma l’accelerazione del flusso
mentale, che può rendere difficile mantenere una coerenza di pensiero o di
discorso.
La diagnosi viene effettuata da uno specialista in
psichiatria o da un’équipe multidisciplinare che può includere anche psicologi
clinici e psicoterapeuti.
The Lancet Psychiatry Commission on Youth Mental Health (2024) raccomanda modelli integrati, centrati sul giovane e con coinvolgimento della famiglia lungo tutto il percorso (valutazione, intervento precoce, continuità di cura).
Perché spesso la diagnosi dei disturbi dell’umore negli adolescenti arriva in ritardo?
Ci sono vari fattori che concorrono a ritardare la
diagnosi, gli adolescenti possono non riconoscere i sintomi, i genitori possono
interpretare l’umore instabile come situazioni normali nell’adolescenza, e la scuola non è attrezzata, difatti, la
diagnosi è demandata ai servizi sanitari.
Dal punto di vista psicologico, la letteratura
psicoanalitica sottolinea che i ragazzi possono non avere consapevolezza dei
propri conflitti emotivi e le difese inconsce possono criptare il malessere.
Un’ampia rassegna sull’efficacia della psicoterapia psicodinamica nei giovani
pubblicata su Frontiers in Psychology (2021) conferma che tali approcci
sono particolarmente utili nei disturbi interiorizzati (depressione, ansia) non
manifesti chiaramente sul versante comportamentale.
Uno studio su adolescenti Frontiers Child & Adolescent Psychiatry (2023) ha rilevato che il ritardo medio diagnostico supera 2 anni, soprattutto per difficoltà nel distinguere sintomi depressivi da disturbi d’ansia o disordini dell’attenzione.
A quale età si manifestano i disturbi dell’umore?
I disturbi dell’umore possono manifestarsi a qualunque
età, ma i primi segnali compaiono spesso già durante l’infanzia o nell’adolescenza.
Nei bambini, i sintomi sono meno tipici e più
difficili da riconoscere, possono prevalere irritabilità, iperattività,
impulsività, difficoltà di attenzione e disturbi del sonno, elementi che
talvolta portano a una diagnosi errata di ADHD. Tuttavia, a differenza di
quest’ultimo, che ha una base prevalentemente neuroevolutiva, i disturbi
dell’umore hanno un’origine psicologica e relazionale, legata anche a fattori costituzionali,
ambientali e affettivi.
Durante l’adolescenza, periodo di intensa
riorganizzazione emotiva e identitaria, l’esordio diventa più evidente, possono
comparire episodi depressivi, crisi d’ansia, fluttuazioni dell’umore, disturbi
del sonno o dell’alimentazione, talvolta alternati a fasi di grande energia e
creatività.
Una ricerca su Acta Psychiatrica Scandinavica (2024) indica che l’età media di esordio per i disturbi dell’umore si colloca tra i 13 e i 18 anni, con un secondo picco tra i 20 e i 30 anni. Ciò corrisponde alle fasi di vita più delicate, caratterizzate da passaggi evolutivi e sfide identitarie importanti.
Quali terapie psicologiche e psicoanalitiche sono più utili per adolescenti con disturbi dell’umore?
Sul versante psicologico, interventi basati sulla terapia
interpersonale e terapie sistemico-relazionali che lavorano sulla regolazione
emotiva, sono efficaci nel ridurre sintomi depressivi e prevenire ricadute,
soprattutto se combinati con il supporto familiare.
Dal versante psicoanalitico, la Short-Term
Psychoanalytic Psychotherapy (STPP) è una modalità che, pur breve, mira ad
affrontare conflitti interiori e simbolici: uno studio recente ha descritto le
tecniche utilizzate e i fattori di rottura/risanamento dell’alleanza
terapeutica.
Inoltre, una ricerca pubblicata su The Lancet Psychiatry (2017) ha valutato l’efficacia dell’intervento psicologico integrato su adolescenti depressi, mostrando che l’effetto terapeutico si mantiene nei mesi successivi rispetto al solo trattamento farmacologico.
Qual è il ruolo della famiglia nella gestione dei disturbi dell’umore adolescenziali?
La famiglia può essere un fattore protettivo o di
rischio: comunicazione aperta, supporto emotivo, stabilità quotidiana,
partecipazione al percorso terapeutico tendono a migliorare l’aderenza ai
trattamenti e ridurre le ricadute. Da un punto di vista
psicoanalitico-relazionale, il contesto familiare offre il terreno cui
proiettare e rielaborare dinamiche inconsce: comprendere le tensioni
relazionali (la dipendenza, l’attaccamento, le aspettative inconsce) può
favorire la guarigione interna del ragazzo.
Sul fronte empirico, uno studi di psicoterapia psicoanalitica con adolescenti, pubblicato su Frontiers in Psychology (2024) mostra che la qualità dell’alleanza terapeutica genitori-psicoterapeuti e l’impegno familiare influiscono sui risultati clinici. Inoltre, come mostrato su International Journal of Social Psychiatry (2023), l’intervento allargato alla famiglia, come il supporto genitoriale o psicoterapia familiare, è stato associato a migliori esiti a lungo termine, riducendo la frequenza e gravità degli episodi acuti nei figli.
Quali sono gli approcci terapeutici per i disturbi dell’umore?
I disturbi dell’umore sono patologie complesse e
multifattoriali: la loro cura deve essere personalizzata, adattata alla fase
del disturbo, alla storia del paziente e al suo assetto psicologico e
relazionale.
Le linee guida internazionali (NICE, APA, OMS)
raccomandano un approccio integrato che comprenda: la terapia farmacologica
mirata alla fase in atto (depressiva, maniacale o mista) e alla prevenzione
delle ricadute e la psicoterapia. I farmaci stabilizzatori dell’umore restano
la base dei trattamenti. Gli antidepressivi e alcuni antipsicotici atipici
vengono usati con attenzione e in combinazione per modulare i sintomi
specifici. Negli ultimi anni si parla di “terapie sartoriali”, ovvero terapie modulate
ad personam, che tengono conto della risposta individuale e degli effetti
collaterali, di solito transitori.
La psicoterapia psicoanalitica o psicodinamica,
affiancata quando opportuno da terapie genitoriali o familiari, permette di
comprendere e rielaborare i conflitti emotivi alla base della sofferenza.
In base alla gravità e alla struttura di personalità,
il percorso può avere frequenza da una a tre sedute settimanali, con
l’obiettivo di ricostruire la continuità dell’esperienza affettiva e il senso
di sé.
L’intervento familiare e la rete di supporto sono fondamentali. Il coinvolgimento dei familiari favorisce l’aderenza terapeutica e riduce le ricadute. Programmi di supporto genitoriale o di coppia si sono dimostrati efficaci nel migliorare la stabilità emotiva del paziente.
Perché è così importante intervenire precocemente nei disturbi dell’umore?
Intervenire subito consente di limitare la durata e
severità degli episodi, prevenire la cronicizzazione, preservare il
funzionamento scolastico e sociale e ridurre il rischio suicidario.
Uno studio psicoanalitico longitudinale su Frontiers Psychology (2021) mostra che trattamenti anche brevi possono avere uno “sleeper effect” nel tempo, ovvero la trasformazione progressiva dovuta alla rielaborazione inconscia, con i miglioramenti che si consolidano nel tempo anche dopo la fine della terapia. Un intervento tempestivo può modificare la traiettoria neurobiologica dell’umore, stabilizzando circuiti cerebrali affetti da disregolazione emotiva. Complessivamente, l’intervento precoce rappresenta un’azione preventiva che agisce non solo sui sintomi attivi nel presente, ma anche sul potenziale evolutivo con sviluppo di resilienza per il tempo a venire.
Consigli per genitori
Osservare se i cambiamenti improvvisi dell’umore, del sonno, dell’appetito o del rendimento scolastico non sono sempre “crisi adolescenziali”. Possono essere segnali precoci di un disturbo dell’umore;
Rivolgersi tempestivamente a professionisti della salute mentale, in caso di irritabilità persistente, isolamento, o oscillazioni emotive marcate, è fondamentale consultare uno psichiatra dell’età evolutiva o uno psicoanalista. L’intervento precoce riduce il rischio di peggioramento e favorisce la stabilizzazione;
Collaborare con i curanti. La cura dei disturbi dell’umore è un percorso di alleanza terapeutica tra famiglie, pazienti e professionisti. Partecipare attivamente agli incontri e condividere osservazioni quotidiane aiuta i clinici a calibrare meglio le terapie.
Anche quando i sintomi migliorano, non interrompere i trattamenti senza consulto medico. Le ricadute sono frequenti se le terapie vengono sospese bruscamente. È preferibile una gestione graduale e condivisa con gli specialisti.
Avere un figlio con un disturbo dell’umore può essere un grande dispiacere e molto faticoso. È essenziale riconoscere il proprio stress e chiedere sostegno psicologico anche per se stessi. I genitori che stanno bene sono una risorsa per i figli;
È importante favorire la fiducia reciproca, evitare
giudizi e valorizzare i progressi dei figli, anche minimi. Routine regolari,
dialogo aperto e un clima emotivo prevedibile favoriscono l’equilibrio emotivo
e un buon stato di salute.