Nel Meeting di Rimini 2025, tenutosi qualche giorno fa, l’Europa è stata al centro degli interventi sia della Meloni che di Draghi. Entrambi hanno convenuto sulla necessità che l’Unione Europea, cessi di essere “spettatrice” delle vicende geopolitiche mondiali e riacquisti l’importanza decisionale di una volta.
Certamente
le visioni espresse sono diverse, ma su un dettame convergono, cioè quello di
un’Europa che invece di essere
condannata all’irrilevanza geopolitica, sappia rispondere efficacemente alle
sfide sulla competitività poste dalla Cina
e dagli Stati Uniti.
Per
la Meloni occorre, proprio per
quanto detto, una difesa comune europea, dopo avere per decenni delegato gli Stati Uniti ad assicurare la difesa
dell’Europa, con conseguente ed inevitabile dipendenza politica dagli States. Per
la nostra Premier, occorre andare oltre il dibattito, francamente un po’
stantio, tra più Europa e meno Europa; è necessaria un’Europa che non “soffochi
gli Stati nazionali ma ne rispetti ruoli e specificità”.
Senza
andare per le lunghe, si tratta dell’Europa confederale, tema assai caro alla
Meloni, proposto nel manifesto del suo partito per le elezioni al Parlamento europeo
dello scorso anno. Si tratta, però, di una proposta che, a mio avviso, non
risolve il problema, giacché come la storia ci ricorda tutte le Confederazioni
sono fallite per la loro incapacità decisionale.
L’Europa
deve poter far meglio di quanto non faccia adesso ma, nella difesa, non può
esserci il coordinamento tra gli Stati, perché sono due solo le potenze
nucleari, gli altri Stati non lo sono. Perché l’Unione Europea sia di nuovo in grado di affrontare le sfide
crescenti che ha di fronte, occorre una sovranità europea nella politica estera
e di difesa, lasciando a quella nazionale la gestione di altre politiche.
In
sintesi, Confederazione inefficiente, Stato federale impraticabile; occorre una
Unione capace di prendere decisioni, a partire dalla difesa comune.
A
Rimini Draghi ha ribadito quello che
sostiene da tempo, cioè che l’UE sia stata pensata e voluta per risolvere i
problemi di un’altra età storica, quando la seconda Guerra Mondiale era finita
da poco e l’Occidente si affidava all’America
per difendere la democrazia e la libertà, dalle mire della Russia bolscevica.
“A
ottant’anni dalla fine della guerra, la difesa collettiva della democrazia è
data per scontata da generazioni che non hanno memoria di quel tempo”. Per
questo l’Unione Europea deve
costruire una propria soggettività politica, partendo proprio dalla difesa. Per
Draghi, l’UE deve agire come se
fosse uno Stato unico, per poter raggiungere i suoi obiettivi economici e
strategici. Un concetto ribadito più volte, a partire dal discorso tenuto al Parlamento Europeo qualche mese fa.
Per
l’ex Governatore della Banca Centrale Europea, nonché ex Premier italiano, lo
Stato è l’unica forma istituzionale in grado di prendere decisioni importanti e
legittime. Purtroppo non è così, perché la costruzione di uno Stato federale
solleverebbe resistenze a non finire e una tale mobilitazione di risorse
istituzionali e politiche da minacciare la libertà di tutti.
Lo statalismo è fuori luogo. Si tratta di una prospettiva inattuabile e anche l’Unione federale può prendere decisioni legittime ed efficaci nel campo della difesa comune, a patto però, che si doti di un meccanismo sovranazionale che non significhi una riduzione dei diritti degli Stati che ne fanno parte.
Angela Casilli