Dopo l’esordio con il libro “Eccomi ci sono ancora” e una serie di pubblicazioni successive, Gina Scanzani, torna dai suoi lettori con un romanzo autobiografico, “Un amico invisibile” edito da Bertoni Editore. Nata a Fiano Romano nel 1966, la Scanzani nutre da sempre una profonda passione per la scrittura e la poesia, utilizzando questa forma d’arte come strumento terapeutico per ciò che le accade nella vita. Conosciamo meglio l’autrice attraverso l’intervista esclusiva a Gina Scanzani.
Il
libro nasce dall’esigenza di dare voce
a chi soffre, durante i suoi periodi difficili oltre la scrittura, c’è stato un
libro che l’ha in qualche maniera sostenuta ed
accompagnata?
Oltre alla scrittura, ho trovato un'eco profonda della mia stessa esperienza nella storia di Alda Merini, specialmente in 'L'altra verità'. Quel libro mi ha risollevata e accompagnato profondamente perché, immedesimandomi nel suo percorso, ho visto come il suo estro creativo sia emerso vittorioso nonostante le difficoltà più estreme. È stato un grande conforto e un'ispirazione costante vedere che anche lei non ha mai negato la realtà. Mi sono ritrovata dentro alle pagine del suo libro. In qualche modo Alda è riuscita a rendere giustizia agli indifesi e dare voce a chi soffre. Ho letto molti suoi libri ma 'L'altra verità’ rimane il più avvincente.
Il
suo romanzo racconta di come si parli tanto di inclusione ma di come al tempo
stesso ce n’è davvero poca nel tessuto sociale. Come si potrebbe secondo lei
favorire l’inclusione? In cosa si è sentita
diversa e spinta ai margini della società? Come ha reagito?
Grazie,
questa è una domanda fondamentale che tocca il cuore del mio romanzo e, non a
caso, della mia esperienza personale. Credo fermamente che per favorire una
reale inclusione, sia imprescindibile educare il tessuto sociale al rispetto
della diversità fin dalle basi. Oggi, purtroppo, tendiamo troppo spesso a
polarizzare, a vedere solo bianco o nero, e questa rigidità mentale ostacola
l'accettazione di quella complessità e varietà che caratterizzano la realtà
umana. Le belle parole sull'inclusione e le leggi, per quanto necessarie,
rischiano di restare inefficaci se non vengono nutrite da azioni concrete e da
un profondo cambiamento culturale. La politica, a mio avviso, ha il dovere di
farsi promotrice di questa educazione al rispetto, ancor prima di legiferare,
costruendo un terreno fertile per l'accettazione.
Personalmente,
mi sono sentita spinta ai margini quando, a causa di una percezione di “inabilità
al lavoro” legata alla mia condizione fisica, mi sono vista preclusa la
possibilità di contribuire attivamente alla società, mentre invece vedevo
opportunità aprirsi per chi magari aveva “conoscenze altolocate” o rispondeva a
canoni di “normalità”. Questa situazione mi ha generato una profonda
frustrazione: desideravo ardentemente sentirmi utile e non un'esclusa. La mia
reazione è stata complessa, ma una cosa era chiara: nonostante l'accettazione
doverosa dell'invalidità civile, la mia determinazione a lottare per
l'autonomia e per un futuro in cui le capacità siano valorizzate al di là delle
etichette è diventata la mia bussola. Non mi sono arresa al ruolo di esclusa,
anzi, ho trasformato quella frustrazione in motore per la mia scrittura, un
messaggio che porto avanti con forza attraverso il mio lavoro di scrittrice.
Lei
riconosce nella scrittura un forte valore terapeutico. Qual è il momento della
giornata in cui preferisce scrivere? Di cosa scrive principalmente?
Assolutamente
sì, riconosco un forte e inestimabile valore terapeutico nella scrittura. È per
me una vera e propria valvola di sfogo e un modo per elaborare, dare forma e
significato a pensieri ed emozioni profonde.
Il
momento in cui mi sento più in sintonia con il processo creativo è senza dubbio
la notte. La quiete e il silenzio di quelle ore mi permettono di eliminare ogni
distrazione esterna e di concentrarmi pienamente, immergendomi nel flusso dei
pensieri. A volte, anche un bel pomeriggio piovoso, con la sua atmosfera
raccolta e una luce particolare, può ispirarmi in modo inatteso.
Per quanto riguarda ciò che scrivo, mi dedico principalmente alla narrativa, sia con racconti che con fiabe, ma anche alla poesia. Questi generi sono per me ideali perché mi permettono di esplorare a fondo emozioni, mondi interiori e anche di dare voce a tematiche che sento particolarmente mie, trasformando l'esperienza vissuta in narrazione.
Nel suo romanzo, nonostante le difficoltà evidenti delle patologie, si evince una profonda positività nell’affrontare le cose della vita. Dove ha trovato la forza? Cosa consiglia a chi si trova nelle medesime situazioni?
La forza che
si evince nel romanzo nasce da un lungo percorso di accettazione dei miei
limiti e delle mie limitazioni. Non è stato un punto di arrivo immediato, ma un
cammino graduale che ha permesso di riscoprire e valorizzare una capacità
innata di credere in ciò che era insito in me stessa.
Ho imparato
ad affrontare le avversità con decisione e coraggio, senza mai cedere alla
disperazione. Questo approccio proattivo ha nutrito una crescente autostima
che, a sua volta, si è tradotta in una profonda positività. È proprio in questa
spirale virtuosa, dove l'accettazione alimenta il coraggio e il coraggio
rafforza l'autostima, che ho trovato la mia forza.
A chi si trova in situazioni analoghe, il mio consiglio più sentito è quello che ho voluto trasmettere nel libro: accettarsi e credere in sé stessi è il primo, fondamentale passo. Spesso, i limiti che percepiamo sono più grandi nella nostra mente che nella realtà; sono, come scrivo, "visibili solo a noi".
L’amico invisibile raccontato nel suo
libro è un’entità incorporea custodita in
ognuno di noi. Com’è ad oggi il suo amico invisibile? Cosa le suggerisce? Cosa
le nega e cosa le regala?
Il mio amico invisibile è un fedele compagno di viaggio, un'entità che si manifesta nel mio sesto senso, nella mia serenità e nella consapevolezza. Oggi, più che mai, mi suggerisce di rimanere con i piedi per terra, offrendomi quella stabilità e calma che mi permettono di affrontare ogni situazione. Ricordo, ad esempio, in un momento di grande incertezza lavorativa, mi ha regalato la lucidità di discernere quale fosse la direzione giusta da prendere, non negandomi la paura, ma dandomi la forza di agire in armonia con me stessa e i miei valori. Non è un'entità che mi nega qualcosa, piuttosto mi regala costantemente la lucidità di discernere e la forza di agire in armonia con me stessa.
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