Fattitaliani intervista il pianista Marco Mezquida, l’anima mediterranea del jazz contemporaneo



Stasera, mercoledì 16 luglio, alle ore 21.30, nell'ambito del festival itinerante Suoni Mobili lo spazio antistante Palazzo Omodei a Cusano Milanino (MI) ospiterà un concerto molto speciale: protagonista il pianista e compositore Marco Mezquida, accompagnato dalla voce della cantante Badrya Razem (intervista di Fattitaliani).
Considerato uno dei musicisti più brillanti e versatili della sua generazione, Mezquida (classe 1987, originario dell’isola di Minorca) ha saputo fondere con sorprendente naturalezza la musica classica e il jazz moderno, dando vita a un universo sonoro poetico e profondo.

Fin dai suoi esordi ha mostrato un virtuosismo tecnico e una sensibilità creativa fuori dal comune. Le sue composizioni raccolgono influenze da ogni angolo del mondo: dal latin jazz alla samba brasiliana, dal romanticismo di Brahms ai suoni caraibici, dal flamenco alle musiche tradizionali della sua terra.
In questa occasione, affiancato dai suoi storici compagni di viaggio Marko Lohikari (contrabbasso) e David Xirgu (batteria), e con la partecipazione speciale di Badrya Razem, Mezquida presenterà un repertorio mediterraneo ricco di improvvisazione, melodie avvolgenti e omaggi alla canzone italiana, filtrati attraverso il linguaggio libero del jazz.

Una notte d’estate sotto le stelle, in un luogo carico di storia e bellezza, sarà lo scenario ideale per lasciarsi trasportare dalla musica di un artista che, al di là dei generi, sa parlare con l’anima.

La tua musica è stata definita una fusione naturale tra jazz moderno e musica classica. Come trovi questo equilibrio nel tuo processo creativo?

Lo trovo in modo molto naturale, perché sin da quando ho iniziato a studiare musica suonavo, ad esempio, il Clavicembalo ben temperato di Bach, un notturno di Chopin, una canzone dei Beatles come Let It Be o Yesterday, un canto popolare menorchino o un villancico.
Ho capito subito che tutto era fatto con gli stessi ingredienti: armonia, melodia e ritmo.
Quando vedevo un do maggiore, lo riconoscevo sia in una melodia di John Lennon che all’inizio del Clavicembalo di Bach. Ho iniziato a comprendere le modalità, le tonalità, le melodie… e tutto ciò è diventato un gioco, una scoperta continua.
Per questo non ho mai percepito una vera separazione tra gli stili, ma una fusione spontanea e musicale. È così che mi esprimo anche oggi.

Sei un artista estremamente versatile: nelle tue composizioni si sentono influenze dal latin jazz, dal flamenco, dalla samba, da Brahms... Che ruolo gioca la tua identità mediterranea in tutto questo?
È fondamentale. Non sono un musicista blues del Wisconsin né del Mississippi, né un flamenco nato in Andalusia, né un brasiliano. Sono menorchino, nato in una piccola isola del Mediterraneo.
Amo la musica popolare della mia terra, il fandango menorchino e le musiche tradizionali. Tutto il resto —jazz, flamenco, blues, musica brasiliana— l’ho imparato per pura curiosità, umana e musicale, e per il desiderio di condividere esperienze con tanti musicisti diversi.
Metti tutto questo in uno “zaino di esperienze”: studi Brahms, Mozart, gruppi di musica moderna, jazz, avanguardia… e tutto finisce per far parte del tuo linguaggio.

Quali sono gli artisti o gli stili che ti hanno maggiormente influenzato, dentro e fuori dal jazz?
Ce ne sono moltissimi. Ho un debole per i grandi melodisti. Non sarei lo stesso senza Paul McCartney, Paul Simon, Elton John e tanti altri.
La musica popolare prodotta dall’industria musicale ha dato vita a melodisti che mi commuovono profondamente.
Ma anche nella musica classica ce ne sono: Mahler, Mozart, così come Bill Evans, Keith Jarrett, Brad Mehldau… tutti artisti con un dono per la melodia e una voce molto personale.
È questo che mi colpisce: più degli stili, mi emoziona la poesia, la delicatezza creativa e la forza espressiva della melodia.

In questo concerto ti accompagnano due musicisti con cui lavori da molto tempo, Marko Lohikari e David Xirgu. Come descriveresti la vostra intesa musicale?
Lavoro con loro da anni. Con Marko ho creato il mio primo trio nel 2013 e ho registrato il mio primo album, My Friend Marko, che ha segnato l’inizio della mia carriera come leader e compositore.
Anche con David ho condiviso tantissimo; è uno dei grandi batteristi spagnoli.
Con entrambi ho un’amicizia profonda e una curiosità comune nel continuare a creare insieme.

A Cusano Milanino condividerai il palco con la cantante Badrya Razem. Come è nata questa collaborazione e cosa aggiunge la sua voce al tuo universo musicale?
Badrya è meravigliosa. Ho avuto la fortuna di conoscerla e suonare con lei qualche mese fa a Monza, in un concerto con l’Orchestra Sinfonica, in un omaggio ai Queen.
È stato tutto molto organico e bello, anche grazie a Saúl Barreta, che ci ha presentati dicendo: “andrete sicuramente d’accordo”.
E così è stato. È una gioia condividere con lei: porta profondità musicale e arricchisce la nostra visione artistica.

Come hai preparato questo repertorio mediterraneo per il concerto del 16 luglio? Cosa può aspettarsi il pubblico da questa esperienza sonora?
Ci sarà musica molto varia: folklore, musica sudamericana, brani mediterranei, composizioni originali… sarà un concerto molto bello.
Il pubblico vedrà un gruppo di musicisti che si capisce al volo, con una grande varietà stilistica —jazz, musica popolare, musica classica rivisitata— e soprattutto tanta improvvisazione, gioco, melodie intense.
Penso sarà una serata gioiosa e mediterranea, con un omaggio alla canzone italiana filtrata attraverso il linguaggio del jazz e dell’improvvisazione. Una notte davvero speciale.

Hai suonato su palchi in tutto il mondo. Cosa significa per te esibirti in uno spazio aperto come quello di Palazzo Omodei, in una serata d’estate italiana?
Mi piace suonare nelle sale da concerto, ma gli spazi all’aperto come quello di Palazzo Omodei sono davvero speciali.
Quando Saúl organizza eventi, sceglie sempre luoghi magici, con un’atmosfera unica.
Spero sinceramente che il pubblico lo percepisca e lo viva con emozione.

Come compositore, preferisci l’improvvisazione libera o una struttura precisa? Come combini le due cose nel tuo lavoro?
Preferisco l’improvvisazione libera. Per me è come un fiume in piena: la composizione è come prendere un secchio d’acqua da quel fiume, selezionare qualcosa di magico e poi lavorarlo come una pietra preziosa.
Ma senza dubbio ho bisogno dell’improvvisazione libera per sviluppare il mio potenziale creativo.

Nel corso della tua carriera hai sperimentato diversi formati. Cosa ti offre il trio che non trovi in altre formazioni?
Preferisco i piccoli ensemble -duo o trio- perché di solito lavoro con musicisti dalla forte personalità.
In queste formazioni le individualità possono brillare di più, mentre in un gruppo più numeroso tutto tende a diluirsi.
Nel trio c’è comunicazione, spontaneità, intimità e potenza.

C’è un progetto o un sogno musicale che non hai ancora realizzato e che vorresti esplorare presto?
Sì, a ottobre realizzerò un progetto che mi emoziona molto: musica di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, un compositore rinascimentale italiano, con un coro di 28 voci.
Amo la musica vocale, i cori, e la raffinatezza della sua opera.
L’anno scorso ho vissuto un sogno con la prima esecuzione del mio concerto per pianoforte e orchestra.
A breve inciderò un nuovo disco con il mio trio, e a settembre uscirà un duo con la cantante di fado Lina, di Lisbona. Creare con lei era un sogno da tempo.


En español

Marco Mezquida, el alma mediterránea del jazz contemporáneo
El miércoles 16 de julio, a las 21:30, el espacio frente al Palazzo Omodei de Cusano Milanino (Milán) acogerá un concierto muy especial: el del trío liderado por el pianista y compositor  Marco Mezquida, acompañado por la voz de la cantante Badrya Razem (entrevista).
Considerado uno de los músicos más brillantes y versátiles de su generación, Mezquida (nacido en 1987 en la isla de Menorca) ha logrado fusionar con asombrosa naturalidad la música clásica y el jazz moderno, dando vida a un universo sonoro poético y profundo.

Desde sus inicios, ha demostrado un virtuosismo técnico y una sensibilidad creativa fuera de lo común. Sus composiciones recogen influencias de todos los rincones del mundo: del latin jazz a la samba brasileña, del romanticismo de Brahms a los sonidos cubanos, del flamenco a las músicas tradicionales de su tierra natal.
En esta ocasión, junto a sus fieles compañeros de viaje Marko Lohikari (contrabajo) y David Xirgu (batería), y con la participación especial de Badrya Razem, Mezquida presentará un programa mediterráneo lleno de improvisación, melodías cautivadoras y homenajes a la canción italiana, todo tamizado por el lenguaje libre del jazz.

Una noche de verano bajo las estrellas, en un lugar cargado de historia y belleza, será el escenario ideal para dejarse llevar por el arte de un músico que, más allá de los géneros, sabe hablar con el alma. 

Tu música ha sido descrita como una fusión natural entre el jazz moderno y la música clásica. ¿Cómo encuentras ese equilibrio en tu proceso creativo?
Lo encuentro de manera natural, porque desde el primer momento en que estudié música, empecé a tocar, por ejemplo, El clave bien temperado de Bach, un nocturno de Chopin, una canción de los Beatles como Let It Be o Yesterday, una canción popular menorquina, o un villancico. Entonces entendí que todo estaba hecho de la misma manera: con armonía, melodías y ritmos.
Cuando veía un do mayor, lo reconocía como el mismo do mayor tanto en una imagen musical de John Lennon como en el inicio del Clave bien temperado de Bach. Empecé a comprender los modos, las tonalidades, las melodías... y lo interpretaba de manera orgánica, como un juego. Por eso nunca he sentido una separación real entre estilos, sino una fusión natural y musical. Y con los años, así es como me expreso.

Eres un artista muy versátil: en tus composiciones se perciben influencias del latin jazz, del flamenco, de la samba, de Brahms... ¿Qué papel juega tu identidad mediterránea en todo esto?
Juega un papel esencial. No soy un músico de blues de Wisconsin ni del Misisipi, ni un flamenco nacido en Andalucía, ni un músico brasileño. Soy menorquín, nacido en una pequeña isla del Mediterráneo.
Me encanta la música del fandango menorquín, las músicas populares y las músicas diversas. Todo lo demás —el jazz, el flamenco, el blues, la música brasileña— lo he aprendido por pura curiosidad, humana y musical, y por el deseo de compartir con muchos músicos diferentes.
Uno va metiendo todo eso en un “bolsillo de experiencias”: estudias a Brahms, a Mozart, a grupos de música moderna, jazz, vanguardia... y todo eso va formando parte de tu lenguaje.

¿Cuáles son los artistas o estilos que más te han marcado, tanto dentro como fuera del jazz?
Hay muchos. Me gustan especialmente los grandes melodistas. No sería el mismo sin Paul McCartney, Paul Simon, Elton John y tantos otros. La música popular de la industria musical tiene melodistas que me emocionan profundamente.
Pero también los hay en la música clásica: Mahler, Mozart, y también Bill Evans, Keith Jarrett, Brad Mehldau... todos ellos tienen un don para la melodía, una manera muy personal de expresarse a través de ella.
Eso es lo que más me impacta: más allá de los estilos, lo que me conmueve es la poesía, la delicadeza en la creatividad y la melodía de los grandes.

En este concierto te acompañan dos músicos con los que trabajas desde hace tiempo, Marko Lohikari y David Xirgu. ¿Cómo describirías la química musical entre ustedes?
Trabajo con ellos desde hace muchos años. Con Marko creé mi primer trío en 2013 y grabé mi primer disco, My Friend Marko, que marcó el inicio de mi carrera como líder y compositor.
Con David también he compartido muchísimo; es uno de los grandes bateristas de España. Me une a ambos una gran amistad y una gran curiosidad por seguir creando juntos.

En Cusano Milanino compartirás el escenario con la cantante Badrya Razem. ¿Cómo surgió esta colaboración y qué aporta su voz a tu universo musical?
Badrya es maravillosa. Tuve la suerte de conocerla y compartir escenario hace unos meses en un concierto en Monza con la Orquesta Sinfónica, en un tributo a Queen.
Todo fue muy orgánico y bonito, gracias también a Saúl Barreta, que nos presentó diciendo: “vais a conectar muchísimo”. Y así fue. Es una alegría compartir con ella, sumar profundidad musical y enriquecer nuestra visión artística.

¿Cómo preparaste este repertorio mediterráneo para el concierto del 16 de julio? ¿Qué puede esperar el público de esta experiencia sonora?
Habrá música muy variada: folclore, música sudamericana, música mediterránea, composiciones propias... Va a ser muy bonito. El público verá un concierto con músicos que se entienden muy bien, con mucha variedad estilística —jazz, música folclórica, clásica adaptada— y, sobre todo, mucha improvisación, juego, melodías preciosas.
Creo que será una velada alegre y mediterránea, con un tributo a la canción italiana pasada por el filtro del jazz y la improvisación. Una noche realmente especial.

Has tocado en escenarios de todo el mundo. ¿Qué significa para ti actuar en un espacio abierto, como el de Palazzo Omodei, en una noche de verano italiana?
Me encanta tocar en auditorios, pero tocar en espacios abiertos como el del Palazzo Omodei es muy especial. Cuando Saúl organiza conciertos, siempre elige lugares mágicos, con una atmósfera única. Espero sinceramente que el público lo disfrute.

Como compositor, ¿prefieres la improvisación libre o la estructura precisa? ¿Cómo combinas ambas en tu trabajo?
Prefiero la improvisación libre. Para mí es como un río caudaloso: la composición es como tomar un cubo de esa agua, seleccionar una parte con algo mágico, y a partir de ahí, pulirla como si fuera una joya.
Pero sin duda necesito la improvisación libre para desarrollar mi potencial creativo.

A lo largo de tu carrera has trabajado con diferentes formatos. ¿Qué te ofrece el trío que no encuentras en otras formaciones?
Prefiero las formaciones pequeñas —dúos y tríos— porque suelo compartir con músicos de gran personalidad. En estos formatos, esas personalidades pueden brillar más que en un conjunto más grande, donde todo se diluye más.
La comunicación y la espontaneidad son fundamentales en el trío; es una formación íntima y potente.

¿Hay algún proyecto o sueño musical que aún no hayas realizado y que te gustaría explorar en el futuro cercano?
Sí, en octubre realizaré un proyecto que me emociona mucho: música de Carlo Gesualdo, príncipe de Venosa, un compositor renacentista italiano, con un coro de 28 personas. Me encanta la música vocal, los coros, y la sofisticación de su obra.
También viví un sueño el año pasado con el estreno de mi primer concierto para piano y orquesta. Y pronto grabaré un nuevo disco con mi trío. En septiembre lanzaré un dúo con la cantante de fado Lina, de Lisboa. Crear con ella también era un sueño pendiente. Giovanni Zambito.

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top