Le
tecniche mini-invasive per il trattamento chirurgico del tumore al seno rappresentano
un'evoluzione significativa nella chirurgia oncologica, offrendo numerosi
vantaggi rispetto alle procedure tradizionali. Queste tecniche mirano a ridurre
al minimo il trauma chirurgico che può verificarsi in molte donne con tumore al
seno, preservando così nel contempo, l'efficacia del trattamento. Ne parliamo
di questo e molto altro con il Dott. Giovanni Corso, Medico Chirurgo Oncologo
dell'istituto Europeo di Oncologia di Milano
Intervista di Marialuisa Roscino
Dott.
Corso, parliamo di evoluzione della chirurgia mammaria, cosa è cambiato?
Tantissimo.
Possiamo dire con grande soddisfazione che la chirurgia mammaria primaria
eseguita per la cura del tumore al seno ha subito una vera e propria
rivoluzione. Verso la fine dell’Ottocento, la chirurgia mammaria consisteva in
una mutilazione della donna, purtroppo. L’intervento chirurgico venne ideato
dal chirurgo statunitense William Halsted che prevedeva l’asportazione di tutto
il seno, dei muscoli pettorali (grande e piccolo) e di tutti i linfonodi
ascellari, senza nessuna possibilità di ricostruzione plastica. Il dolore
post-operatorio e la limitazione funzionale erano indicibili. Successivamente,
negli anni ‘70 siamo passati alla mastectomia radicale con risparmio dei
muscoli pettorali e all’introduzione della chemioterapia adiuvante, secondo gli
studi dell’oncologo Gianni Bonadonna. Tuttavia, il vero cambiamento arriva con
la “quadrantectomia” di Umberto Veronesi, negli anni ’80. Togliere tutto il
seno non era più necessario, i risultati dimostravano chiaramente che il tumore
al seno si poteva curare benissimo con la quadrantectomia, seguita dalla
radioterapia.
Quando
è possibile salvare il seno?
In diversi
casi. Parliamo di chirurgia conservativa, quindi, della cosiddetta
quadrantectomia. L’intervento chirurgico consiste in una resezione parziale
della ghiandola mammaria in corrispondenza della neoplasia già diagnostica in
fase pre-operatoria. Concettualmente, il seno si suddivide in quattro
quadranti, e la quadrantectomia prevede l’asportazione parziale di uno dei
quadranti. Di solito, alla quadrantectomia segue sempre una radioterapia
esterna, al fine di ridurre significativamente il rischio di recidiva tumorale
locale. Questa procedura chirurgica è fattibile di solito quando la neoplasia è
mono-focale, di dimensioni piccole e occupante un solo quadrante, oppure quando
ci troviamo di fronte ad una neoplasia multi-focale (più foci tumorali) che
occupa similmente un solo quadrante. Con l’avvento dell’onco-plastica abbiamo
la possibilità di ottenere anche risultati eccellenti in termini di outcome
estetico e di radicalità oncologica, anche quando siamo costretti ad eseguire
interventi chirurgici conservativi ma più ampi.
Esistono
tecniche mini-invasive per il trattamento chirurgico del tumore al seno?
Certamente.
Abbiamo a disposizione la chirurgia video-laparoscopica e la chirurgia
robotica, che sarebbe l’evoluzione della prima, e ne permette una visione
tridimensionale. Il vantaggio della chirurgia mini-invasiva si traduce non solo
in un possibile migliore risultato estetico, ma anche in una migliore ripresa
post-operatoria e minor dolore. Tuttavia, nel nostro caso, la chirurgia
mini-invasiva è utilizzata in una popolazione di donne molto selezionate. Non è
possibile ad oggi proporre tale approccio chirurgico in tutti i casi e non
tutti i centri ospedalieri hanno a disposizione tali strumenti per la chirurgia
mammaria. Possiamo però affermare che i primi risultati di un nostro studio
randomizzato in IEO e pubblicato sulla rivista Annals of Surgery,
dimostrano che la chirurgia robotica è una tecnica fattibile e sicura in
particolare nelle donne ad alto rischio genetico (con mutazione del gene BRCA,
per intenderci). Siamo in attesa dei risultati anche per le donne operate con
questa tecnica, ma con una diagnosi di tumore al seno.
Parliamo di mastectomie conservative nel trattamento del
tumore della mammella,
quali sono i principali tipi di mastectomie conservative?
La cosiddetta
mastectomia conservativa prevede il risparmio della cute e del complesso
areola-capezzolo e viene chiamata comunemente mastectomia nipple-sparing.
Tale procedura chirurgica viene effettuata nei tumori multicentrici o nei
tumori di dimensioni piuttosto grandi oppure nelle donne ad alto rischio
genetico. L’intervento chirurgico prevede l’asportazione totale della ghiandola
mammaria attraverso un’incisione cutanea del seno con l’analisi
intra-operatoria del tessuto retro-areolare che ci permette di capire se vi
sono cellule tumorali nel capezzolo. In caso di positività è tuttavia
necessario asportare il complesso areola-capezzolo, per evitare recidive
tumorali precoci. La mastectomia nipple-sparing è una procedura sicura
da un punto di vista oncologico, numerosi studi retrospettivi hanno dimostrato
chiaramente che non vi è nessun rischio maggiore di recidiva tumorale rispetto
alla mastectomia radicale.
Quali
sono i vantaggi della mastectomia conservativa?
I
vantaggi della mastectomia nipple-sparing sono molteplici. Con questa
procedura chirurgica abbiamo una maggiore probabilità di raggiungere un buon
risultato estetico nella ricostruzione mammaria immediata con una protesi
definitiva e permette quindi di raggiungere un buon equilibrio psico-fisico
nella donna che affronta un percorso già di per sé difficile, quale la diagnosi
di un tumore. Tale risultato non è solo un fatto estetico, bensì parte
integrante di un percorso verso la guarigione completa. La protesi viene
posizionata dietro il muscolo pettorale, oppure qualora le condizioni locali lo
permettano, anche in sede pre-pettorale, ovvero sopra il muscolo. In passato,
la mastectomia nipple-sparing veniva effettuata solo in alcune donne,
ovvero che presentazione una dimensione ghiandolare medio-piccola e in assenza
di ptosi. In un nostro studio retrospettivo IEO pubblicato sulla rivista Journal
of Plastic, Reconstructive & Aesthetic Surgery, abbiamo descritto nuove
tecniche chirurgiche di mastectomia nipple-sparing anche per le donne
che presentano una ghiandola mammaria poco favorevole.
Quanto
conta, a Suo avviso, la Prevenzione di precisione in risposta ad una diagnosi
precoce?
Entriamo
in un campo necessario per la nostra intervista. L’Associazione
Italiana di Oncologia Medica (AIOM) annualmente pubblica un report molto
dettagliato sui numeri del cancro in Italia. Il tallone di Achille è ancora la
prevenzione. Sappiamo che oggi l’unica strategia efficace per ridurre la mortalità
correlata al cancro è l’adesione agli screening forniti dal sistema sanitario
nazionale. Una lesione tumorale mammaria identificata attraverso un programma
di screening ha maggiori probabilità di guarigione, a differenza di una lesione
diagnosticata accidentalmente. Ancora notiamo differenze significative tra
Nord, Centro, Sud e Isole della penisola Italiana nei programmi di estensione e
adesione agli screening mammografico. L’adesione complessiva allo screening
mammografico è di circa il 56% con importanti eterogeneità tra le varie
regioni. Alcune regioni offrono un’estensione dello screening oltre il 100%,
altre poco meno del 40%! Sono dati allarmanti. Lo screening salva la vita, c’è
poco da discutere, l’obiettivo è raggiungere il 100% in tutte le regioni.
Quali
consigli si sente di dare alle donne che scoprono di avere il tumore al seno?
Non
avere paura! Esplorare e conoscere la propria storia familiare (importante per valutare
un eventuale test genetico), aderire sempre allo screening e in caso di
diagnosi di neoplasia mammaria, affidarsi il prima possibile ad un centro
multidisciplinare specializzato nella gestione delle donne con tumore del seno,
ovvero ad una breast unit. Ritengo utilissimo anche condividere le
proprie esperienze all’interno delle numerose associazioni presenti sul
territorio nazionale che forniscono un prezioso supporto logistico anche alle
donne già sottoposte ad intervento chirurgico. Quello che consiglio sempre a
tutte le mie pazienti è di seguire i consigli dei medici specializzati, fidarsi
e affidarsi. Inoltre, non essere fatalisti. Per un nostro meccanismo intrinseco
di sopravvivenza, noi pensiamo sempre che il tumore può colpire solo gli altri,
in qualche modo ci sentiamo immuni, ma la malattia va affrontata, nascondere o
ritardare il problema può solo aggravare la situazione e ridurre le possibilità
di cura.