La ricostruzione di una storia taciuta, per riempire post
mortem il nulla che ha caratterizzato la vita di una madre.
Esce in Italia il romanzo d’esordio di Christine Vescoli
Riempire i buchi. Rendere
visibile ciò che è invisibile. Sono le
urgenze che, dopo la morte di sua madre, avverte “la figlia di L.”, voce
narrante del romanzo Nulla materno. L’opera
prima di Christine Vescoli, pubblicata in lingua tedesca all’inizio del 2024, è
appena arrivata in libreria in edizione italiana per la collana TravenBooks di Edizioni
Alphabeta Verlag, dopo il grande successo di pubblico e critica riscosso in
Germania e Austria.
Elaborazione del lutto.
Rapporto madre-figlia. Difficoltà di comunicazione. Ruolo della donna e
funzione sociale dei figli nelle diverse epoche. Dinamiche di vita agreste in
un cupo Sudtirolo della prima metà del Novecento, una terra segnata dalla
miseria, dall’atavica legge del “maso chiuso” e dalla servitù agricola. Sono
solo alcuni degli elementi che si fondono nell’opera di Christine Vescoli, in
cui risalta uno stile che con estrema fluidità trasforma la prosa in vera
poesia.
La figlia di L. è una donna
adulta, a sua volta madre, che con il lutto prende coscienza di sapere poco,
pochissimo della donna che l’ha messa al mondo. È un poco che scaturisce da
racconti taciuti e domande inespresse, timide e ubbidienti. Nella situazione
della morte, che porta con sé il “nulla” della scomparsa fisica, si fa spazio
un nulla più profondo e di lunga data: il nulla che rappresenta il passato
della madre della protagonista.
Raccogliendo i pochi frammenti
disponibili, la protagonista intraprende un viaggio nella vita di sua madre,
per ricostruire quella storia sempre taciuta, quel nulla che definisce non solo
la scarsa conoscenza dei fatti, ma il senso dell’intera vita della madre, fin
dall’infanzia.
È un nulla che assorda. È un nulla che pervade. È un nulla così
“pieno” e percepibile da pressare in modo
fisico la protagonista, spingendola all’azione, a intraprendere
questa ricerca tra i luoghi dell’infanzia materna, le testimonianze orali di
coetanei ancora viventi, biglietti, canzoni, poesie…
Delle
poesie mia madre raccontava. Con un fulgore negli occhi, come se nessuno
potesse più prendergliele, quelle poesie. Raccontava delle poesie e delle
canzoni, che appartenevano a lei quando non aveva nient’altro.
(pag.
34)
Diceva
che da bambina aveva trascorso tanti anni in un maso. Che lì era vissuta e
cresciuta con la nostalgia di casa. Questo lo diceva spesso. Oppure diceva che
aveva spesso sofferto di nostalgia.
Non
diceva mai che aveva fatto la serva contadina.
(pag. 35)
Da qui emerge la storia di una bambina che nei primi anni di
vita viene allontanata dalla famiglia di origine per prestare servizio presso
un maso. Poesie e canzoni rappresentano l’unica possibilità di fuga dalla
realtà. Quello che oggi si configurerebbe come un reato, all’epoca era una
pratica diffusa nelle valli sudtirolesi. La patria potestà emerge come
possibilità di disporre dell’altrui vita più che dovere di tutela dei minori.
Un diritto acquisito e indiscutibile, tanto che la bambina non fa domande, non
cerca spiegazioni, accetta la sua condizione e non mette in dubbio le scelte
dei genitori.
Andò via
di casa come se se la fosse presa il vento. L’aveva raccolta e portata via, e
la mano del padre non l’aveva trattenuta. Perché il vento era il padre. Il
vento doveva restare vento, e il padre padre e la bambina bambina. Anche quando
diventò donna e madre e nonna, mia madre dovette restare la bambina che non
chiedeva, che non poteva nemmeno immaginarsi di chiedere. Papà e mamma la
amavano, e papà e mamma bisognava onorarli.
(pag. 99)
Oltre alla storia al femminile di L., emergono le storie delle donne che l’hanno preceduta, nonna e bisnonna della protagonista. Il nulla sembra essere una condizione intergenerazionale, comune alle donne – anche quelle dal temperamento indipendente e determinato –, ineluttabile.
Sullo sfondo: la vita contadina nelle montagne tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, il mondo feudale del “maso chiuso”, l’annessione all’Italia, l’arrivo del fascismo e poi del nazismo.
L’autrice
Christine Vescoli (Bolzano, 1969), ha svolto studi in
Germanistica e Storia dell’Arte all’Università di Vienna, laureandosi con una
tesi su Robert Walser. Attualmente è insegnante di liceo, editor e pubblicista.
Si occupa, tra l’altro, di critica letteraria per la “Neue Südtiroler
Tageszeitung”. Dal 2009 è direttrice dell’associazione Literatur Lana, per cui
dirige la rivista “Adligat”, nonché curatrice dei Literaturtage Lana, la più
prestigiosa rassegna letteraria internazionale in Alto Adige/Südtirol. Mutternichts (Nulla materno) è il suo
sorprendente esordio letterario, segnato da uno straordinario successo di
pubblico e critica in Austria e Germania. Uscito all’inizio del 2024, dopo
appena tre mesi andava già in ristampa.
Autrice: Christine Vescoli
Titolo: Nulla Materno
traduzione dal tedesco di Cristina Vezzaro
Brossura con alette, 13,5 × 21 cm, 160 pagine
Euro 16,00
ISBN 978-88-7223-439-6
In vendita in libreria e sulle principali piattaforme online