È stata presentata alla stampa Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana a cura di Sharon Hecker, storica dell’arte, allestita negli spazi espositivi della Collezione Peggy Guggenheim dall'11 ottobre 2025 al 2 marzo, 2026.
Dopo un saluto ai numerosissimi giornalisti e ospiti presenti, la direttrice Karole P. B. Vail ha sottolineato l’importanza di questo omaggio a Lucio Fontana, tra gli artisti più innovativi e irriverenti del XX secolo. "Si tratta della prima mostra museale interamente dedicata alla produzione ceramica di Lucio Fontana", ha affermato Vail, proseguendo: "Come suggerisce il titolo stesso, attraverso una sorprendente varietà di lavori, circa settanta, la mostra offre un approfondimento inedito sul rapporto vitale dell’artista con la creta, materiale che accompagnò il suo percorso creativo per tutto l’arco della vita. Già nel 2006 il museo ha reso omaggio all’artista con la mostra Lucio Fontana. Venice/New York, curata da Luca Massimo Barbero. Oggi torniamo ad ospitare una monografica dedicata a Fontana, ma che ne esplora un lato assolutamente meno conosciuto, ovvero il suo rapporto con la ceramica".
"Questa mostra svela un lato più intimo e tattile di Fontana, nato da un legame profondo e duraturo con una materia umile come l'argilla, un lato che va oltre la figura iconica ed eroica conosciuta per i suoi tagli e i gesti audaci", ha poi proseguito la curatrice Hecker. "Ripercorrendo l'approccio diretto dell'artista alla ceramica, l’esposizione restituisce a questo medium il ruolo che gli spetta accanto al marmo e al bronzo, riconoscendone la forza espressiva e il valore artistico. Celebra non solo il rapporto di Fontana con i rituali del lavoro con la creta, ma anche le straordinarie potenzialità di questo materiale come strumento di sperimentazione e di libertà creativa. Mi auguro che la mostra sappia sorprendere il pubblico e offrire una nuova prospettiva su un artista dall'inesauribile capacità d’innovazione".
Con circa settanta opere, alcune delle quali mai esposte prima, provenienti da note collezioni pubbliche e private, la mostra intende far luce sulla portata della visione scultorea di Fontana attraverso un materiale come la creta, rivelando come abbia rappresentato, nel corso degli anni, un terreno di sperimentazione ricco e produttivo. La sua produzione ceramica si distingue per la varietà di forme, tecniche e soggetti: dalle opere figurative che rappresentano donne, animali marini, arlecchini e guerrieri, fino alle sculture astratte, il suo approccio all’argilla recupera i rituali antichi imposti dalla materia, sui quali interviene in modi innovativi. La sua pratica ceramica si sviluppa nell’arco di decenni e in contesti molto diversi: dal primo periodo in Argentina al ritorno in Italia all’epoca del Fascismo, seguito da un ulteriore lungo soggiorno in Argentina durante la guerra e da un nuovo rientro, nel dopoguerra, nell’Italia della ricostruzione e del boom economico. Fontana realizzò anche oggetti per interni privati, dai piatti ai crocifissi, caminetti e maniglie, spesso in collaborazione con importanti designer. Con rinomati architetti milanesi creò fregi ceramici per facciate di edifici e sculture per chiese, scuole, cinema, hotel, circoli sportivi e tombe che ancora oggi ornano la città. In mostra sono presenti sia pezzi unici realizzati a mano che oggetti prodotti in serie, alcuni dei quali sfumano i confini tra le due categorie.
L’esposizione ripercorre la produzione ceramica di Fontana, toccando due continenti e quattro decenni cruciali, e intrecciando cronologia e temi scultorei in un racconto inedito e dinamico. La sua produzione proteiforme spazia dalle sculture figurative a forme radicalmente astratte, specchio dei diversi contesti storici, sociali, politici e geografici in cui Fontana visse e operò. Il percorso espositivo prende avvio da un’opera realizzata al suo ritorno in Argentina nel 1926, Ballerina di Charleston, dopo il trauma della Prima guerra mondiale combattuta da giovane insieme agli altri “ragazzi del ’99”. Da qui si prosegue nell’Italia del periodo fascista, dove, nei primi anni trenta, l’artista crea piccole terrecotte intime, non smaltate e con leggeri tocchi di colore, come Ritratto di bambina (1931) o Busto femminile (1931), per poi approdare alla stagione degli straordinari esperimenti con gli smalti, resa possibile grazie alla collaborazione con gli artigiani di Albisola. A questo periodo appartengono opere affascinanti quali Coccodrillo (1936-37), Medusa (1938-39), Donna seduta (1938) e il maestoso Torso Italico (1938). Durante la Seconda guerra mondiale Fontana torna nuovamente in Argentina, dove continua a lavorare la ceramica, per poi rientrare ancora una volta nell’Italia del dopoguerra. Qui, la ricostruzione del Paese e il boom economico si intrecciarono con la sua produzione ceramica che si espande, iniziando un proficuo dialogo con il mondo del design. Fontana realizza piatti, crocifissi, forme astratte, tutte opere che indagano le origini stesse dell’antica pratica della ceramica. Una sala è poi dedicata ai ritratti più personali delle figure femminili che fecero parte della sua vita, testimonianza dell’intima relazione che Fontana ebbe tanto con le donne da lui ritratte – dalla moglie Teresita Rasini, alla scrittrice e intellettuale Milena Milani, unica donna firmataria del Manifesto dello Spazialismo, alla ceramista Esa Mazzotti – quanto con la materia. La mostra mette in risalto la forza materica della creta, liscia, ruvida, incisa, grezza, dipinta, smaltata, tagliata, bucata, e l’innovativa capacità di Fontana di intrecciare i linguaggi dell’arte e dell’artigianato, del design e della manualità. Non mancano fotografie d’archivio che ritraggono Fontana al lavoro, testimonianza di un artista collaborativo, profondamente in sintonia con materiali, processi, persone e luoghi.
Ad accompagnare l’esposizione, un cortometraggio inedito, Le ceramiche di Lucio Fontana a Milano, appositamente commissionato e realizzato dal regista argentino Felipe Sanguinetti. Concepito come parte integrante del percorso espositivo, il film conduce il pubblico in un viaggio cinematografico attraverso diversi luoghi della città di Milano, dal Cimitero Monumentale all’Istituto Gonzaga, Fondazione Prada, Villa Borsani, Chiesa di San Fedele, Museo Diocesano, per raccontare le opere ceramiche che Fontana realizza grazie alla collaborazione con importanti architetti italiani, tra cui Osvaldo Borsani, Roberto Menghi, Mario Righini, Marco Zanuso. Tutti interventi site-specific, integrati nel tessuto architettonico e urbano della città, che non hanno potuto essere fisicamente trasportati nelle sale museali, ma che rivivono grazie alle immagini potenti e affascinanti di questo film, fruibile negli spazi antistanti la mostra.
Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana invita il pubblico a riconsiderare Fontana non solo come pioniere dello Spazialismo e dell’arte concettuale, ma come scultore, un artista profondamente legato alla materia, attento al potenziale tattile ed espressivo della creta. La mostra vuole inoltre sollevare nuove questioni di ordine storico, materiale e tecnico sulla sua pratica ceramica, che un critico dell’epoca definì come la sua “altra metà” e “seconda anima”. In contrasto con l’immagine consolidata di Fontana come figura ipermaschile ed eroica che taglia le sue tele con un cutter, l’esposizione rivela un lato più informale, profondo e collaborativo dell’artista, radicato nella fisicità morbida dell’argilla e plasmato da relazioni durature, come quella con il ceramista e poeta Tullio d’Albisola e la manifattura ceramica Mazzotti di Albisola. Come afferma la curatrice: “L’argilla emerge come un contenitore di sperimentazione vitale, di molteplicità e fertilità”.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo illustrato, pubblicato da Marsilio Arte, che include nuovi saggi critici della curatrice Hecker, e di Raffaele Bedarida, Luca Bochicchio, Elena Dellapiana, Aja Martin, Paolo Scrivano, Yasuko Tsuchikane, tutti dedicati alla pratica ceramica di Fontana e ai suoi contesti storici, sociali e culturali.
Completa l’esposizione un articolato programma di attività collaterali gratuite, volte ad approfondire e interpretare la pratica e il linguaggio visivo dell’artista, realizzate grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.
Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana è sostenuta da Bottega Veneta.