Sino al 16 febbraio 2025, il Museo delle Culture di Milano (MUDEC) ospita una mostra unica nel suo genere: “Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider”, una rassegna che pare una precisa lezione di storia dell’arte sull’affascinante mondo dell’Art Brut, un’arte “grezza” e “pura” che ha anche rivoluzionato certi paradigmi tradizionali.
Il percorso espositivo che raccoglie opere “diverse”, fuori da canoni stilistici omologabili, si sviluppa in quattro sezioni che esplorano la genesi dell’Art Brut, l’opera di Dubuffet, i temi del corpo e delle credenze e l’arte degli outsider in tutta la sua varietà internazionale.
Partiamo dalla definizione, dal principio: l’Art Brut è un concetto inventato da Jean Dubuffet negli anni ‘40, che lo definì come un’arte spontanea, non mediata dalla cultura accademica e dalle convenzioni artistiche. Si tratta di un’espressione autentica, nata dal profondo dell’individuo, che non cerca il riconoscimento sociale e non si preoccupa delle regole tradizionali dell’arte. In particolare, Dubuffet fu attratto dalle opere di artisti autodidatti e da quelle di persone ai margini della società, come malati psichici e reclusi, che create senza l’influenza della cultura ufficiale, riuscivano a dar vita a mondi visivi straordinari.
L’esposizione inizia con una sezione dedicata proprio a Jean Dubuffet, che, attraverso le sue opere, la sua collezione e il suo impegno teorico, ha dato forma al concetto di Art Brut. In mostra sono presenti dipinti, sculture e documenti che raccontano la sua visione radicale, come la famosa affermazione “Tout le monde est peintre” (“Ognuno è pittore”), che rivendica l’idea che chiunque può essere un artista se si esprime autenticamente, senza filtri o imposizioni culturali.
La seconda sezione della mostra esplora l’universo degli artisti che, lontano dal circuito dell’arte ufficiale, hanno dato vita a opere straordinarie. Opere che spesso raccontano storie intime, sogni, visioni e traumi personali. Alcuni dei nomi più celebri dell’Art Brut sono presenti, come Aloïse Corbaz, che, internata in un ospedale psichiatrico, creava disegni e scritti utilizzando materiali insoliti, e Adolf Wölfli, la cui produzione comprende pagine di disegni e scritti che raccontano una cosmogonia personale e affascinante. Un altro protagonista di questa sezione è Carlo Zinelli, artista italiano noto per le sue gouaches, che rappresentano un viaggio nella mente complessa dell’autore.
Le opere esposte in questa parte della mostra rivelano la potenza espressiva di chi crea per sé stesso, senza la necessità di approvazione, e senza preoccupazione per il pubblico. Ogni pezzo, sia esso un dipinto, una scultura o un assemblaggio, racconta una storia unica, spesso enigmatica, che è strettamente legata alla biografia dell’artista.
Le ultime due sezioni della mostra sono dedicate a temi universali che attraversano le culture e le vite degli artisti di Art Brut: il corpo e le credenze. Questi temi sono esplorati attraverso una selezione di opere provenienti dai cinque continenti, che rivelano come gli autori di Art Brut si confrontino con il proprio corpo e con la dimensione spirituale dell’esistenza.
In particolare, il tema delle credenze si espande oltre la religione, includendo mitologie personali e visioni spirituali. Le opere di Marie Bouttier, per esempio, sono frutto di esperienze di trance medianiche, mentre quelle di Giovanni Battista Podestà riflettono la sua visione manichea del mondo. Il corpo, invece, è trattato come un elemento centrale nell’opera di artisti come Giovanni Galli e Guo Fengyi, che esplorano anatomie frammentate e fluidi che attraversano il corpo, mescolando dimensioni fisiche e spirituali.
Questa mostra offre un’opportunità unica di immergersi in un universo artistico che sfida le convenzioni e abbraccia l’espressione più autentica e primitiva. L’Art Brut, pur essendo ancora poco conosciuta dal grande pubblico, continua a influenzare molti artisti contemporanei, che ne riconoscono la forza evocativa e la potenza espressiva.
“Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider” è una mostra imperdibile che, oltre a celebrare un movimento artistico rivoluzionario, invita a riflettere sulla libertà creativa, sulla potenza dell’espressione individuale e sull’importanza di dare voce a chi spesso è escluso dalle convenzioni culturali e sociali.