“Sto per finire la specializzazione, che faccio?”. Questo il titolo della tavola rotonda organizzata dagli oculisti AIMO, nell’ambito del loro 15esimo Congresso Nazionale, per discutere e confrontarsi sul tema della formazione universitaria e degli interscambi con l’estero. L’evento, dedicato agli specializzandi e a giovani oculisti, ha avuto come obiettivo quello di offrire un panorama aggiornato sulle opportunità ma anche sulle difficoltà che può incontrare chi sceglie di fare un periodo di formazione fuori dai confini italiani. Oculisti esperti che lavorano da anni all’estero hanno illustrato ai loro giovani colleghi le caratteristiche dei servizi sanitari di Francia, Olanda, Belgio, Germania e Regno Unito. Si è discusso, inoltre, degli esami e delle certificazioni di eccellenza in Oftalmologia rilasciate dall’European Board of Ophthalmology (EBO), una realtà educativa riconosciuta dall’Unione Europea e titolata a rilasciare dei diplomi di superspecialità (le cosiddette ‘Fellowship’) a seguito del superamento di un esame a Parigi.
“Per i giovani all'estero sono disponibili le esperienze di formazione ultraspecialistica, le ‘fellowship’, che devono essere programmate già dal primo anno per poi essere svolte negli ultimi 2 anni del corso di specialità- ha spiegato il dottor Stefano Baiocchi, del comitato scientifico di AIMO- quindi c’è l'acquisizione delle certificazioni europee, come l’European Board of Opthalmology (EBO), generico o EBOD, oppure quelle specifiche per le chirurgie della cataratta e del glaucoma, per la chirurgia vitreoretinica o per la chirurgia oftalmoplastica, che serviranno a fornire una ‘carta d'identità’ tale che lo specializzando possa essere valorizzato in tutti i Paesi europei e che la sua esperienza all'estero, inoltre, possa essere riportata in Italia”. Quali sono i Paesi esteri da consigliare ai giovani oculisti per formarsi al meglio? “L’Italia è una realtà decisamente diversa dall’Europa, dove c’è una maggiore valorizzazione dello specialista in Oftalmologia- ha fatto sapere Baiocchi- Olanda, Belgio, Francia, Germania e Svizzera sono i Paesi in cui la ricerca, la tutela e la valorizzazione del personale medico oftalmologico sono maggiori; quindi i giovani oculisti, se vogliono, possono orientarsi verso queste realtà. C’è poi anche l'Inghilterra, un Paese con una grandissima carenza di oftalmologi, oppure ancora la Grecia, dove esiste una tutela del personale medico che non è presente in Italia”.
Cosa fare, intanto, per rendere l’Italia più attrattiva agli occhi dei giovani oculisti? “Sarebbe (teoricamente) necessaria una riforma completa sulla tutela della figura medica e sulla valorizzazione economica della professione. Parlare di valorizzazione economica è difficile, perché purtroppo i soldi non ci sono- ha sottolineato Baiocchi- ma quantomeno sarebbe auspicabile una tutela maggiore dal punto di vista medico-legale. L’82% delle pratiche di richiesta malasanità vengono rigettate, e questo non comporta nulla per l'avvocato ed è un errore. Inoltre, sarebbero necessari maggiori finanziamenti per la ricerca, ma anche in questo caso il nostro sistema dovrebbe cambiare: la ricerca dovrebbe essere finanziata e garantita dalle aziende, che devono essere incentivate a farlo, perché lo Stato non può permettersi da solo di fare un ‘Health care’ valido”.
Ma quali sono i pro e i contro per i giovani oculisti che vogliono formarsi all’estero? “Non esistono ‘contro’ in una esperienza all’estero- ha detto il professor Teresio Avitabile, presidente S.I.S.O.- Personalmente, nel 1980, vinsi il primo Erasmus e andai nella Clinica oculistica di Vienna per imparare l'ecografia. Un'esperienza che mi ha segnato la vita, anche perché stiamo parlando di un'epoca in cui non c'erano i cellulari, non c’erano le carte di credito, non esisteva la cucina italiana all'estero e nessuno parlava inglese. Un'impresa, insomma, eppure la ricordo come un'esperienza fantastica. Oggi il mondo è totalmente cambiato e un’esperienza fuori dai confini italiani è più ‘easy’, ma soprattutto fondamentale; intanto per familiarizzare con l'inglese, perché oggi chi non ha un ‘english fluently’ non può scrivere neppure un lavoro scientifico. Inoltre viaggiare apre la mente e permette di confrontarsi con altre culture e con colleghi stranieri, che magari hanno approcci diversi nelle visite o negli interventi chirurgici. Confrontarsi con gli altri è sempre un fattore di crescita”.
Il rischio, però, è che alcuni giovani e brillanti oculisti italiani decidano poi di proseguire all’estero la loro attività. “Con una punta di orgoglio e una di dispiacere- ha proseguito Avitabile- vedo che in tante città, soprattutto nel nord Europa, si sono affermati tanti oculisti italiani e alcuni di loro adesso occupano anche delle posizioni di prestigio. Certamente è motivo di orgoglio, ma vedere questi ‘cervelli’ che hanno lasciato il nostro Paese e pensare che invece avrebbero potuto curare in maniera eccellente i nostri pazienti, ecco, dà un po' di amarezza. Farli tornare, spesso, purtroppo non è facile. L’appello che voglio fare ai giovani colleghi oculisti, allora, è questo: andate, ma poi tornate, abbiamo bisogno di voi”.
La tavola rotonda, coordinata dalla giornalista RAI Laura Chimenti, è stata coordinata dalla presidente AIMO, Alessandra Balestrazzi, e dal Referente del Rapporto con le istituzioni di AIMO, Luca Menabuoni. A prendere parte sono stati gli oculisti Teresio Avitabile; Stefano Baiocchi; Francesco Aiello; Ernesto Bali; Giulio Bamonte; Sandro Di Simplicio; Umberto Lorenzi; Anna Maino; Leonardo Mastropasqua; Rodolfo Mastropasqua; Francesco Occhipinti; Francesco Quaranta Leoni; Mario Romano.