Oggi abbiamo il piacere di
parlare con The Uncles, un duo che sta conquistando il panorama musicale
con il loro nuovo singolo “Quello che rimane”. Questa canzone
nasce dal profondo del loro vissuto, esprimendo emozioni universali legate alla
fine di una relazione. Con chitarra e voce, i due artisti ci raccontano di come
la musica sia la loro terapia, un mezzo per elaborare e condividere le esperienze
più intime.
Parleremo del processo creativo
dietro al singolo, del significato profondo che porta con sé, e del videoclip
che accompagna questa riflessione musicale. Inoltre, esploreremo le influenze
che hanno plasmato il loro sound, il legame che unisce i membri del duo, e i
sogni e progetti futuri che li aspettano.
Parliamo del vostro nuovo
singolo “Quello che rimane”. Com’è nato? Cosa rappresenta per voi?
“Quello che rimane" nasce
sul divano di casa, chitarra e voce. Prende vita principalmente dalla nostra
esperienza personale e dalla nostra sensibilità.
Le canzoni, per quanto ci
riguarda, sono la nostra terapia, ovvero il nostro modo per tirar fuori,
elaborare quello che abbiamo dentro. C’è chi corre, chi urla, chi si accanisce
su di un sacco da box, noi scriviamo una canzone.
“Quello che rimane” rappresenta
per noi la canzone della consapevolezza, dell’accettazione. Quando finisce una
relazione si elaborano molte cose, oltre alla tristezza, alla malinconia, c’è
una verità che rimane, ed è quello che ciascuno tiene con sé.
A quale idea si ispira il
videoclip?
Il videoclip è un classico
Lyrics video con immagini dei retroscena e del cosiddetto “making of”.
Abbiamo scelto questo format
ispirati dal fatto che per noi artisti emergenti è fondamentale che le persone
che ci ascoltano possano conoscerci e riconoscerci tramite la nostra musica, le
nostre parole, il nostro stile. Forse in questo siamo un po’ controcorrente ma
sappiamo essere la scelta giusta perché, infondo, noi vorremmo essere l’artista
che senti e che ti resta dentro e non quello che vedi e poi se ne va
Le vostre influenze musicali
sono chiaramente diverse e ricche di sfumature. Quali artisti o generi sentite
abbiano contribuito maggiormente a plasmare il vostro sound e come si
riflettono nelle vostre composizioni?
Noi crediamo di essere
influenzati dalla musica in generale. Da tutta la musica. Ci capita di
passeggiare ascoltando swing/jazz o di canticchiare canzoni pop nella stessa
giornata.
Per fare dei nomi, Marco
Mengoni, Brunori sas, Ermal Meta, James Bay, John Mayer, Ed Sheeran sono gli
artisti che di recente hanno riempito le nostre playlist.
La passione per la musica è
qualcosa che vi accomuna, ma come è nato questo legame all'interno del duo? Ci
sono momenti particolari che hanno segnato l’inizio di questo viaggio musicale
condiviso?
La musica è dentro di noi da
sempre, dalle prime lezioni di chitarra o di canto in tenera età. Per gran
parte della nostra vita però, noi e la musica, non abbiamo percorso la stessa
strada e per molti anni l’abbiamo vissuta come se non fosse del tutto nostra e
come se dovessimo rinunciarvi. Forse non sappiamo bene dire ‘come’ ma sappiamo
certamente il ‘quando’.
Frequentavamo la stessa scuola
di canto, nel corso di una manifestazione natalizia di beneficenza, abbiamo
condiviso la necessità di fare musica nella nostra vita. Da lì le prime prove,
i primi concorsi, le prime soddisfazioni nel vedere che quello che facevamo
emozionava noi e chi ci ascoltava.
Con quali artisti vi piacerebbe
collaborare e perché?
Sogniamo di aprire il concerto
a san Siro di Marco Mengoni, ma ci piacerebbe in questo periodo sederci in
studio con Matteo Costanzo e creare una canzone che fonda i nostri stili.
Guardando al futuro, quali sono
i progetti su cui state lavorando?
Terminata la promozione di
“Quello che rimane” ci rimetteremo in studio per lavorare al prossimo pezzo che
sta già prendendo forma.
Nel frattempo, continuiamo con
la musica live nei locali, negli eventi.