Munch: «Come Leonardo da Vinci ha indagato l'anatomia umana sezionando cadaveri, io cerco di sezionare anime.»



Mostra al Palazzo reale di Milano fino al 26 gennaio 2025

“Munch, il grido interiore” è il titolo della mostra del grande pittore norvegese in corso a Palazzo Reale di Milano. Una ricca carrellata di opere di un artista a cavallo, temporalmente, fra la pittura impressionista e quella espressionista. Mi piace raccontare ai miei alunni le due correnti in contrapposizione: da una parte l'Impressionismo è a grandi linee quella corrente in cui l'artista riporta sulla tela quelle che sono le condizioni esterne, come possono essere ad esempio le condizioni atmosferiche; dall'altra nella pittura espressionista l'artista tira fuori quelle che sono le condizioni stesse dell'individuo: gli stati d'animo interni e più profondi. In questo dualismo Edvard Munch gioca un ruolo fondamentale. Queste le sue parole, tratte da un suo quaderno d'appunti, incise su un pannello alla fine del percorso espositivo:

«La verità è che vediamo con occhi diversi in momenti diversi. Al mattino non vedremo allo stesso modo che alla sera. Il modo di vedere» – ed è qui il balzo in avanti che fa Munch – «dipende anche dallo stato d'animo. È per questo che un soggetto può essere visto in svariati modi ed è ciò che rende l'arte interessante.» 


Il percorso espositivo che offre il Palazzo Reale di Milano è intenso ed è composto da 100 opere, grandi tele che attraversano tutta la carriera di un artista straordinario. Si parte da quelle giovanili, quando ancora Munch è studente alla scuola di arte e design di Oslo, c'è un piccolo autoritratto che Edvard dipinge a 18 anni, in questo lavoro sono ancora evidenti i tratti della scuola accademica. Le sofferenze fanno subito capolinea nella vita dell'artista che con rapidità compositiva riesce a trasferire nella tela. “Malinconia” è un quadro del 1900 in cui Munch racconta le sofferenze psichiatriche della sorella Laura, già da quest'opera Munch abbandona l'uso tradizionale della prospettiva, la donna è seduta attorno a un tavolo, tutti gli elementi sono caratterizzati da macchie di colore, dal tappeto rosso che veste il tavolo, al paesaggio innevato. Il senso (dello stato) di precarietà (mentale) della donna è enfatizzato dall'assenza dello schienale della sedia. Già da queste prime opere è chiaro come Munch faccia un lavoro di ricerca sull'inconscio attraverso l'abbandono della prospettiva rinascimentale, la prospettiva non è scientifica, si ricercano spazi incerti che favoriscono l'inquietudine e la precarietà delle emozioni vissute dai suoi personaggi, i colori sono inventati, servono solo per cambiare piano e dare profondità alla scena. Queste regole inventate da Munch sono subito messe in pratica nella grande tela “La morte nella stanza della malata”. Una composizione volutamente inquietante, sette personaggi all'interno di una stanza, che appaiono nella composizione della stanza, isolati gli uni dagli altri, nessuno dei personaggi si guarda, nessuno si scambia un gesto di conforto, ogni individuo vive il dolore in totale autonomia. Munch dipinge l'incomunicabilità, i suoi quadri, come viene riportato nelle ricche didascalie che si trovano in tutto il percorso espositivo, sembrano scene tratte dai drammi di Strindberg e Ibsen. Buona parte dell'iconografia di Munch è basata sul senso d'angoscia, non a caso, senza dubbio la sua opera più famosa è 'L'urlo' di cui in mostra è presente un'incisione. Divertente il breve video che fa vedere degli estratti in cui la celebre espressione col volto deformato sorretto dalle due mani è entrata nel cinema, nei Simpson e nell'emoticon presenti nelle chat di messaggistica. La mostra procede con due opere che mi rimandano alla tradizione italiana: “Il bacio” di Munch del 1897 mi rimanda inevitabilmente a quello del pittore milanese Francesco Hayez, così come, per scelta cromatica e composizione “La donna (la sfinge)” del 1894 mi rimanda alla “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli. Queste opere, a mio avviso, anticipano una sezione in cui, molto più avanti nel percorso espositivo, si racconta allo spettatore un viaggio che il pittore fece in Italia. Le opere esposte sono molte e offrono al visitatore uno spaccato completo della complessa personalità dell'artista e del suo tempo. Interessanti le figure di bagnanti realizzate da Munch. Per la prima volta nella storia dell'arte il corpo maschile non è associato a entità mitologiche o religiose, ma è una nudità fine a sé stessa e al libero amore a cui lo stesso Munch aveva aderito, queste le sue parole nel descrivere l'opera “Uomini che fanno il bagno” del 1913/15: «Pace, aria fresca e una buona situazione economica mi hanno portato tante buone cose... Ora sono rinato.»

Andando avanti nel percorso si rimane incantati dall'opera “Tronchi d'albero nodosi in estate”, così come Claude Monet era affascinato dalle ninfee del suo giardino , Munch rimane attratto dalla forma contorta dei vecchi olmi presenti nella sua ampia proprietà di Ekely. Gli alberi nei suoi dipinti, qui ce n'è uno dipinto tra il 1936 e il 1937, si trasformano in forme monumentali e quasi animate, la natura qui è rappresentata come forza vitale, il susseguirsi delle stagioni conferisce agli alberi personalità diverse, i tronchi appaiono in transizione da uno stato all'altro. Dopo una sezione dedicata agli autoritratti, uno giovanile del 1903 intitolato “Autoritratto dall'inferno”, in cui la figura del giovane Edvard appare con uno sfondo infiammato, qui raffigura il peccato senza redenzione. In questa tela la sua firma è posta nel punto esatto in cui il ventre nudo incontra l'inguine come a volere enfatizzare o marchiare quella parte. Segue, tra le altre, “Il viandante notturno” un autoritratto che sembra quasi un'opera teatrale, qui è come se volesse raffigurare la sua insonnia. Interessante quest'altra frase tratta dai suoi quaderni d'appunti che rende ancora più esplicita l'intenzionalità del suo gesto artistico:

«Sto conducendo uno studio dell'anima giacché posso osservarmi da vicino e usare me stesso come esperimento vivente per il mio studio. Proprio come Leonardo da Vinci ha indagato l'anatomia umana sezionando cadaveri, io cerco di sezionare anime.»

Il denso percorso, si è quasi travolti e massaggiati dalle pennellate energiche e vigorose delle sue opere, si conclude con alcune opere che sottolineano la sua personale e innovativa costruzione dello spazio risolta attraverso la progettazione di una prospettiva irregolare che viene normata da alcuni elementi architettonici su cui si aggrappa l'occhio dell'osservatore, basti pensare alla staccionata del ponte del noto “L'urlo” (1910) che in qualche modo torna nel dipinto “Le ragazze sul ponte” del 1927 che chiude il percorso espositivo. La mostra, da non perdere, è patrocinata dalla sezione cultura del Comune di Milano, dal Palazzo Reale, dall'associazione culturale Artemisia. È a cura di Patricia Berman ed è visitabile fino al 26 gennaio 2025.

Antonino Muscaglione


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