Anche quest’anno prenderà il via da domenica 6 luglio alla Tenuta Rasocolmo il Capo Rasocolmo Summer fest, festival giunto al suo ottavo anno che nel tempo ha arricchito l’offerta culturale delle estati messinesi con incontri letterari, musica e teatro riservando sempre più spazio alla sezione “Arti Visive e linguaggi del Contemporaneo” curata dalla Storica e Critica d’Arte Mariateresa Zagone.
Il
cartellone di mostre nasce dall’incontro di due eccellenze, due punte di
diamante della nostra cultura e della nostra storia, due simboli
dell’Italia e della Sicilia nel mondo:
l’arte e il vino.
La
Tenuta Rasocolmo, eccellenza della viticoltura messinese dà spazio dal 2019 ad
artisti siciliani anche in ragione del fatto di essere proprietaria di un corpus di opere dei pittori messinesi Carmelo
e Letterio Bonanno, nonno e prozio materni di Francesco Reitano, artisti
poliedrici che hanno attraversato quasi per intero le vicende artistiche
messinesi del secolo appena trascorso.
Le
mostre proposte sono caratterizzate da un forte imprinting curatoriale, cioè
dal come e dal perché del progetto espositivo e intendono aprire un varco sull’arte siciliana
di oggi intesa come ricerca, permettendone al contempo il dialogo col contesto
artistico e collezionistico messinese anche in considerazione del fatto che la
Tenuta è entrata a far parte, con il costituendo MuRc – Contemporary Art Museum
Rasocolmo, della “Rete dei musei e delle realtà espositive di Messina” e del
fatto, non secondario, di essere sede di Residenze d’Artista.
Tanti gli eventi in
calendario, si parte domenica 6 luglio alle ore
19,00 con l'inaugurazione della mostra/installazione “FLAGS – siamo semi”, di
Roberta Guarnera (Messina, 1988), a cura di Mariateresa Zagone, la mostra sarà
visitabile fino al 6 settembre.
Come ci racconta la Zagone «questa della Guarnera, è un'installazione necessaria ancor più in un tempo in cui l’orrore viene proposto come normalità. Con “FLAGS (siamo semi)” infatti arte e ricerca si incontrano su uno dei temi più urgenti del contemporaneo piegando le opere e il linguaggio ad ascoltare l’oggi. L’opera multipla: tre cianotipie e tre fotografie, è immaginata come un insieme di bandiere che assecondano il vento, visibili anche a distanza, che raccontano, senza narrazione, di persone in movimento, di confini geografici che si ridefiniscono e che si annullano offrendo nuove prospettive e relazioni in un parallelismo con le piante ed i semi. La fotografa messinese tocca così le corde di un lirismo intenso pronto ad interrogarci che esula dalla descrittività e che apre possibilità, amplia l’accesso alle svariate forme del sensibile e permette un dialogo innovativo nella dinamica forma/contenuto. “FLAGS (siamo semi)” unisce in un concept potente l’idea della migrazione come fondamento di ogni specie per la sopravvivenza alla necessità di riannodare i fili che legano l’uomo alla natura come fonte di nutrimento.»
Si prosegue sabato 19 luglio alle ore 19,00 con Dialoghi al tramonto “Messina risorta dopo il Sisma simbolo dell’ideologia futurista” a cura di Caterina Di Giacomo. Sara possibile prenotare la Spettacolare Aerodegustazione Futurista.
Ultimo evento in
calendario martedì 29 luglio, ore 19,00 ci sarà l'inaugurazione della mostra
“Solenne cosa essere donna nella veste bianca”, di Ilde Barone (Ragusa, 1980) a
cura di Mariateresa Zagone, la mostra sarà visitabile fino al 13 settembre.
«Il bianco,
l’assenza del colore e della forma» - come ci racconta la Zagone - «è
nelle opere dell’artista come nei versi della poetessa Emily Dickinson,
premessa indispensabile per una condizione di libertà dell’anima e della mente,
non luogo delle infinite possibilità e soprattutto luce, luce abbagliante come
quella siciliana. Sono opere colorate di bianco che non ripudiano i colori del
mondo ma li accolgono in una sfrangiata ed intensa luminosità. C’è una
sacralità pudica e non ieratica nelle donne di Ilde, un sapore antico di
fanciulle, di ricami e di corredi che ricorda quello dell’universo muliebre
ritratto da Berhe Morisot o da Mary Cassat, non nel senso, pur nobilissimo, di
“copia” inteso da Winckelmann, quanto nell’affermazione gentile della sensibilità,
della modalità di stare al mondo del femminile.»