La ventitreesima edizione di Trend - Nuove Frontiere della scena britannica, in programma dal 3 ottobre al 17 novembre 2024 presso il Teatro Belli, affronta temi centrali e urgenti come la violenza di genere e il ruolo della donna nella società contemporanea.
Attraverso una selezione di testi che spaziano da autrici e autori emergenti a nomi affermati, il festival offre una prospettiva profonda e sfaccettata sulla condizione femminile, attraverso voci di donne forti e storie intense.Si parte con
ISMENE/ANTIGONE (Pale Sister) di Colm Toìbìn, una rilettura in chiave
femminista del mito di Antigone, in cui Ismene, la sorella silenziosa, dà voce
al conflitto tra obbedienza e resistenza, esplorando la lotta delle donne
contro l'oppressione e la loro ricerca di autonomia in un mondo patriarcale. Segue
PLEASE, FEEL FREE TO SHARE di Rachel Causer, che esplora i confini della
condivisione personale nell'era digitale.
Penelope Skinner
in EIGENGRAU affronta le dinamiche di genere, mettendo in luce come le
donne lottino per l'autonomia e l'autodeterminazione in un mondo dominato da
stereotipi maschili; mentre in FUCKED riflette sulla vulnerabilità femminile e
la rabbia repressa, che esplora il modo in cui le donne affrontano il dolore e
il trauma.
FAITH HEALER di Brian Friel
indaga il potere e la fede, mentre MEAT di Gillian Greer affronta le
conseguenze della violenza sessuale. FOUR MINUTES TWELVE SECONDS di James Fritz
esamina l'impatto delle immagini private nel mondo pubblico, e WILD SWIMMING
di Marek Horn offre una prospettiva ironica sulle relazioni tra i sessi. BAGLADY
di Frank McGuinness offre una riflessione intima e personale sulla
marginalizzazione femminile, raccontando la storia di una donna che ha subìto
una violenza familiare e cerca di elaborarne il trauma; LEOPARDS di Alys
Metcalf esplora la fiducia e il tradimento, e LELA & CO. di Cordelia
Lynn racconta la storia toccante di una giovane vittima di tratta.
Chiudono il
festival MUM di Morgan Lloyd Malcolm, un’esplorazione sulla maternità e
la perdita, e BARBABLU’ di Hattie Naylor, che rivisita il mito in chiave
contemporanea, affrontando il tema dell'abuso di potere.
Un’edizione,
quindi, che promette di scuotere e ispirare, invitando il pubblico a
interrogarsi sulle ingiustizie e sulle sfide che le donne affrontano oggi.
Trend si conferma un
osservatorio privilegiato per riflettere sulle questioni di genere, offrendo al
pubblico un'esperienza teatrale coinvolgente e provocatoria.
dal 3 al 6 ottobre
ISMENE/ANTIGONE
Pale
Sister
di Colm Tóibín
liberamente tratto
dall'Antigone di Sofocle
adattamento e regia Carlo Emilio Lerici
con Francesca Bianco e Eleonora Tosto
alla chitarra Matteo Bottini
produzione
Teatro Belli
L’Antigone
di Sofocle visto dalla prospettiva di sua sorella Ismene. Il testo segue
infatti la donna mentre racconta la sua personalissima versione della
famigerata sfida lanciata da sua sorella nei confronti dello zio di entrambe e
re di Tebe Creonte, mentre aumentano le pressioni sulla stessa Ismene affinché
agisca per vendicare sua sorella, o addirittura seguire il suo tragico esempio.
Pale
Sister di Colm Tóibín (2019) è il titolo di una delle più recenti
riletture di Antigone in chiave contemporanea – e dichiaratamente femminista –
da parte di uno scrittore irlandese. Prima di lui già Seamus Heaney, Tom
Paulin, Brendan Kennelly, Carl Aidan Matthews, tra gli altri, hanno sfruttato
la tragedia come analogia per le divisioni che hanno dilaniato l’Irlanda a
causa del dominio britannico.
Incentrato
sulla figura di Ismene, di cui Tóibín prende le difese, Pale Sister è un
monologo teatrale in cui il buon senso e la pacatezza di Ismene prevalgono
sull’intransigenza di sua sorella Antigone. Solo all’apparenza una “pallida”
copia di Antigone, oltre che simbolo di viltà, qui Ismene emerge invece come
portatrice di testimonianza e simbolo del ruolo vitale che le donne possono
svolgere nella trasmissione della memoria a seguito di conflitti violenti.
Riflettendo su fatti di cronaca recenti e sul dilagare di una comunicazione
sempre meno efficiente, questo primo esperimento teatrale di Tóibín propone un
esempio di drammaturgia impegnata in cui evoluzione e movimento sono affidati
alla pratica sapiente di un’articolata politica del silenzio. Tóibín prende gli
elementi alla base della tragedia greca – sostanzialmente pietas e terrore – e,
a questi, aggiunge istanze attuali come il genere, il potere ed il suo abuso e
la contrapposizione tra il silenzio e la parola. La risposta, ponderata e
delicatamente distillata, di Tóibín a Sofocle scava fino in fondo alle radici
del coraggio. Come certe persone riescono a trovare dentro di sé la forza di
seguire la propria coscienza trovandosi di fronte ostacoli insormontabili? Una
questione molto attuale, soprattutto se vista attraverso gli occhi di una
giovane donna impotente.
dal 7 al 9 ottobre
PLEASE, FEEL FREE TO SHARE
di Rachel Causer
regia Dafne Rubini
con Martina Gatto
traduzione Marco M. Casazza
direzione creativa Ivan Specchio
aiuto regia Lorenzo Guidozzi
luci Cecilia Sensi
foto Paolo Falasca
organizzazione Pamela Parafioriti
una produzione Esosementi
in accordo con Antonia Brancati srl
Sinossi
Alex,
consulente web e social media, ha sviluppato una dipendenza per le bugie. Foto
photoshoppate, personal branding aggressivo, l'ebbrezza dei like. Poi il padre
muore. Il lavoro la costringe ad andare in un gruppo di supporto per il lutto
e... all'improvviso il palcoscenico non è più un social, ma la realtà. E' la
situazione ideale per dare una nuova vita all'immagine di sé e non se la fa
sfuggire - lo show ha inizio.
Man
mano che la sua storia - o le sue storie - ci vengono propinate le sue bugie le
si sfaldano davanti. Alex dovrà confrontarsi con ciò che si cela sotto la
scintillante superficie: delle relazioni dolorose, un passato e le sue
conseguenze, le cicatrici oltre i like.
Note
di regia
Con
la stessa rapidità in cui si svolge la menzogna di uno spettacolo, così si
sfalda.
L'universo
di Alex è continua proiezione di specchi, di alter ego, di impalcature che
sostengono e proteggono le sue ombre. Le sedie sono posizionate, l'oratore è
esperto e la luce è a favore. Il cerchio diventa il luogo in cui mostrarsi mano
a mano, fin dove si è pronti, anche se non fino a fondo. La facciata di Alex è
destinata a scomporsi, perchè è vero che le persone non cambiano... ma forse è
vero anche che ciò dipende da quanto saldamente sono ancorate alle loro stesse
menzogne.
dal 10 al 13 ottobre
EIGENGRAU
di Penelope Skinner
regia Federico Le Pera
con Lorenzo Terenzi, Luca Massaro,
Silvia D’Anastasio, Veronica Stradella
aiuto
regia Elena Cozzi
costumi
Valentina Basiliana
direttrice
di produzione Ilaria Ragni
scenografia
Roman Sersal
foto
Pino Le Pera
traduzione
Marco M.Casazza
produzione
Società per Attori
Sinossi
Dal tedesco “grigio di fondo”, Eigengrau è una
divertente tragicommedia sui temi della solitudine e del bisogno di relazioni
autentiche. Rose, un’inguaribile romantica in cerca di lavoro, divide
l’appartamento con Cassie, una femminista militante molto più concreta che la
rincorre continuamente per saldare l’affitto. Rose va a letto con Mark, un
pubblicitario della city, uomo metrosessuale e anaffettivo, che invece da lei vuole
solo sesso. Unico punto in comune: anche Mark è agli antipodi col proprio coinquilino,
Tim, un vecchio compagno di università che non riesce a trovare lavoro e custodisce
in casa le ceneri della nonna appena morta. Tim e Cassie vengono inevitabilmente
coinvolti nella storia di sesso/amore tra il riluttante Mark e la pressante
Rose, col risultato che il quartetto si ritrova invischiato in una rete d’inganni
ed auto-inganni senza fine. Tra legami e tradimenti, affiorano le paure e le ossessioni
di una generazione che pare non aver più nulla in cui credere.
Note di regia
I personaggi si raccontano davanti ad una gigante
lavagna nera, attraverso la quale prenderanno forma - per mano loro - i luoghi
del racconto, ma anche su cui, gli stessi personaggi appunteranno pensieri
taciuti e parole chiave di cui si condisce l’animo umano davanti a
disavventure, dolori, amore, violenza. Il fil rouge che lega i protagonisti è
dunque l’assenza di comunicazione. Nel mondo moderno per via di questa
incapacità, stiamo troppo spesso mettendo da parte le nostre emozioni, che invece
- seppur istintuali e controverse - se ben tradotte, nutrirebbero le nostra e
l’anima altrui. Questo spettacolo è un grido muto. Una sottolineatura al fatto
che continua a compiersi. Attraverso un linguaggio brillante e segni scritti,
vorremmo restituire quanto impreparati si sia alla vita, quanto il bambino -
prima ancora che l’adulto - abbia bisogno di spiegazioni alla miriade di
“perché” in cui ci si imbatte, offrendogli così armi comunicative sufficienti
ed aiutandolo a prendere le distanze da soluzioni sbrigative come la violenza o
il distacco.
dal 14 al 16 ottobre
FUCKED
di Penelope Skinner
con Chiarastella Sorrentino
regia Martina Glenda
traduzione Francesca Romana degl’Innocenti e Marco M. Casazza
scene
Sara Palmieri
aiuto
regia Arianna Cremona
consulenza
progetto sonoro Matteo Domenichelli
voce
fuori campo Giuseppe Brunetti
direttore
di scena Giovanni Piccirillo
foto
locandina Anita Martorana
produzione
Compagnia Mauri Sturno
Sinossi
F,
in una spirale di flashback, ripercorre a ritroso il suo viaggio
dall'adolescenza all'età adulta. Dalla stripper di oggi, in uno squallido
locale la notte di Capodanno, torniamo fino alla sua verginità. Quelli di
“puttana”, “fidanzata”, “vittima”, “troia”, “oggetto”, “vergine” sono i panni
che veste lungo le tappe relazionali che fino ad oggi l’hanno “fottuta”.
Note di regia
In
una stanza incasinata, un po’ come la proprietaria, ci apre il suo racconto F,
l’anonima protagonista del testo di Penelope Skinner. F, oggi, è una
spogliarellista senza un soldo in tasca con problemi di dipendenza. Ma F, oltre
a questo è stata e continua ad essere moltissime altre cose. Mentre F legge un
racconto che ha scritto a dodici anni, in cui una giovane contadina viene
salvata dall’amore del valoroso Duca Randalf Fior di Leone, ci si rende subito
conto di qualcosa: F è “fottuta” da molto prima di quanto potesse immaginare, è
“fottuta” dal principio. Fucked parla di quanto sia forte
l’internalizzazione del pensiero che prima o poi qualcuno verrà a salvarci così
da poter vivere finalmente felici e contenti. Ma se non fosse realmente questo
il segreto per il lieto fine? E se tutte le favole raccontateci da bambini non
avessero fatto che portarci ancor di più fuori strada? Come in un racconto,
attraverso una serie di capitoli, F ci porta nel suo processo di analisi e
presa di coscienza di sé stessa. Ogni capitolo ha un titolo, o meglio, una
definizione. Definizioni che le sono state appiccicate addosso, che darebbe il
senso comune o che si è auto attribuita e che vengono presentate nel testo così
come apparirebbero sulle pagine di un vocabolario. “I am human and I need to be loved, just like
everybody else does”, così canta Morrissey sulle note di How soon is now?
e così si sente la caotica protagonista. F vive nell’inguaribile sofferenza
di chi crede che qualcuno altro possa regalarle più felicità di quanto lei
stessa possa fare. Per questo motivo F incappa in atteggiamenti autodistruttivi
che la portano all’autoincriminarsi proprio quando non dovrebbe. Si apre così,
tra gli altri temi, una delicata riflessione sul mastodontico ruolo del senso
di colpa delle vittime in situazioni di abuso. Fucked ribadisce ancora una
volta, perché ancora ce n’è bisogno, quanto sia difficile essere una ragazza e
stare al mondo. F cade, ricade e per ogni volta che viene “fottuta” eccola che
rimbalza in piedi inarrestabile, regalandoci la speranza di poter cambiare il
vecchio e noioso finale della favola in cui il cavaliere salva la donzella in
pericolo.
Martina
Glenda
dal 18 al 20 ottobre
FAITH HEALER
Il Guaritore
di Brian Friel
regia Riccardo De Torrebruna
con Emilio Dino Conti, Angela Sajeva,
Riccardo De Torrebruna
collaborazione al progetto Chiara Frigo
traduzione
Carla De Petris
produzione
Teatro di Dioniso
Sinossi
Frank
Malone è un guaritore il cui dono è tanto volubile da rovinargli l’esistenza.
Nove volte su dieci non succede nulla. Le domande sul suo potere divino lo
perseguitano, sgretolano la sua identità fino a relegarlo in una degradante
dipendenza dall’alcol. E se fosse solo un ciarlatano? In compagnia dei suoi
complici, Teddy, il suo pirotecnico impresario e Grace, la sua sposa, o amante,
torna in Irlanda dove è nato. Qui avviene la svolta che riesce a liberarlo
dall’affanno, gettando una luce su ciò che lega profondamente questi
personaggi, dato che ognuno racconta la verità a suo modo.
“Of all contemporary authors, there is no
one I admire more highly than Brian Friel”. Peter
Brook
Note
di regia
Davanti
a tre file di testimoni, come quelli che ogni sera rimanevano muti, sospesi, in
attesa del miracolo, si presentano Frank, un guaritore dal potere volubile e
intermittente, Grace, la sua tormentata compagna e Teddy, il suo funambolico
impresario. Uniti da un disegno che ancora non riescono a comprendere, si
prodigano, ognuno a suo modo, per offrire una versione degli anni in cui, a bordo di un furgone
sgangherato, hanno percorso il limbo dei piccoli villaggi del Galles e della
Scozia con la promessa di sollevare gli umiliati e gli offesi dalla sofferenza.
Fino al ritorno in Irlanda, dove Frank è atteso dall’ultima prova del suo
destino e gli altri sono chiamati a riempire il vuoto che egli ha lasciato.
Un
thriller situato nella coscienza di tre personaggi scandagliata dalla
magistrale scrittura di Brian Friel.
Restando
assolutamente fedele ai tre monologhi del testo originale, la drammaturgia di
questo nuovo, inedito adattamento, li tramuta in un dialogo a distanza, dove i
tre protagonisti rivivono i conflitti e le dipendenze che li hanno tenuti
insieme come un confronto dal ritmo serrato, impietoso e senza prova d’appello.
dal 21 al 23 ottobre
MEAT
di Gillian Greer
regia Giulio Mezza e Martina Glenda
con Caterina Grosoli, Giulio Mezza, Elena Orsini
traduzione Elena Orsini
aiuto
regia Bruno Ricci
movimento
Caterina Grosoli
scene
Sara Palmieri e Fiammetta di Santo
video
Editing Gaia Siria
progetto
sonoro Gully
grafica
Carlo Grosoli
col
sostegno di La Cetra di Apollo
La
blogger Max entra nell’ esclusivo ristorante di Ronan, il suo ex. Ronan, ora
chef di prestigio, desidera ardentemente provarle il suo successo ma Max è lì
con un piano preciso: informarlo della sua prossima mossa autoriale. Max nel
suo nuovo libro scriverà di un evento traumatico che lì ha coinvolti e poi
scissi. Ma eccoli ancora una volta insieme. Al ristorante. Ad affrontare la
resa dei conti. Sarà possibile districare un passato condiviso quando i ricordi
non coincidono? Meat è una storia di classe e di consenso in una società
capitalistica e patriarcale fondata sulla cultura dello stupro. Stupro della
terra, degli animali, della donna. Nessun mostro, un uomo e una donna normali
che però si affrontano su fatti mostruosi e che lentamente vedono disintegrarsi
davanti ai loro occhi definizioni che credevano scolpite nel marmo.
A
ricordare che alle accuse di violenza si accompagnano sempre le opinioni di
esterni osservatori, ecco comparire sulla scena un’altra donna, l’impeccabile
cameriera Jo che guiderà un percorso culinario al confine con la mostruosità
dei sensi. Nel mondo del politically correct di un ristorante di lusso, ecco
imporsi un teatro di battaglia in cui si mangia, si urla, si vomita, ci si
sputa in faccia la verità e la carne, sempre la carne. Carne come cibo
primordiale, simbolo della morte, del perverso gusto dell’uomo di nutrirsi di
essa, in un insondabile confronto tra il consumare e il consumarsi. Carne viva
e carne morta, tra i nostri denti.
L’unico obiettivo di una società capitalista carnivora è divorare:
cibo/sentimenti. Ma quando tutto questo cibo finirà, ci mangeremo l’un l’altro?
Giulio
Mezza e Martina Glenda
dal 25 al 27 ottobre
FOUR MINUTES TWELVE SECONDS
Quattro minuti e dodici secondi
di James Fritz
regia e traduzione Giancarlo Nicoletti
con Chiara Becchimanzi, Claudio Vanni
Flavia Lorusso, Samuele Ghiani
scene Alessandro Chiti
aiuto regia Giuditta Vasile
musiche Mimosa Campironi
disegno luci David Barittoni
coproduzione
Altra Scena & Goldenart Production
In
accordo con Arcadia e Ricono Ltd su gentile concessione di Berlin Associates
Ltd
Quattro
minuti e dodici secondi. Questa è la durata del video hard che, dal telefonino
del diciassettenne Jack, è finito online ed è stato visto da mezzo milione di
persone. Chi l’ha pubblicato? Jack giura di non averlo fatto. E sua madre gli
crede. Ma può veramente fidarsi? Ed è vero, come dicono tutti, che la sua ex
fidanzata è stata costretta a girare il video? Suo figlio è un mostro o è una
vittima dell’era digitale?
Mescolando
dramma e attualità, Quattro minuti e dodici secondi è un thriller
mozzafiato estremamente contemporaneo, capace di gettare luce sulle insidie di
un mondo in cui gli smartphone sono onnipresenti e nulla muore online, eccetto
la reputazione. Per la prima volta in Italia, il testo di James Fritz è uno dei
lavori di maggior successo del West End
londinese
degli ultimi anni, nominato agli Olivier Award e rappresentato in numerosi
paesi.
Sinossi
Diana
è la madre del diciassettenne Jack, ragazzo estroverso e studente brillante,
pronto per una maturità a pieni voti che gli consentirà di ottenere una borsa
di studio in una prestigiosa università. Lei suo marito David non sono mai
usciti dal quartiere sud della grande città in cui sono cresciuti, ma hanno
grandi aspirazioni per il figlio.
All’uscita
di scuola,Jack viene picchiato dal fratello maggiore della sua ex ragazza Lara,
dopo che un video dei due adolescenti che fanno sesso è finito online e nel
giro di una settimana è stato visto da mezzo milione di persone. Jack giura di
non averlo caricato, di non averlo nemmeno mostrato a nessun altro, ma qualcuno
deve averlo fatto. Peggio: la scena di sesso ripresa ha un che di violento, la
mano di Jack tiene chiusa la bocca di Lara, che afferma anche di essere stata
costretta e quasi violentata.
Diana
cerca in tutti i modi di proteggere il suo bambino, e quale madre non si batterebbe
come una leonessa per il suo cucciolo, ora che viene messo seriamente a rischio
il suo futuro? Man mano che Diana si determina ad andare a fondo, dubitando di
tutti e cercando la verità, diventa evidente che Jack (che non appare mai in
scena) forse non è una vittima innocente ma un colpevole, e che in un'era
digitale di vite nascoste le persone che amiamo potrebbero non essere sempre
chi pensiamo che siano. In un turbine di recriminazioni, bugie e dubbi etici,
l’interrogativo si fa sempre più grande: cosa deve fare una madre? Difendere il
figlio o il proprio genere femminile?
dal 29 al 31 ottobre
WILD SWIMMING
di Marek Horn
regia Collettivo Transitorio
delle Immersioni
con Martina Massaro, Evelina Rosselli
traduzione e adattamento Elena Orsini Baroni
scene e costumi Caterina Rossi
disegno luci Camilla Piccioni
produzione esecutiva PAV
Una
spiaggia deserta nel Dorset, Inghilterra. È il 1618. Ma anche il 1854. O il
1920…
Dalle acque
gelate, emerge trionfante la possente figura di un intrepido gentiluomo
inglese.
È Oscar!
L’eroe della nostra storia.
(Voci
femminili urlano) “Oscar è tornato! Grazie al cielo!”
Ha appena
terminato il suo primo anno di università. È un giovane poeta alle prime armi,
di ritorno nella terra dei suoi padri, dei suoi nonni, dei suoi avi.
E poi…Poi
c’è Nell. Nell, beh…Nell non si è mai allontanata da lì. Nell è in quello che
potremmo definire un “anno sabbatico”. Questo perchè, in età elisabettiana,
finché non ti sposi, tutta la tua ca**o di vita è praticamente un anno
sabbatico.
Wild
swimming è un testo scritto da un uomo a difesa degli uomini. Un
testo che indaga, attraverso un viaggio nel corso dei secoli, la crisi del
privilegio maschile e della mascolinità. A portarlo in scena sarà un collettivo
di artiste che ha deciso di incarnare il punto di vista degli uomini al punto
da vestirne, letteralmente, i panni.
Riusciranno
a difendere le istanze del maschile o non sapranno resistere alla tentazione di
sabotarle?
dal 2 al 3 novembre
BAGLADY
di Frank McGuinness
regia
Gabriele Furnari Falanga e Diletta Masetti
con Diletta Masetti
disegno luci e collaborazione artistica Riccardo
Leonelli
traduzione Carlo Emilio Lerici
produzione
Povero Willy
Sinossi
Baglady
è un'opera teatrale scritta dal drammaturgo irlandese Frank McGuinness. Si
tratta di un monologo intenso e toccante, incentrato sulla figura di una donna
emarginata, la "Baglady", che racconta frammenti della sua vita e
delle sue esperienze traumatiche. Il monologo si svolge in un contesto
indeterminato, probabilmente una stanza vuota o un angolo della strada, dove la
protagonista, con addosso tutti i suoi averi, svela lentamente le sue paure, le
sue sofferenze e i segreti più oscuri del suo passato. Attraverso una
narrazione frammentata e spesso caotica, la Baglady riflette sulla violenza
psicologica e fisica subita, sul suo senso di isolamento e sulla sua disperata
ricerca di dignità. Il personaggio parla a se stessa e al pubblico, oscillando
tra momenti di rabbia, tristezza e persino ironia. Con il suo linguaggio
poetico e crudo, McGuinness offre una meditazione profonda sulla solitudine, la
vulnerabilità e l'invisibilità delle persone ai margini della società. Baglady
è un'opera che sfida gli spettatori a confrontarsi con le realtà dolorose
dell'emarginazione e del trauma, portando alla luce il potere della resistenza
e della sopravvivenza umana.
Note
di regia
Baglady
è un viaggio intimo e straziante nell'animo di una donna spezzata, un monologo
che si svolge su una soglia tra realtà e memoria, dove il tempo si dissolve e i
ricordi diventano ombre tangibili. L'opera richiede una regia che sappia
accogliere questo spazio fragile, creando un'atmosfera che amplifichi la
tensione tra l'invisibile e il visibile, tra ciò che è stato perso e ciò che
rimane, anche solo come frammento o eco.
La
scena è semplice, quasi spoglia, una zona liminale che non appartiene a nessun
luogo preciso, ma potrebbe essere ovunque: una stazione, una strada
abbandonata, o un angolo dimenticato della mente. Gli oggetti, come la borsa
che la protagonista porta con sé, diventano talismani carichi di significato,
simboli della sua vita passata e dei suoi segreti taciuti. Ogni gesto della
donna deve avere una qualità rituale, come se ogni azione fosse intrisa di una
necessità dolorosa e silenziosa.
La
luce, a tratti morbida e a tratti tagliente, deve seguire il ritmo interiore
del testo, come se le parole stesse della donna la modellassero, portandoci
dentro e fuori dai suoi ricordi.
La
protagonista è un "fantasma vivente", la sua vulnerabilità non cerca
mai di suscitare pietà. Le sue parole sono come frecce che puntano verso il
pubblico, talvolta dolci, talvolta spietate, e attraverso di esse emerge il
ritratto complesso di una donna che
lotta disperatamente per non scomparire del tutto.
In
questa messa in scena, Baglady non è solo il racconto di una vita dimenticata,
ma diventa un grido universale contro l'oblio, un invito a guardare nell'abisso
della sofferenza umana e a riconoscere, anche solo per un momento, l'umanità
che vive nelle ombre.
dal
5 al 6 novembre
LEOPARDS
di Alys Metcalf
traduzione e regia Enzo Aronica
con Riccardo Bàrbera e Liliana Mele
musiche originali Alessandro Molinari
Due
sconosciuti si incontrano per la prima volta nel bar di un hotel.
Ma
l’incontro non è casuale.
Ben e
Niala. Incontro tra generi, generazioni
e geni. E colori.
Due
ambienti, due non luoghi dove pubblico e privato perdono i loro confini, nella
più classica delle notti buie e tempestose: fuori, la Natura reclama il suo
ordine.
Ma non lo
avrà.
LEOPARDS è l'opera d'esordio di Alys Metcalf,
andata in scena in prima mondiale al Rose Theatre, Kingston, London, nel
settembre 2021.
dall’8 al 10 novembre
LELA & CO.
di Cordelia Lynn
tratto
da una storia vera
ideato
e realizzato con Desara Bosnja e la 1989 Productions
regia
Maurizio Mario Pepe
con Giorgia Salari e Francesco
Bonomo
aiuto regia Cecilia Di Giuli
scenografia e costumi Nicola Civinini
produzione
Collettivo Amori Difficili
Sinossi
Ognuno ha una ragione per raccontare una storia e
tutti costruiamo una narrazione attorno alle nostre vite. Ma solo alcune voci
vengono ascoltate veramente e spesso le storie sono raccontate da uomini.
Alcune donne non riescono mai a raccontare la loro storia perché sono state
messe a tacere dalla paura, dalla violenza o dalla vergogna. Lela è una di
quelle donne. Ma ora le parole prorompono dalla bocca di Lela, raccontandoci la
vita di un piccolo villaggio di montagna, un luogo dove le donne, cantando, si prendono
cura dei bambini e dei vecchi. Cantano la nascita e il trapasso mentre “gli
uomini gestiscono la parte in mezzo”. Ci racconta di come ha incontrato un
socio in affari di suo cognato, che l'ha portata oltre confine in un luogo in
guerra dove Lela vivrà la guerra per le strade e per il suo corpo. La commedia
bruciante di Cordelia Lynn è consapevolmente sfuggente. E’ un monologo, ma ha
un cast di due attori. La commedia, a detta dell’autrice, è “basata su una
storia vera”. Ma, come dice Lela, a volte le storie sono una bugia ma “possono
diventare verità a furia di raccontarle”. Tutto dipende da chi racconta la
storia e da come la racconta. In teatro, avvolti dai drappi di velluto rosso,
dal buio e dai giochi di luce, crederemo a tutto il racconto, mentre nel mondo
reale, continueremo ad andare in giro con gli occhi ben chiusi, preferendo di
restare all’oscuro.
Note di regia
Il testo prende vita attraverso una coreografia
verbale, in cui le parole sono fisicamente lanciate avanti e indietro nel modo
più energico, con la storia di Lela sempre interrotta, in un modo o nell'altro,
da uomini. Vi è una violenza all'interno del linguaggio, e le interruzioni sono
messe in scena come mezzo attraverso il quale viene trasmesso il messaggio
della violenza patriarcale e della mercificazione dei corpi. Così, il palco è
quasi vuoto per lasciar spazio alle parole, all’azione ed emozione che vi si
svolge. In conclusione il testo è impegnativo per una ragione ben chiara: Lela
& Co è un'opera teatrale che esige qualcosa che va al di là dell'attenzione
e della simpatia; esige che si ascolti-veramente ciò che viene detto-e che poi
si vada oltre, fuori dal teatro, per cambiare a cominciare da noi stessi.
Maurizio Mario Pepe
dal 12 al 14 novembre
MUM
di Morgan Lloyd
Malcolm
regia e luci
Roberto Di Maio
con Manuela
Parodi, Elena Radonicich
Tiziana Avarista
traduzione Manuela Parodi
con il sostegno di ZIP_Zone
d'intersezione positiva
con il supporto di Artisti 7607
Sinossi
“Mum”
è un viaggio febbrile nella complessità della mente materna, senza censure, che
mostra senza paura la complessità del delicato rapporto madre-figlio.
E
lo fa partendo dalla sera in cui Nina, affamata di sonno, decide di lasciare
suo figlio di 3 mesi con suo marito e la suocera.
Questo
spettacolo cambia audacemente tono, seguendo tre madri ed esplorando
l'esaurimento,
il panico e il senso di inadeguatezza.
Nina
si ritrova in un incubo tremendo in cui è lei stessa l’artefice delle proprie
paure.
Note
di regia
Uno
dei periodi della vita a maggior rischio per le donne è rappresentato dalla
gravidanza e dal post partum. La depressione post partum colpisce circa 1 donna
su 6.
Eppure
la maternità viene ancora descritta quasi esclusivamente come un momento di
grande serenità, tenerezza e realizzazione. Gli aspetti contraddittori e le
ambivalenze dei sentimenti materni vengono ancora ignorati e, in gran parte,
censurati,
alimentando
uno stigma che porta le donne a sentirsi sempre più sole, inadeguate e
“anormali”.
“Mum” mette in scena il “labirinto” psicologico in cui Nina è incastrata, un
labirinto di cui non si vede la fine, in cui tutto appare ambiguo e
inafferrabile, dove non esistono chiari confini tra la realtà e la finzione,
tra il presente e il passato, tra i ricordi e le paure. Tutto questo
caratterizzerà la messa in scena da un punto di vista scenografico.
Lo
spazio scenico/teatrale si smonterà durante lo spettacolo in vari pezzi
seguendo lo stesso iter della psicologia della protagonista ribaltando
completamente il punto di vista e la prospettiva. L’approccio simbolico e
astratto all’estetica dello spettacolo si contrapporrà al lavoro attoriale e di
direzione delle scene minimale e realistico. Nessun manierismo, nessuna
fiction. Un lavoro crudo e credibile per arrivare dritti alla pancia degli spettatori.
dal 15 al 17 novembre
BARBABLU’
di Hattie Naylor
regia Giulia Paoletti
con Edoardo Frullini
traduzione
Monica Capuani
produzione
Accademia Perduta/Romagna Teatri
Sinossi
Barbablù
è un seduttore, ammaliatore, provocatore. Un intelligente galantuomo che ci sa
fare con le donne, soprattutto con alcune. Un predatore che passeggia e fiuta
la preda ancor prima che essa diventi tale. Un giocatore competitivo che
contempla la vittoria come unico finale possibile. Barbablù osserva e ammicca.
È gentile e premuroso. Fa un passo alla volta e non si concede mai subito e mai
del tutto. Ascolta e risponde al bisogno più intrinseco. Accarezza e coccola.
Desidera e idealizza. Crea connessioni perfette. Ama. Barbablù ha bisogno di
sentirsi forte e superiore. Non scende dentro di sé. Non risponde alle domande.
È vulnerabile e non sostiene la cura dell’altro. Barbablù tesse la sua (di lui,
di lei) gabbia. È in trappola. Per non esplodere dentro, esplode fuori.
Barbablù violenta, tortura, uccide. Vince.
Note
di regia
Non
si può combattere il male rimuovendone solo l’effetto, non si può annientare la
malattia eliminandone il sintomo, non si può abolire la violenza sopprimendone
la manifestazione. I numerosi tentativi contro la violenza di genere agiscono,
nella maggioranza dei casi, sull’evento e sull’atto che è già stato compiuto o
subìto. Barbablù è, invece, il pretesto per dar voce all’esplorazione degli
strati più profondi e primordiali di comportamenti e personalità che si
trasformano da apparentemente sani a malsani e patologici. Barbablù ha senza
dubbio una visione distorta delle relazioni, dei sentimenti, del sesso. Ma qual
è il limite oltre il quale il consentito diventa irrispettoso, violento,
illegale? Le donne di Barbablù sono intrinsecamente già vittime. Sono vittime
di personalità probabilmente troppo fragili, di famiglie in cui la forza
femminile è sempre stata assecondata a desideri altrui, di relazioni in cui la
dimostrazione del sentimento e del bene era sinonimo di sopportazione e
tolleranza, di contesti in cui il senso di inadeguatezza affibbiato loro era
considerato normale, di società in cui valutare un essere umano superiore o
inferiore rispetto ad un altro è regolare. In ogni atteggiamento, in ogni
gesto, in ogni parola, può insinuarsi quel meccanismo di gioco-forza in cui
ogni relazione deve necessariamente prevedere che ci sia un vincitore e un
vinto, un predatore e una preda, un carnefice e una vittima. È proprio questo
gioco-forza che emerge dalla penna di Hattie Naylor e che ritengo necessario indagare
e approfondire. Entrambi i partecipanti conoscono istintivamente le regole ma
pochi osano infrangerle per paura di scendere in territori sconosciuti in cui
la vulnerabilità è considerata la vera debolezza. È così che i due diventano
avversari e finiscono per far sì che i loro ruoli arrivino perfino a
confondersi. Non considerando la giustificazione neanche come remota
possibilità, il tentativo è la comprensione del reale aspetto di Barbablù, per
poter prendere coscienza della causa che sta alla base di questi comportamenti,
riconoscerla, scegliere di annientarla, con la certezza che estirpare la radice
di questo dualismo è difficile ma non impossibile.
Giulia
Paoletti
Gli Autori
Penelope Skinner
Drammaturga e sceneggiatrice britannica, nota per le sue opere teatrali
che affrontano tematiche contemporanee, spesso con un'attenzione particolare
alle questioni di genere e al femminismo. È emersa sulla scena teatrale
londinese con la sua opera Fucked nel 2008, che ha attirato l'attenzione
per il suo approccio crudo e realistico alla sessualità e alle relazioni. La
sua scrittura è riconosciuta per la capacità di mescolare la commedia con temi
seri e per la rappresentazione di personaggi femminili complessi e sfaccettati.
Skinner continua a essere una voce rilevante nel panorama teatrale e culturale
britannico.
Rachel Causer
Scrittrice, performer e creatrice teatrale residente a Londra. Ha
studiato presso il Mountview Academy of Theatre Arts, dove ora insegna, e ha
proseguito la sua formazione come drammaturga in diversi teatri londinesi, tra
cui Theatre 503, The Arcola e The Criterion Theatre. È la fondatrice di Scatterjam,
una compagnia che si concentra sulla produzione di opere femminili,
caratterizzate da un umorismo cupo e un impegno sociale e politico. Rachel ha
scritto diverse opere teatrali, tra cui LIPPY e Please, Feel Free to
Share, quest'ultima presentata al Pleasance Courtyard durante l'Edinburgh
Fringe Festival 2022 e finalista per il Popcorn Writing Award 2021.
Colm Tóibín
(Enniscorthy, Irlanda 1955) ha studiato Storia e letteratura inglese
all’University College of Dublin. A venti anni ha cominciato a viaggiare, prima
in Spagna, poi in Argentina, in Sudan, in Egitto, negli Usa. Giornalista,
saggista e romanziere, è considerato uno dei maggiori scrittori irlandesi
contemporanei. Tra i suoi libri tradotti in italiano ricordiamo: Sud (Fazi,
1999); Il faro di Blackwater (Fazi, 2002) e Il testamento di Maria (Bompiani
2014), finalisti al Booker Prize; The Master (Fazi, 2004), vincitore dell'IMPAC
Award; Madri e figli (Fazi, 2007); Fuochi in lontananza (Fazi, 2008); Brooklyn
(Bompiani, 2009), vincitore del Costa Novel Award; La casa dei nomi (Einaudi
2018). Tóibín è stato inoltre direttore di due riviste irlandesi, “InDublin” e
“Magill”, e ha collaborato a “The Sunday Independent” e “The London Review of
Books”. I suoi libri sono stati tradotti in circa venti lingue.
Brian Friel
(1929-2015) E’ stato uno dei più importanti drammaturghi irlandesi del XX
secolo. Nato a Omagh, nella contea di Tyrone, Friel è cresciuto a Derry,
un'esperienza che ha influenzato profondamente la sua scrittura. Ha iniziato la
sua carriera come insegnante di scuola, ma nel 1960 decise di dedicarsi
completamente alla scrittura. Friel ha raggiunto la fama internazionale con la
sua opera Philadelphia, Here I Come! (1964), che esplora le difficoltà di
emigrare dall'Irlanda. Il suo lavoro più celebre, Dancing at Lughnasa (1990), è
ambientato negli anni '30 e racconta la storia di cinque sorelle in una piccola
città irlandese, vincendo numerosi premi, tra cui il Tony Award per la miglior
opera teatrale. Le opere di Friel spesso esplorano temi come l'identità, la
memoria, e la comunicazione, e sono note per il loro lirismo e profondità
psicologica. Friel è stato anche il co-fondatore della Field Day Theatre
Company, una compagnia teatrale che ha contribuito a ridefinire il teatro
irlandese. Considerato uno dei grandi drammaturghi del mondo di lingua inglese,
è spesso paragonato a Anton Čechov per la sua capacità di catturare la
complessità della vita quotidiana e delle relazioni umane.
Gillian Greer
Drammaturga di origine irlandese, nota per il suo approccio incisivo a
temi sociali complessi come il consenso, la classe e le relazioni personali. È
cresciuta a Dublino e ha lavorato in diversi contesti teatrali tra l'Irlanda e
il Regno Unito. Greer ha acquisito notorietà con la sua opera teatrale Meat,
presentata per la prima volta al Theatre503 di Londra nel 2020. Questo lavoro
esplora le sfide legate al consenso e alle relazioni in un contesto post-crisi
economica e post-Cattolicesimo in Irlanda. L'opera è stata acclamata per la sua
capacità di affrontare temi difficili con empatia e complessità.
James Fritz
Drammaturgo e sceneggiatore britannico noto per le sue opere teatrali
innovative e provocatorie. Ha raggiunto il successo con la sua opera "Four
Minutes Twelve Seconds" (2014), che ha ottenuto una nomination agli
Olivier Awards come miglior nuova commedia. La pièce esplora temi complessi
come la privacy, il consenso e le conseguenze della tecnologia digitale nella
vita quotidiana. Fritz ha continuato a esplorare tematiche sociali attraverso
opere come "Ross & Rachel" (2015), un monologo che decostruisce
l'idea delle coppie iconiche, e "Parliament Square" (2017), che
affronta il tema dell'attivismo politico e della disobbedienza civile. Questa
ultima opera ha vinto il prestigioso James Tait Black Prize per la
drammaturgia. Con una scrittura incisiva e un'acuta sensibilità verso le
problematiche contemporanee, Fritz è considerato una delle voci emergenti più
interessanti nel panorama teatrale britannico. Ha anche lavorato in televisione
e radio, dimostrando la sua versatilità come scrittore.
Marek Horn
Drammaturgo britannico emergente, noto per la sua opera teatrale Wild
Swimming. Nato nel Regno Unito, Horn ha studiato presso l'Università di
Bristol, dove ha coltivato il suo interesse per la scrittura e il teatro. Wild
Swimming, scritto nel 2017, è probabilmente il suo lavoro più celebre e ha
ricevuto grande attenzione per il suo stile innovativo e il modo in cui mescola
elementi storici con un linguaggio moderno. Horn è conosciuto per il suo approccio audace alla drammaturgia, spesso
sperimentando con la forma e il contenuto. Oltre a Wild Swimming, ha scritto
altre opere che esplorano temi contemporanei con un tocco di ironia e
introspezione. Con il suo lavoro, Marek Horn si sta rapidamente affermando come
una voce distintiva nella scena teatrale britannica.
Frank McGuinness
Drammaturgo e accademico irlandese nato nel 1953 a Buncrana, Donegal. Ha
raggiunto la fama con l'opera Observe the Sons of Ulster Marching Towards
the Somme (1985), che esplora l'esperienza dei soldati irlandesi nella
Prima Guerra Mondiale. McGuinness è noto per i suoi drammi che trattano temi di
identità, storia e conflitto, come Someone Who’ll Watch Over Me (1992).
Oltre al teatro, ha adattato opere classiche e scritto poesie e romanzi,
affermandosi come una delle figure più influenti della letteratura irlandese
contemporanea.
Alys Metcalf
Drammaturga e attrice britannica emergente, nota per il suo lavoro
teatrale Reel Life. Ha studiato recitazione alla Royal Welsh College of Music
& Drama e si è affermata nel panorama teatrale per la sua scrittura vivace
e coinvolgente. Reel Life, uno dei suoi lavori più noti, esplora temi di amore,
perdita e connessione umana attraverso una narrazione intima e toccante.
Metcalf è apprezzata per la sua capacità di creare personaggi autentici e
storie che risuonano emotivamente con il pubblico.
Cordelia Lynn
Drammaturga britannica, nata nel 1988. È conosciuta per le sue opere
teatrali che esplorano temi di politica, identità e relazioni umane con uno
stile incisivo e contemporaneo. Il suo lavoro più noto è The Land of
Might-Have-Been (2016), che ha ricevuto ampi consensi per la sua narrazione
audace e la sua riflessione critica sulla società moderna. Lynn è apprezzata
per la sua capacità di intrecciare argomenti complessi con una scrittura
potente e innovativa. La sua carriera continua a crescere, consolidandola come
una delle voci promettenti del teatro britannico.
Morgan Lloyd Malcolm
Drammaturga britannica, nota per il suo lavoro nel teatro contemporaneo.
È nata il 25 novembre 1979 e ha studiato recitazione e scrittura alla Royal
Holloway, University of London. È particolarmente riconosciuta per la sua opera
Emilia (2018), che esplora la vita e le lotte di Emilia Bassano, una poetessa
del Rinascimento spesso trascurata dalla storia. Emilia ha ricevuto ampi
consensi per la sua rivisitazione audace e femminista della storia letteraria.
Lloyd Malcolm è anche autrice di altre opere teatrali e ha lavorato come
sceneggiatrice per la televisione e il teatro. È apprezzata per la sua abilità
nel trattare temi sociali e storici con una narrazione coinvolgente e
provocatoria.
Hattie Naylor
Drammaturga e sceneggiatrice britannica, nota
per il suo lavoro nel teatro e nella radio. Ha studiato presso l'Università di
Oxford e ha iniziato la sua carriera scrivendo per la radio della BBC, dove ha
ricevuto riconoscimenti per le sue opere radiofoniche. Tra i suoi lavori più
noti c'è The Night Watch (2010), una pièce che esplora il tema della Seconda
Guerra Mondiale attraverso una narrazione intricata e coinvolgente. Naylor è
apprezzata per la sua capacità di combinare narrazione e drammaturgia in modi
innovativi, spesso affrontando temi storici e sociali con una prospettiva
fresca e riflessiva. La sua carriera continua a essere segnata da una
produzione variegata e di alta qualità.
Si ringraziano:
Antonia Brancati
per Colm Tóibín, Rachel
Causer, Penelope Skinner,
Gillian Greer, Marek
Horn, Alys Metcalf,
Cordelia Lynn, Morgan
Lloyd Malcolm
Arcadia & Ricono
per Brian
Friel, James Fritz, Frank McGuinness
Agenzia Danesi Tolnay
per Hattie Naylor