I Dear Bongo parlano del 1° disco "Unfulfilled". L'intervista di Fattitaliani

 


Dear Bongo - Unfullfilled Slack Records

ascolta in streaming il disco

Ci racconti il tuo percorso artistico dagli esordi a questo disco?

L'idea nasce da Simone, durante il periodo del covid, ed è evoluta negli anni, cambiando il sound e le formazioni, fino ad arrivare prima alla realizzazione di un ep, pubblicato a gennaio, ed ora di Unfulfilled, il nostro disco di esordio.

Dal punto di vista musicale come definiresti questo album?

Il nostro disco può essere definito come il frutto di influenze molto variegate, che vanno da una matrice punk, ma che sconfinano, in verità, nel progressive, nella psichedelia e nel jazz rock.

Ho visto che il titolo è una sorta di tributo, una  citazione  tratta  da  una  leggenda  su  Captain  Beefheart… mi vuoi spiegare?

Sì, c'è questo aneddoto leggendario secondo il quale Captain Beefheart ricevette una lettera da Bono degli U2, che si dichiarava interessato ad una collaborazione. E la risposta del capitano fu: "Dear Bongo, no" class of 1999 è in ricordo di quell’anno in cui si aveva paura del caos informatico.. o forse un tributo a Prince

Risponde Paolo: devo essere sincero...nessuna delle due cose. È un richiamo a "i giovani del 1899", una generazione di ragazzi giovanissimi che si trovò ad affrontare la grande guerra. Ho immaginato, in chiave satirica, come si comporterebbero i giovani del secolo dopo, ovvero "i giovani del 1999", ad un evento catastrofico come quello.

Ora che è uscito il disco, sei pienamente soddisfatto di quello che avete prodotto?

Dato il titolo del disco, "Unfulfilled", per coerenza non possiamo definirci soddisfatti, ma in verità abbiamo lavorato davvero bene. È andato tutto come speravamo, o quasi!

Progetti per i prossimi mesi? Date in giro per l’Italia?

Progetti a non finire. Date, ne abbiamo una per certo il 31 ottobre, allo Knot Fest organizzato da doppionodo!

BIOGRAFIA

I Dear Bongo nascono dalle ceneri di un trio senza nome che ha registrato un brevissimo album composto di strumenti percossi e urla ma (mai pubblicato); la breve storia di questa formazione embrionale si conclude per divergenze politiche nel 2020. Simone Felici (voce, chitarra canale destro; già Rijgs ed Exit Spoons) trova poi in Paolo Vaglieco (chitarra canale sinistro, voce) un nuovo compagno nel 2021, iniziando a ragionare su come le due chitarre potessero incastrarsi sorreggendo i nuovi testi. Nel 2022 si aggiungono ai Dear Bongo Davide Ingiulla (basso) e Fabio Remedia (batteria, voce) ad arrangiare il materiale derivato dalle registrazioni del vecchio trio, fino a raggiungere il risultato di 10 brani per il loro esordio 'Unfulfilled'. Una versione dimostrativa del disco è stata recensita da Ondarock come un lavoro <<compatto e creativo [...] amministrato in soli 12 minuti e mezzo>> mentre Rockit, in un reportage sulle migliori uscite punk di marzo 2024, ha elevato la band comparandola agli Idles. I testi dei Dear Bongo raccontano di vite alienate, operaie e impiegatizie e prendono posizione sui temi della contemporaneità. Il brano omonimo 'Unfulfilled', l'unico sopravvissuto nella sua integrità dal repertorio del vecchio trio, è il Big Bang che ha generato tutti gli altri: non una parola, solo un gutturale tentativo di comunicazione.

 

IL DISCO

 

Benché il nostro primo, breve EP abbia ricevuto delle critiche positive, noto che i recensori tentano con difficoltà di inserire i Dear Bongo nel calderone della nuova ondata punk: per esempio Rockit, in un reportage sulle migliori uscite punk di marzo 2024, ha elevato il primo EP dei Dear Bongo agli Idles. Ossydiana Speri, recensendo lo stesso EP su Ondarock, ci ha intelligentemente localizzati in una galassia a metà tra il post-punk e il post-hardcore. Non crediamo di aver fondato un nuovo genere né tantomeno ci attribuiamo una veste passatista: insomma, non facciamo musica per ‘somigliare a’ ma per esprimere la creatività e vivacità del nostro suono, tanto che abbiamo deciso di non imbellire con orpelli il nuovo disco ‘Unfulfilled’ e di presentarlo quanto più vicino alla furia dei nostri live, aiutati magistralmente in questo da Andrea Cola nel suo Stonebridge Studio a Cesena. Le nostre influenze sono da ricercarsi da una parte nel funk e nel jazz (che, come diceva Zappa, non è morto ma ha solo uno strano odore) – per esempio in ‘Give me some more’, ‘Dead Flesh’,‘Travet’ e ‘Sock it!’ - e dall’altra nelle letture avanguardistiche del rock (che, come diceva Albini, non sono ancora riusciti a uccidere) – come accade in ‘Hyperobjects’, ‘Class of ‘99’, ‘What do you say?’ e ‘Anna’; tutto è filtrato dal linguaggio del punk che influenza non solo la musica ma anche i testi, tra proclami teorici e racconti, irriverenti e non, di storie di alienazione e di abusi di potere vissuti in prima persona.Da ‘Travet’: <<[…] and at least two hours drive and the rent keeps going high and there is no reason why we bid our time for a dime […] and i want you by my side just a few days of my life. My desire's nullified and i'm feeling as i die>>.Da ‘What do you say?’: <<[…] Diploma and shitty job (what do you say?): I’ve been scrolling for you and all I’ve got is feeling horny! Push me inside-outside your life>>. L’omonima ‘Unfulfilled’ è proposta come bonus track insieme alla cover - pesantemente rielaborata e arrangiata, tanto da risultare a tutti gli effetti un brano di nostra mano - di Hobo Talks dei Dead Horses (il brano originale dei Dead Horses è stato pubblicato nel 2017 da Maple Death Records). Le due tracce fanno parte di session diverse, live in studio e testimoniano la prima fase noise del gruppo.

Fattitaliani

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