Umberto Brindani mette in scena il “suicidio imperfetto” nel giornalismo italiano

Intervista di Mariano Sabatini

Si contano sulle dita di poche dita i giornalisti che, nella masnada della categoria, sanno distinguersi e occupano posti di rilievo nel gotha della professione. Tra questi vi è senza dubbio Umberto Brindani, attualmente alla guida del settimanale popolare Gente. E che ora fa il suo esordio nella narrativa “di genere” con un romanzo dal titolo che più esplicito non si può: Suicidio imperfetto per Armando Curcio editore. Nella quarta di copertina leggiamo: “Un giornalista di Nera, appassionato di inchieste e indagini sui casi di cronaca, stanco e annoiato da una professione ormai al declino, si trova suo malgrado invischiato nella morte della giovane figlia del suo editore. Una tragedia che colpisce tutto il giornale e l'opinione pubblica. Inizia così le sue indagini, interpella le sue fonti, fa ricerche su internet e grazie soprattutto al fiuto di cronista vecchio stampo arriva a mettere insieme vari indizi. Scopre uno scenario fatto di prostituzione, droga, soldi facili…” Ce n’è di che incuriosirsi. Ma innanzi tutto bisogna fare i complimenti all’autore per lo sprezzo del pericolo, nell’aver utilizzato l’esponente di una categoria invisa ai più: <<Io credo che per scrivere un romanzo, una fiction, un racconto ci sono due possibilità. O studi a fondo oppure scrivi di ciò che già sai. E siccome non faccio, per ora, lo scrittore di professione, non ho il tempo di studiare. E cosa conosco meglio dell'ambiente giornalistico, in cui vivo da più di quarant'anni? Poi, è vero che la categoria non è amata, ma poiché il romanzo parla di un'indagine "poliziesca", l'unica alternativa era mettere in scena un magistrato, cioè il rappresentante di una categoria ancora meno amata!>> spiega Brindani.

Domanda d’obbligo, quanto ti è stata di ispirazione la tua eccellente carriera?

Aver lavorato per così tanto tempo nei giornali mi ha consentito di ambientare al meglio, spero, le parti che si svolgono in redazione, e di delineare le relative dinamiche, spesso spassose devo dire.

Ci sono figure di colleghi da cui hai attinto?

Moltissime, e forse qualcuno si riconoscerà. Ma per la figura del cronista che si ritrova a fare il "detective per caso" mi sono in parte ispirato a una grande collega che purtroppo ci ha lasciato: Giangavino Sulas, uno che non si accontentava mai della "prima verità", quella delle Procure.

Il tuo protagonista è alla fine un professionista “alla vecchia maniera”, oggi il giornalismo com’è cambiato?

Be', è cambiato tutto. Prima internet, poi i social ci hanno distrutto. Siamo travolti dalle fake news, nulla viene più verificato, molti giovani colleghi sono ridotti a fare gli scribacchini di markette...

Suicidio imperfetto. Il titolo sembrerebbe svelare il finale, contrariamente alla regola aurea dei romanzi di genere…

E perché? Come non esiste il "delitto perfetto" può esistere un "suicidio imperfetto", no? Ma stai tranquillo, di sorprese ce ne sono in abbondanza.

Riguardo a cosa dovremmo fare ammenda noi giornalisti, allo stato attuale dell’arte, per così dire?

Non so quali siano le nostre responsabilità. Sai, nel momento in cui le diffusioni dei giornali tracollano svanisce il potere delle redazioni e anche dei direttori, e per converso esplodono le pressioni da parte delle proprietà e dei manager. È un macro-processo in atto in tutto il mondo, noi possiamo solo difenderci in trincea, fino a quando non avremo esaurito le munizioni...

Come mai ti ha attratto la narrativa?

Be', innanzitutto mi picco di saper scrivere, che è un buon punto di partenza. Poi, il romanzo segue un fil rouge che può anche essere considerato "di denuncia" di un certo modo di fare giornalismo e un certo modo di amministrare la giustizia. Il tutto, ben shakerato con forti dosi di ironia e di umorismo, arriva a comporre un racconto che, idealmente, ti tiene avvinto fino all'ultima pagina.

È stato tutto semplice o il lavoro ha subito intoppi?

Una volta che nella mente si è formato lo "scheletro" della storia, il resto è venuto da sé. Mi sono molto divertito a scriverlo: quando inventi personaggi, situazioni, accadimenti ti ritrovi dentro la storia e mentre scrivi senti quasi di farne parte. È una sensazione che non puoi provare scrivendo saggi o articoli di giornale.

E tu sei un lettore dei cosiddetti “gialli”?

Certamente sì, se intendi la parola "giallo" in senso lato, cioè qualunque racconto che, mentre lo leggi, continui a chiederti: come andrà a finire? Ho letto tutti i classici, sono molto incuriosito da Joel Dicker e un fan assoluto di Michael Connely.

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top