Lele Mora si racconta: lo spettacolo, Berlusconi, il carcere, il tentato suicidio, la bisessualità



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Lele Mora, personaggio televisivo e agente del mondo dello spettacolo, è l’ospite della nuova puntata del podcast “One More Time” di Luca Casadei, prodotto con OnePodcast, disponibile da oggi, venerdì 31 maggio, su OnePodcast e su tutte le piattaforme di streaming audio.
 
Il manager si racconta ai microfoni di “One More Time” ripercorrendo alcuni momenti della sua vita e della sua carrieradall’essere figlio di contadini si è ritrovato ad avere a che fare con le persone più famose, non solo nel nostro Paese, ma nel mondo. Si sofferma in particolare sulla grande amicizia che lo ha legato a Silvio Berlusconisul momento in cui è stato arrestato nel 2013 per bancarotta e sul tentato suicido in carcere.
 
Lele Mora parla delle difficili emozioni vissute in quel periodo, che gli ha permesso di vedere più lucidamente il mondo che lo circonda, ma anche, tornando indietro nel tempo, delle gioie della sua vita e del suo lavoro, svelando l’uomo dietro ai fatti di cronaca.
 
Sui suoi studi e di come sia entrato a contatto con il mondo dello spettacolo racconta: «Il mio sogno era studiare, cosa che però non si poteva fare perché non c’erano i soldi. Mio papà ha chiesto a questo frate di aiutarci per farmi studiare. Ho fatto cinque, sei anni in questo convento però poi ho capito che non era il caso che mi facessi frate. Sono uscito dal convento e mi sono iscritto a una scuola alberghiera. Sono riuscito poi ad andare a lavorare a Venezia. Qui ho incontrato tanti artisti che andavano al Festival del Cinema di Venezia e ho capito che quel mondo, poteva essere il mio mondo perché lo sentivo mio».
 
Su come è arrivato a lavorare per Mediaset a “Scherzi a parte”: «Ho conosciuto Giampiero Malena, il manager di Pippo Baudo, ma amico di tanti altri, che mi ha detto: “Guarda Lele, tu hai un carattere meraviglioso e puoi fare il lavoro che faccio io, hai più pazienza di me, sei più dolce, sei più attento, sei più delicato su alcune cose. Ti porterò con me in vari posti”. Così è successo e devo dire che Giampiero è stato il mio passe-partout per tutto quello che ho fatto. Sono riuscito a entrare a Mediaset a 22/ 23 anni, e la prima persona che mi ha presentato è stata Fatma Ruffini - che io chiamo: “la televisione”, perché grazie a lei io ho imparato a fare televisione – che mi ha dato il primo incarico: mi fece un contratto di varie puntate di “Scherzi a parte”».
 
Su alcuni dei personaggi famosi che ha conosciuto: «Tramite un’amica ho conosciuto Giannina Facio, la moglie di Ridley Scott. Era venuta ad abitare addirittura a Verona, a casa mia. Lì io ricevevo tutti, da Stallone a Maradona a Pelè. Poi nella storia di “Scherzi a parte” ho fatto tanti scherzi a tante star internazionali. Io, conoscendo bene Nicoletta Mantovani, ogni anno quando Luciano Pavarotti faceva il “Pavarotti & Friends” venivo invitato per portare ospiti nelle prime file. Lì ho conosciuto veramente tantissimi artisti, da Bono degli U2 a Ricky Martin a Lady Diana, che era stata ospite, al Dalai Lama. E sai, sono strade che si aprono e ti portano a incontrare persone veramente che mai nella vita avrei potuto incontrare se non fossi stato vicino a questo grande personaggio che era il Maestro Luciano Pavarotti».
 
Sulla sua grande amicizia con Silvio Berlusconi: «Ho incontrato Silvio Berlusconi nei primi anni ’80. Mi ricordo che la prima volta che sono stato invitato a Villa Certosa in Sardegna ci siamo rivisti, io sono entrato dalla porta di servizio e lui mi è venuto incontro e ha detto: “finalmente rivedo Lele Mora. È un grande piacere”. Io ho risposto: “No, il piacere è mio perché incontro il Mio Presidente”. Io lo chiamavo “il mio presidente”, gli davo del Lei. Nacque un’amicizia molto bella, molto vera e molto sincera che continuò per tanti anni. Ci sentivamo cinque, sei volte al giorno: “vieni a cena da me stasera, ci vediamo domani”. Ero molto lusingato di aver incontrato e di avere a che fare con uomo come lui. Nel periodo in cui lo frequentavo, c’era tanta gente che mi chiedeva di venire ad Arcore a cenare con lui o a conoscerlo, però io non mi sono mai permesso di invitare nessuno perché la volevo tenere per me questa grande amicizia».
 
Sul suo arresto e di come è venuto a sapere che sarebbe finito in carcere: «Sono stato arrestato per bancarotta perché avevo un debito con l’ufficio entrate. Stavo trattando per pagare questo debito, ma non è stato possibile: ero già stato in tribunale per fare un accordo ma il giudice non aveva accettato la dilazione di pagamento che avevo prospettato. Hanno emesso un mandato di cattura. Io ero seduto alla mia scrivania quel giorno e ho visto nel sottopancia delle televisioni: “Arrestato Lele Mora”. Dopo circa tre orette, è suonato il campanello: la Guardia di Finanza è entrata in ufficio con un mandato di arresto. Poi mi hanno accompagnato nel carcere di Opera e lì ho fatto dentro 407 giorni».
 
Sul tempo passato in carcere e sull’orto-terapia che lo ha aiutato ad andare avanti: «Ero in isolamento, con sorveglianza a vista e divieto di incontro per tutto il tempo. Quando uscivo dalla mia cella c’erano 7/8 guardie che mi accompagnavano a colloquio con l’avvocato o dai parenti. Vedevo girare per il carcere Riina senza guardie e io, invece, ero seguito da otto di loro. Un mio vicino di cella era Olindo di Erba. Ho chiesto al comandante di poter creare un orto dietro il carcere. L’ho fatto pulire bene con dei detenuti che mi sono fatto dare e ho creato un orto meraviglioso: era “orto-terapia” e mi aiutava. Prendevo i prodotti che venivano su - pomodori, angurie, meloni, melanzane, peperoncini - tutto quello che io seminavo, cresceva e lo mettevo su un carrello. Erano poi i poliziotti poi che li davano a chi volevano loro perché lì non potevi fare niente di testa tua. Dovevi sempre passare dalla polizia penitenziaria».
 
Sul tentato suicidio in carcere: «Queste cose non si devono mai fare. Era la Vigilia di Natale, erano venuti i miei figli e vederli andare via dalla finestra mi ha fatto sentir morire. Sono tornato in cella, non ho più pensato a niente, solo: “Perché devo stare qua? Perché devo soffrire così tanto e far soffrire così tanto i miei figli? Se mi tolgo la vita, forse è la cosa più bella”. Vicino al mio letto, c’era una lampada tutta incerottata, ho staccato tutto lo scotch, mi sono messo un asciugamano in bocca e mi sono incerottato. Penso di essere anche svenuto perché non respiravo più. È arrivato il poliziotto penitenziario, mi ha chiamato e io non ho risposto. Subito mi hanno caricato e portato in ospedale. Per via di quel gesto, poi, ho avuto due ischemie brutte. Sono cose che non vanno fatte. Una notte poi mi sono addormentato e credo di aver avuto una visione di Padre Pio, mi ha detto: “stai sereno, stai tranquillo che nel giro di pochi giorni andrai a casa”».
 
Sulla sua bisessualità e su quando si è innamorato di una persona del suo stesso sesso: «Non amo l’altro sesso, ho delle attenzioni, che è diverso. A volte ci sono delle sensibilità verso un’altra persona, magari anche del sesso opposto. L’ho scoperto perché mi sono innamorato di qualcuno ed era la prima volta che mi succedeva. Non ne ho parlato con i miei figli, lo avevano capito, ma non abbiamo mai affrontato l’argomento: sono molto riservati e molto attenti a queste cose. Può darsi avessero paura di ferirmi».
Fattitaliani

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