A Monza in mostra l’arte dell’800 lombardo

 


di Giuseppe Sinaguglia

In una bella giornata domenicale, ci rechiamo alla Reggia di Monza e superato la cancellata d’ingresso veniamo quasi sopraffatti dal profumo inebriante delle rose in fiore, del grande e colorato roseto adiacente l’edificio che ospiterà sino al 28 luglio 2024 la mostra “800 Lombardo. Ribellione e conformismo, da Hayez a Previati“.  Lungo la navata unica dell’Orangerie, il racconto espositivo si articola per sezioni che raccolgono un totale di circa 100 opere tra dipinti, disegni e sculture. L’allestimento, curato secondo un progressivo sviluppo temporale della produzione artistica ottocentesca, prende il via con il maestro del Romanticismo Francesco Hayez. Il pittore veneziano aveva portato nel 1820 a Brera novità e anticlassicismo, imponendo un modello iconografico e interpretativo che venne superato solo all’avvento del Realismo.

Le opere di Massimo d’Azeglio e Giuseppe Molteni, Giacomo Trecourt, con la loro attenzione ai dettagli e la significativa costruzione scenica, sono contestualizzate in questo primo ambiente. Proseguendo Giovanni Migliara, Angelo Inganni e Luigi Bisi si identificano con il nuovo genere pittorico quello del “vedutismo” con appunto vedute prospettiche e pitture di vita quotidiana e spazi cittadini, testimonianza descrittiva della società e dell’urbanistica della prima metà del secolo.

I fratelli Gerolamo e Domenico Induno sono tra i primi interpreti della pittura di genere, alternativa alla grande pittura di storia, poiché l’interesse si volge verso la semplicità degli ultimi, degli umili, delle figure considerate minori e facenti parte del popolo e dei ceti meno abbienti, ma anche militari e garibaldini, genuini eroi del risorgimento.

Invece Giovanni Carnovali detto il Piccio, unico, solitario, originale, autonomo, libero, insofferente verso certi canoni, fa da ponte tra nuovi modelli e il superamento del modello hayeziano. Una personalità eclettica e visionaria che si mostra, senza distinzioni stilistiche, tra colori vibranti e stesure sciolte, rivisitando ogni genere di tema, dal ritratto al paesaggio.


Dalle tragiche inquietudini di Federico Faruffini si passa a Tranquillo Cremona che con Daniele Ranzoni e Giuseppe Grandi, fonderà la Scapigliatura.

I giovani della generazione postunità d’Italia, contraddittori, spregiudicati e provocatori, provavano delusione nei confronti del mediocre perbenismo borghese, ai codici da salotto. Iniziava così la crisi tra gli intellettuali e la società. La tecnica, i soggetti e la grammatica pittorica dimostrano in pieno questo sentire “scapigliato” che si fa anche materia in opere scultoree come quelle di Giuseppe Grandi.

Sussegue in mostra l’eredità lasciata dalla scapigliatura, l’evoluzione della veduta cittadina con Milano, capitale lombarda all’avanguardia ed esempio della trasformazione urbana ed architettonica, ed ancora il Neosettecentismo, la Famiglia artistica attiva nella seconda metà dell’Ottocento, la bellezza e la poesia dei territori e dei paesaggi lombardi, Monza frequentata dai Savoia e le sue campagne brianzole, per concludere l’iter espositivo con la svolta simbolista di fine secolo rappresentata da  Segantini e Previati. Quest’ultimo ci dona una versione dell’iconico bacio tra Giulietta e Romeo, molto inquieta, sensuale, ambigua, in una tensione espressiva ed emotività in parte romantica ma essenzialmente sinbolista.

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