Trame tradite di Fabiana Cusumano: in 24 racconti l’inquietudine che abita l’umano

 


Recensione di Fabio Gabrielli

La letteratura ha un solo scopo, peraltro assoluto: raccontare storie, dare voce alle fondamentali verità dell’esperienza umana.

In altri termini, le parole che intessono la letteratura rimbalzano sempre dal seminario, dal campo protetto dell’autore, nel campo libero della vita, disseminandosi, contaminandosi, facendosi carne, mondo, anima.

È quello che si avverte in ogni pagina, in ogni pausa, in ogni cambio di direzione dell’ultimo libro della scrittrice e poetessa castelvetranese Fabiana Cusumano, Trame tradite (Navarra Editore).

Ventiquattro racconti, ventiquattro trame di vita che si disseminano nelle pagine tra tensioni amorose, trasformazioni, pulsioni, tradimenti, rinascite.

Insomma, viene consegnata al lettore, senza infingimenti od orpelli esistenziali, con un registro linguistico squisitamente poetico, eppure tagliente come una lama di coltello, tutta l’inquietudine che abita l’umano come suo specifico modo d’essere.

I racconti della Cusumano, sempre sottratti alle retoriche disincarnate, alle indulgenze sentimentalistiche, agli eterei sospiri dell’anima, rinviano senza sconti alle potenti parole di Fëdor Dostoevskij: «All’uomo piace creare e aprire delle strade, questo è incontestabile. Ma come mai gli piace fino alla passione anche la distruzione e il caos?».

Eppure, anche nel caos, anche dove la vita sempre rassegnarsi a logiche di morte, anche dove sembra avanzare il deserto, è sempre possibile la fioritura dell’amore, una sorta di imperativo di fuoco, come recitano le parole di Ezra Pound che l’autrice colloca in esergo: «Quello che veramente ami rimane, il resto è scorie. Quello che veramente ami non ti sarà strappato».

Poiché l’eros è al centro di questi racconti, Cusumano sceglie un’ambientazione suggestiva, una villa appartata, punteggiata da un albero di limoni, sotto il quale scrivere e ascoltare poesie e racconti.

In uno dei Dialoghi platonici più intensi e luminosi, il Fedro, Socrate e il giovane Fedro, che dà nome al dialogo, poiché desiderano mettere a tema l’eros e la bellezza, decidono di uscire dalla città per andare a sedersi, lungo le acque dell’Ilisso, all’ombra di un frondoso platano e di un agnocasto.

Non sono scelte casuali: per confrontarsi con quell’eccedenza assoluta che è l’amore, al cui cospetto, come ricorda Roland Barthes, ogni attributo è goffo e imbarazzante, ogni linguaggio insufficiente, occorre uscire dall’archeion, dall’archivistica, dalla manualistica della città, dalle sue logiche procedurali, selettive, istituzionali, per accogliere, senza alcuna pretesa calcolante e catalogante, il linguaggio ineffabile di eros, l’inesauribile simbolo che lo abita.

In definitiva, un libro, quello di Fabiana Cusumano, capace di attraversare e abitare il femminile erotico con grazia e determinazione, soprattutto là ove rimarca, a conclusione di uno dei suoi racconti (L’amore non replica), la fame di vita, di un eros che sempre si rinnova: «Mentre il sole inondava il cielo di un caldo intenso, Giuliana sentì la sua bimba nella pancia. Giuliana ed Emma si abbracciarono. Il treno sfumò. Un inno alla bellezza della vita che rinasce sempre dalle sue macerie».

Fabio Gabrielli


Il libro:

Bia Cusumano, “Trame Tradite”, Navarra ed., 2023

https://www.navarraeditore.it/

https://amzn.eu/d/0J3l8vT

 

Bia Cusumano

https://www.facebook.com/fabiana.cusumano

 

Fabio Gabrielli

https://www.fabiogabrielli.net/

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