Il 9 dicembre ore 21:30 presso la Sala Squarzina del Teatro Argentina di Roma si è svolta la cerimonia di premiazione.
Le attrici finaliste Leda Kreider, Arianna Pozzoli, Petra Valentini si sono esibite in pezzi tratti dalle loro recenti interpretazioni e al termine la Giuria composta da Maddalena Giovannelli, Katia Ippaso, Laura Palmieri, presieduta da Ennio Chiodi, ha consegnato:il Premio Virginia Reiter 2023
“miglior attrice under 35”
a
PETRA VALENTINI
il Premio Virginia Reiter 2023 a Petra Valentini,
indiscutibilmente una delle protagoniste della nuova scena italiana, e già
finalista nell’edizione 2016 del Premio Reiter per la sua interpretazione
accanto a Toni Servillo nello spettacolo Elvira, o della passione teatrale. Una
riflessione sull’arte dell’attore quella di Jouvet, che Petra Valentini ha
iniziato a sviluppare sin dalla sua infanzia, accanto alla sua famiglia di
teatranti professionisti. Un corpo minuto e un bel volto dai tratti regolari
che ricorda quello di alcune grandi interpreti del passato, capaci di
trasformarsi e diventare dei veri e propri giganti sulla scena. E sono tante e
diverse , per epoca e per stile, le interpretazioni che Petra Valentini ha sin
qui incarnato , dalle eroine classiche dei suoi inizi, come Alcesti, a quelle
sempre più moderne e contemporanee delle ultime stagioni , come la Signorina
Giulia diretta da Maurizio Schmidt, o la Hedda Gabler riscritta e diretta da
Liv Ferracchiati , fino alla giovane coprotagonista di Anatomia di un suicidio,
il testo della trentasettenne britannica Alice Birch portato in scena nella
scorsa stagione da Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni per
Lacasadargilla, spettacolo corale e tutto al femminile, candidato a molteplici
e importanti riconoscimenti. Ed è sicuramente anche questa volontà e capacità
di lavorare in ensemble, questo aderire profondamente ad una idea di teatro in
cui tutti, senza distinzioni di ruoli, possono emergere e contribuire all’esito
finale, la caratteristica forse più importante del percorso teatrale di Petra
Valentini. Un physique du rôle e un
temperamento da primadonna, che sono stati solo il punto di partenza per
arrivare a quello che oggi è diventato un solido e appassionato rapporto con il
mestiere del teatro.
il Premio alla Carriera a
LELLA COSTA
una donna che ha sempre saputo portare una linea
fortemente autoriale alle opere scelte per la rappresentazione di questo nostro
Paese, colto nelle sue aporie e contraddizioni. Sia come attrice che come
scrittrice ma anche come direttrice artistica, ha incarnato quel tipo di leggerezza
che, seguendo la lezione di Calvino, si accompagna all’ingresso in scena di
Mercuzio nel Romeo e Giulietta di Shakespeare. Il suo tratto aereo, lieve, non
le ha impedito di occuparsi seriamente delle diseguaglianze, riferite al genere
e alle classi sociali. Con lo strumento tagliente dell’umorismo, ha attraversato
i decenni tra teatro, cinema, tv, letteratura e narrazione orale, dimostrando
ogni volta la futilità della divisione tra cultura alta e cultura bassa. Come
ha dichiarato in una recente intervista, ha però un unico, nobile rimpianto, di
non essere riuscita a lasciare «un mondo migliore per i nostri figli e i
nostri nipoti».
il Premio
Europeo Giuseppe Bertolucci a BEATRIZ MAIA
per la
capacità di portare un segno personale, non omologato, nelle diverse forme di
rappresentazione artistica. Considerata nel suo paese l’astro nascente del
cinema e della tv portoghesi (di toccante realismo il suo lavoro da
protagonista nella recente serie Emilia), ha continuato a nutrire con
intelligenza e sensibilità le opere teatrali nelle quali è stata coinvolta. In
Italia abbiamo potuto apprezzare il lavoro fatto a fianco di Tiago Rodriguez e
degli altri magnifici attori in "Caterina e a bellezza de matar
fascistas”, opera originale e aspra, non facilmente convertibile in “genere di
consumo spettacolare”. In questa ruvida e coinvolgente opera teatrale, Beatriz
Maia ha assunto su di sé, con maturità e presenza, la rivolta della giovinezza,
con quello che di tragico e sconvolgente può innescare. Non è scontato che una
giovane attrice sappia affermare la propria personalità senza turbare il
disegno plurale dell’opera, facendosi officiante di un rito in cui anche lo
spettatore si sente chiamato a intervenire, pensare e scegliere.