Intervista a Luigi Iavarone.
Sono laureato in FARMACIA presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e, dopo avere esercitato
l’attività di farmacista-collaboratore presso una Farmacia della periferia romana (Torre Maura), ho maturato
una significativa esperienza professionale presso l’Industria Chimico-Farmaceutica SIGMA TAU S.p.A. di
Pomezia (Roma).
Successivamente sono stato assunto presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di
Roma dove ho dapprima sviluppato attività di studi e ricerche nel campo chimico-farmaceutico e in seguito
mi sono occupato di sicurezza sui luoghi di lavoro. In tale ambito ho svolto attività di docenza in “Medicina
del lavoro” sempre per l’Università “La Sapienza” di Roma, relativamente al Corso di laurea in “Tecniche della
prevenzione nell‘ambiente e nei luoghi di lavoro” - facoltà di Medicina e Chirurgia nonché attività di ricerca
presso il Dipartimento “Scienze della Formazione” dell’Università telematica “Guglielmo Marconi”.
Già Direttore della collana editoriale “Le Monadi” e Membro del Comitato Scientifico per la Collana “Lavoro
Etica Diritto” di Aracne Editrice attualmente sono Membro dell’Osservatorio “Media e Minori” di Co.Re.Com
Lazio e componente del Gruppo di lavoro per la “Valorizzazione della figura del farmacista” presso l’Ordine
dei Farmacisti di Roma.
Sono Autore di numerosi libri di carattere scientifico prevalentemente incentrati sulle tematiche concernenti
attività e condotte vessatorie e persecutorie perpetrate da soggetti in danno delle vittime (studi di
vittimologia) nonché articoli pubblicati in periodici specializzati.
Come nasce il libro e quale messaggio veicola?
Da una semplice ma cruciale domanda: il web, gli smartphone, i social network e tutte le altre forme di interazione socio-digitali hanno veramente comportato un miglioramento della qualità della vita nei giovani adolescenti? È da questo interrogativo che si riassume il problema del bullismo in rete, un fenomeno di crescente drammaticità che coincide soprattutto con il fallimento delle agenzie primarie educative quali la famiglia e la scuola. Il messaggio che si vuole trasmettere e che permea l’intero libro è la necessità ormai non più procrastinabile di creare un link comunicativo con i ragazzi, stabilendo canali e flussi empatici di discussione e ragionamenti con loro, quale strategia educativa nel favorire le motivazioni alla cultura delle “emozioni”, assumendosi la responsabilità di ricostituire ruoli e funzioni a cui da molto tempo si è abdicato.
Come, secondo lei, si può contrastare il fenomeno del bullismo?
Attraverso la proposizione di un modello di prevenzione che prevede tre diverse fasi, secondo il momento in cui riteniamo intervenire, e che può essere applicato sia ai potenziali bulli sia alle potenziali vittime. In merito, la prima fase (prevenzione primaria), volta a evitare che si manifestino problemi reali, prevede programmi specifici di Informazione e Formazione sul rischio rappresentato dal fenomeno. La seconda fase (prevenzione secondaria) è indirizzata a ragazzi e adolescenti “propensi” al rischio di manifestare condotte aggressive e violente. La terza infine (prevenzione terziaria) è rivolta a giovani che hanno già palesato comportamenti vessatori. Perché questa attività di prevenzione sia effettivamente efficace si dovranno conseguentemente predisporre adeguate misure di salvaguardia che comprendono, anche queste, tre passaggi chiave. Il primo passaggio è intervenire sui fattori di rischio, al fine di ridurli o attenuarli; il secondo, è agire sui fattori di protezione al fine di recuperare l’individuo aggressivo mediante percorsi emozionali idonei a sviluppare comportamenti relazionali empatici. Il terzo, infine, contempla una pronta attivazione di assistenza sui danni fisici ma soprattutto emozionali che il ragazzo ha ormai subìti nel passaggio dalla propensione agli atti vessatori alla violenza vera e propria.
Da una semplice ma cruciale domanda: il web, gli smartphone, i social network e tutte le altre forme di interazione socio-digitali hanno veramente comportato un miglioramento della qualità della vita nei giovani adolescenti? È da questo interrogativo che si riassume il problema del bullismo in rete, un fenomeno di crescente drammaticità che coincide soprattutto con il fallimento delle agenzie primarie educative quali la famiglia e la scuola. Il messaggio che si vuole trasmettere e che permea l’intero libro è la necessità ormai non più procrastinabile di creare un link comunicativo con i ragazzi, stabilendo canali e flussi empatici di discussione e ragionamenti con loro, quale strategia educativa nel favorire le motivazioni alla cultura delle “emozioni”, assumendosi la responsabilità di ricostituire ruoli e funzioni a cui da molto tempo si è abdicato.
Come, secondo lei, si può contrastare il fenomeno del bullismo?
Attraverso la proposizione di un modello di prevenzione che prevede tre diverse fasi, secondo il momento in cui riteniamo intervenire, e che può essere applicato sia ai potenziali bulli sia alle potenziali vittime. In merito, la prima fase (prevenzione primaria), volta a evitare che si manifestino problemi reali, prevede programmi specifici di Informazione e Formazione sul rischio rappresentato dal fenomeno. La seconda fase (prevenzione secondaria) è indirizzata a ragazzi e adolescenti “propensi” al rischio di manifestare condotte aggressive e violente. La terza infine (prevenzione terziaria) è rivolta a giovani che hanno già palesato comportamenti vessatori. Perché questa attività di prevenzione sia effettivamente efficace si dovranno conseguentemente predisporre adeguate misure di salvaguardia che comprendono, anche queste, tre passaggi chiave. Il primo passaggio è intervenire sui fattori di rischio, al fine di ridurli o attenuarli; il secondo, è agire sui fattori di protezione al fine di recuperare l’individuo aggressivo mediante percorsi emozionali idonei a sviluppare comportamenti relazionali empatici. Il terzo, infine, contempla una pronta attivazione di assistenza sui danni fisici ma soprattutto emozionali che il ragazzo ha ormai subìti nel passaggio dalla propensione agli atti vessatori alla violenza vera e propria.
Dal punto di vista istituzionale e politico cosa manca ancora per contrastare tale fenomeno?
Nonostante l’attenzione verso il cyberbullismo sia cresciuta negli ultimi anni, le difficoltà evidenti di avere dati quantitativi certi nonché la multifattorialità causale, i diversi ambiti di riferimento attraverso cui può svilupparsi e la potenza della Rete Internet che rende labili i confini nazionali, soprattutto nel mondo virtuale, richiederebbero una legislazione univoca a livello europeo per combattere efficacemente il fenomeno.
L'evoluzione della tecnologia quali conseguenze ha portato nell'attuale società?
Con l’inizio del terzo millennio si sono imposte nuove forme di divulgazione come quella dei media digitali, in grado di rispondere alle necessità relazionali di tutti coloro che utilizzano il web come strumento di comunicazione quotidiana. Questi cambiamenti sono particolarmente sentiti dalla cosiddetta “generazione digitale”; un semplice click sulla tastiera del proprio PC e, come afferma il sociologo canadese McLuhan, si è immediatamente parte di un grande “villaggio globale”, un mondo di individui e comunità che scambiano notizie, informazioni senza vicinanza fisica e sincronicità temporale. Il che ha intimamente modificato la nostra quotidianità nel modo di dialogare e confrontarsi con gli altri. È un mutamento epocale, una metamorfosi non solo culturale ma antropologica che lega l’esistenza al turbinio della velocità tecnologica digitale. Questa “rivoluzione digitale”, dove le relazioni sociali e affettive sono intimamente interconnesse con la rete, ha determinato in tutti noi ma soprattutto nei giovani internauti un uso dilatato, assiduo e distorto degli smartphone, tablet e videogame, generando impennate di condotte vessatorie in un arco di tempo molto ristretto che trovano terreno fertile nel cosiddetto fenomeno del cyberbullismo. La sottovalutazione di tale fenomeno ha comportato una mancata considerazione della pericolosità di questi strumenti ipertecnologici, sorvolando sulla “faccia oscura” che internet può costituire in termini di violazione dei dati personali e di esposizione a contenuti offensivi e pericolosi, ovvero un’arma “letale” a disposizione del cyberbullo di turno, in grado di provocare danni e ferite difficilmente risanabili.
Con l’inizio del terzo millennio si sono imposte nuove forme di divulgazione come quella dei media digitali, in grado di rispondere alle necessità relazionali di tutti coloro che utilizzano il web come strumento di comunicazione quotidiana. Questi cambiamenti sono particolarmente sentiti dalla cosiddetta “generazione digitale”; un semplice click sulla tastiera del proprio PC e, come afferma il sociologo canadese McLuhan, si è immediatamente parte di un grande “villaggio globale”, un mondo di individui e comunità che scambiano notizie, informazioni senza vicinanza fisica e sincronicità temporale. Il che ha intimamente modificato la nostra quotidianità nel modo di dialogare e confrontarsi con gli altri. È un mutamento epocale, una metamorfosi non solo culturale ma antropologica che lega l’esistenza al turbinio della velocità tecnologica digitale. Questa “rivoluzione digitale”, dove le relazioni sociali e affettive sono intimamente interconnesse con la rete, ha determinato in tutti noi ma soprattutto nei giovani internauti un uso dilatato, assiduo e distorto degli smartphone, tablet e videogame, generando impennate di condotte vessatorie in un arco di tempo molto ristretto che trovano terreno fertile nel cosiddetto fenomeno del cyberbullismo. La sottovalutazione di tale fenomeno ha comportato una mancata considerazione della pericolosità di questi strumenti ipertecnologici, sorvolando sulla “faccia oscura” che internet può costituire in termini di violazione dei dati personali e di esposizione a contenuti offensivi e pericolosi, ovvero un’arma “letale” a disposizione del cyberbullo di turno, in grado di provocare danni e ferite difficilmente risanabili.
Come aiutare i genitori a educare i propri figli per contrastare la violenza di genere, il cyberbullismo ed
inculcare valori più genuini alle nuove generazioni?
La famiglia riveste un ruolo centrale nella prevenzione degli atti di bullismo e di violenza e in particolare di bullismo in rete. Di fronte a episodi di cronaca quotidiana che vedono ragazzi sempre più coinvolti in comportamenti devianti, ci si domanda con grande preoccupazione quale siano i comportamenti più adeguati che i genitori devono adottare affinché tali fatti non accadano. Il suggerimento che si propone è innanzitutto stabilire una reale ed empatica comunicazione tra genitori e figli, basata su un dialogo fattuale e aperto alla “disponibilità” e “all’ascolto”, senza preclusioni o atteggiamenti giudicanti. Questo implica l’evitamento di un forte controllo sull’attività on line del proprio figlio (messaggi o fotografie postate nel cellulare) ottenendone la piena fiducia e apertura nella relazione genitoriale così da “pre-vedere” e anticipare le condotte devianti dei giovani adolescenti. Tale rapporto dialogale si concretizzerà nel momento in cui il figlio sarà di fronte a esperienze negative che dovranno essere immediatamente contestualizzate quali normali difficoltà che la vita ci pone quotidianamente, convalidandole anziché criticarle. In questo modo ci sarà l’opportunità di essere parte attiva del processo decisionale su quale azione intraprendere. D’antro canto, essere aperti e disponibili implica anche la presa di coscienza che esiste comunque un’entità di rischio che la figura genitoriale deve assumersi, consentendo al proprio figlio libertà di azione nel prendere decisioni che ritiene più giuste, anche perché è praticamente impossibile un’attività di controllo h 24, sette giorni su sette.
Obiettivi futuri?
La linea professionale direi che è stata tracciata da molti anni con diversi studi che si soffermano sulle variegate forme di aggressività e violenza, espressioni di una fragilità sempre più evidente ed estesa all’interno della società odierna. Partendo dalla visione che il filosofo Platone ha del comportamento umano in quanto “Tutto ciò che l’uomo apprende è già in lui” le mie ricerche future proseguiranno in un viaggio emozionale all’interno dell’individuo per scoprire le emozioni e le motivazioni che determinano la costruzione di un’autentica identità e pienezza del proprio essere.
La famiglia riveste un ruolo centrale nella prevenzione degli atti di bullismo e di violenza e in particolare di bullismo in rete. Di fronte a episodi di cronaca quotidiana che vedono ragazzi sempre più coinvolti in comportamenti devianti, ci si domanda con grande preoccupazione quale siano i comportamenti più adeguati che i genitori devono adottare affinché tali fatti non accadano. Il suggerimento che si propone è innanzitutto stabilire una reale ed empatica comunicazione tra genitori e figli, basata su un dialogo fattuale e aperto alla “disponibilità” e “all’ascolto”, senza preclusioni o atteggiamenti giudicanti. Questo implica l’evitamento di un forte controllo sull’attività on line del proprio figlio (messaggi o fotografie postate nel cellulare) ottenendone la piena fiducia e apertura nella relazione genitoriale così da “pre-vedere” e anticipare le condotte devianti dei giovani adolescenti. Tale rapporto dialogale si concretizzerà nel momento in cui il figlio sarà di fronte a esperienze negative che dovranno essere immediatamente contestualizzate quali normali difficoltà che la vita ci pone quotidianamente, convalidandole anziché criticarle. In questo modo ci sarà l’opportunità di essere parte attiva del processo decisionale su quale azione intraprendere. D’antro canto, essere aperti e disponibili implica anche la presa di coscienza che esiste comunque un’entità di rischio che la figura genitoriale deve assumersi, consentendo al proprio figlio libertà di azione nel prendere decisioni che ritiene più giuste, anche perché è praticamente impossibile un’attività di controllo h 24, sette giorni su sette.
Obiettivi futuri?
La linea professionale direi che è stata tracciata da molti anni con diversi studi che si soffermano sulle variegate forme di aggressività e violenza, espressioni di una fragilità sempre più evidente ed estesa all’interno della società odierna. Partendo dalla visione che il filosofo Platone ha del comportamento umano in quanto “Tutto ciò che l’uomo apprende è già in lui” le mie ricerche future proseguiranno in un viaggio emozionale all’interno dell’individuo per scoprire le emozioni e le motivazioni che determinano la costruzione di un’autentica identità e pienezza del proprio essere.