Miriam D'Ambrosio ci regala un tocco di storia e passione con "Folisca". Questo romanzo cattura l'anima della Milano del 1913, offrendo una prospettiva autentica e un'incredibile voce a Rosetta Andrezzi. La storia di Rosetta è un richiamo alla giustizia e all'umanità e ci ricorda l'importanza di dare voce a chi è stato dimenticato. "Folisca" è una lettura coinvolgente che non lascia indifferenti.
Ciao Miriam,
è un piacere averti con noi oggi. Cominciamo con una domanda sulla tua
ispirazione per il romanzo "Folisca". Cosa ti ha spinto a scegliere
la storia di Rosetta Andrezzi come soggetto per il tuo libro?
La storia di Rosetta Andrezzi mi è entrata nell’anima, mentre camminavo per le vie di Milano ascoltando Valeria Celsi, una guida turistica che raccontava di antiche case chiuse, delitti e segreti. La vicenda di questa ragazza che vuole costruire un futuro diverso dal suo presente, che sogna di vivere della sua arte e va incontro ad una fine violenta senza avere mai giustizia, mi ha catturato.
La sinossi
del tuo romanzo "Folisca" ci presenta una Milano immersa nella Belle
Époque e una protagonista, Rosetta Andrezzi, che sembra incarnare la vivacità
artistica e culturale dell'epoca. Come hai affrontato la ricerca storica e la
creazione del contesto storico per il tuo libro?
La Belle époque è un periodo che mi affascina. Ho cercato notizie sulla moda, gli abiti, le stoffe usate in quegli anni. Ho letto un minuscolo libretto scritto da Leonardo Sciascia in cui l’autore ricostruisce l’esatta dinamica della morte della giovane, mi sono documentata sulla piccola malavita locale, la “ligéra” e ho letto articoli dell’epoca. Ho ascoltato la canzone dedicata alla Andrezzi sia da Milly che da Nanni Svampa.
Nel tuo
romanzo, un giornalista si impegna a smentire la versione ufficiale degli
eventi e a cercare la verità. Qual è il ruolo
dei media e del giornalismo nella storia di Rosetta e quanto pensi che questa
narrativa possa essere rilevante anche oggi, in un'epoca in cui la verità e
l'etica giornalistica sono spesso messe in discussione?
Il giornalista che
si impegna a smentire la versione ufficiale è ancora un uomo che combatte il
potere istituzionale, che vuole giustizia per i figli del popolo a cui lui
stesso appartiene. Viene fuori lo spirito socialista del direttore dell’
“Avanti”, l’unico a contraddire la versione ufficiale della Questura sulla
morte della giovanissima artista. Il giornalista in questione vuole consegnare
alla gente di Milano la verità, anche se la gente la conosce già, sa che
Rosetta non avrebbe mai messo fine ai suoi giorni nel momento in cui era stata
scritturata persino dal Gambrinus di Napoli.
Non c’era morbosità nella ricerca della verità, non in questo caso, almeno. Credo bisognerebbe tornare all’essenza della notizia, evitando che la cronaca nera diventi una forma di intrattenimento.
Puoi condividere con noi il processo di creazione dei personaggi, in particolare il personaggio di Rosetta Andrezzi? Come hai dato vita a questa figura storica e cosa hai cercato di trasmettere attraverso di lei?
La prima voce che
ho cercato è stata quella di lei. L’ho sentita vicina, intima. Quella innocenza
calpestata può appartenere a chiunque e io l’ho fatta mia. Rosetta è una
figlia, una sorella, sono io. Certamente è stata una vittima, è evidente, ma a
me è sembrato in alcuni momenti di percepire la sua gioia. Ho immaginato per
lei un amore puro, un’amica che è quasi una madre, ho voluto dare voce a sette
uomini che entrano nella sua vita, sfiorandola, amandola, violandola. E’ una
sorta di “coro maschile” e ciascuno racconta di lei.
Attraverso Rosetta ho cercato di trasmettere la bellezza del talento, della tenacia, la forza di un sogno che, in parte, viene realizzato. Ho voluto dire che, a distanza di tempo, il suo nome è ricordato, dunque lei vive e con lei le donne e gli uomini d’ogni tempo, vittime di abusi di potere. Rosetta è un fiore ed è vero che “dal letame nascono i fior”.
Infine, hai
progetti futuri in cantiere? Cosa possiamo aspettarci di vedere da te nel mondo
della scrittura?
Un progetto in
cantiere c’è ma non ha ancora preso forma. Al centro ci sono le donne del
dopoguerra, le lavoratrici di un’Italia che usciva dalla distruzione con
un’energia fortissima data dalla speranza.