Enrico VIII alla Monnaie di Bruxelles: fra quadri viventi, gioco di contrasti, danza e sottigliezza psicologica. La recensione di Fattitaliani


Dopo il successo di Bastarda (recensione e interviste di Fattitaliani), La Monnaie di Bruxelles continua il suo ciclo dedicato alla dinastia Tudor con l'opera Enrico VIII di Camille Saint-Saëns, in scena fino al 27 maggio. Gli intrighi sentimentali e politici del re d'Inghilterra hanno offerto al compositore francese il materiale ideale per una partitura ricca di contrasti, tradotta in scena con garbo e talento dal regista Olivier Py, stimolato dalla sfida di riproporre un'opera poco nota al grande pubblico.
I fatti storici raccontati danno l'occasione di riflettere su temi sempre attuali, innanzitutto la separazione del potere statale-politico da quello religioso e la secolarizzazione del mondo, ma anche l'analisi e lo scandaglio dell'animo umano, di uomini e donne che lottano con i propri sentimenti, mettendoli a servizio o facendoli soccombere alla luce della ragion di Stato.
L'effetto teatrale-drammaturgico è immenso, perfettamente coerente con la conduzione musicale del M° Alain Altinoglu, segno e testimonianza di un lungo lavoro sinergico a monte.

Anche la danza (coreografie di Ivo Bauchiero) si rivela un elemento imprescindibile con lo scopo di offrire una scenografia sempre in movimento con i ballerini parte attiva della messa in scena per accompagnare e sottolineare momenti del racconto o per la "ricostruzione" di quadri di Tintoretto che restituiscono visivamente inquadrature e segmenti narrativi.

Il movimento è reso anche fisicamente da alcuni elementi che irrompono sulla scena come il cavallo montato da Enrico VIII e la testa del treno che sbuca dallo sfondo della scenografia.

Spettacolare la scenografia di Pierre-André Weitz, che rappresenta una città notturna e un palazzo in perenne decostruzione e ricostruzione, ispirato al rinascimentale Teatro Olimpico di Vicenza. L'alternanza di spazi diversi, ampi o ristretti, riflettono la dimensione psicologica dei personaggi che vi agiscono.

Efficace il gioco dei contrasti in termini di luci (Bertrand Killy) e costumi (Pierre-André Weitz): Anna Bolena è l'unica ad indossare il rosso assieme ai rappresentanti della Chiesa su uno sfondo generale scuro e nero, come gli abiti degli altri personaggi.





La scena più bella? Il processo per l'annullamento del matrimonio fra Enrico VIII e Caterina d'Aragona: il coro diretto dal M° Stefano Visconti dà il massimo, il baritono-basso francese Vincent Le Texier esprime e incarna le preoccupazioni della Chiesa Cattolica per l'imminente scisma, la regia dei movimenti e della repentina trasformazione dei prelati in persone del popolo è eccelsa. L'insieme convulso dà perfettamente l'idea della delicatezza e della storicità del momento che si sta vivendo.

A livello di interpreti, abbiamo ammirato particolarmente, oltre al già citato Le Texier, il carisma del baritono belga Lionel Lhote nell'interpretare il protagonista, come anche la voce del soprano francese Marie-Adeline Henry, che nella sua potenza e delicatezza rispecchiava i valori di un mondo che sta per essere sconvolto.
Tre ore e mezza di puro spettacolo, complesso e completo: nell'intervallo è previsto anche un numero coreografico nella Piazza della Monnaie. Giovanni Zambito.


Fattitaliani

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