Martin Luther King... Il sogno continua. Intervista al giornalista Paolo Borgognone sulla biografia "I Have a Dream"



Intervista di Ilaria Solazzo
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È senza dubbio complicato affrontare l'argomento del razzismo se non si conosce il pensiero e la storia di Martin Luther King Jr, attivista statunitense e politico senza paura che ha portato avanti per buona parte della sua esistenza altissimi ideali di pace ed uguaglianza. "I Have a Dream" è il titolo della biografia che, per Dirkos editore, gli ha dedicato il giornalista Paolo Borgognone. Un titolo non scelto a caso perché questa frase - pronunciata dal Reverendo nel 1963 - è sempre stato il suo motto: King, infatti, voleva mettere allo stesso livello i neri e i bianchi d'America. E ci è riuscito grazie al suo coraggio e al desiderio di donare alle generazioni future un mondo più unito, un posto dove la diversità non fosse più vista come qualcosa da tenere a bada. Ne parliamo con l’autore.

D. Il pensiero di Martin Luther King è ancora vivo, perché xenofobia e razzismo esistono anche oggi nella società. Giusto?

R. Martin Luther King ha lottato per il suo sogno: rompere le catene delle discriminazione legate al collo dei neri d’America. A questo ideale ha sacrificato la sua vita, affrontando senza paura quella larga fascia di popolazione bianca arroccata nel proprio bigottismo, nella paura del diverso e nei vantaggi economici di una società rimasta quasi immobile dai tempi della schiavitù. Cosa ancora più importante, lo ha fatto utilizzando un'arma molto più efficace della violenza: la parola. Attraverso discorsi alla popolazione nera e a quei bianchi che avevano capito quanto fosse ingiusta la condizione in cui vivevano i loro simili (oppressi solo perché avevano una carnagione diversa), Martin Luther King è entrato nel cuore della gente e ha reso possibile una rivoluzione che ha cambiato il mondo. Anche se oggi gli stessi problemi sono ancora presenti, la risposta che il Reverendo diede rimane attualissima e anzi va studiata proprio perché continui a mantenere la sua forza dirompente. 

D. A Washington, il 28 agosto 1963, King ha lanciato uno dei messaggi più forti di tutta la sua lotta alle disuguaglianze davanti a oltre 200mila persone...

R. Sì. Disse "E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. È un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali. Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza. Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell'arroganza dell'ingiustizia, colmo dell'arroganza dell'oppressione, si trasformerà in un'oasi di libertà e giustizia. Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!”. Più netto e chiaro di cosi. Il suo discorso fu talmente d’impatto che alla Casa Bianca il presidente Kennedy - che sarebbe stato ucciso solo poche settimane dopo, commentò privatamente: “e’ proprio bravo”. 

D. Martin Luther King nacque il 15 gennaio del 1929 ad Atlanta (Georgia) in una famiglia di pastori della Chiesa battista. Conobbe fin da bambino il significato del razzismo: perché?

R. Nella sua città natale, la discriminazione verso i neri era difficile da sradicare e nessuno, fino a quel momento, era riuscito a dare dei chiari segnali di ribellione. Pur essendo ancora giovane, King non si lasciò abbattere dalle continue vessazioni né dalle percosse e non accettò passivamente di essere considerato un essere umano di serie B. La segregazione era un mostro: i bianchi potevano entrare in tutti i negozi, andare al cinema e passeggiare in gruppo mentre i neri non potevano farlo. E chiaramente vivevano in condizioni sociali ed economiche notevolmente peggiori. Per questo, Martin si impegnò fin da giovanissimo per cambiare la sua vita e quella delle numerose vittime della società americana del '900. 

D. Dopo aver concluso gli studi di filosofia ed essere diventato un pastore, ha avviato la sua campagna contro la segregazione razziale.  

R. La figura che lo ha ispirato più di tutti è stato Mahatma Gandhi, del quale ha fatto proprio il pensiero di pace e amore: solo attraverso una battaglia non-violenta avrebbe potuto mettere le basi per una società inclusiva. Con queste fondamenta iniziò a costruire un movimento che partì da Montgomery, in Alabama e via via toccò tutto il sud e poi tutto il Paese. E il mondo… 


D. King arrivò a traguardi mai raggiunti fino a quel momento, come la promulgazione del Civil Right Act del 10 febbraio 1964 ...

R. Subito dopo l’uccisione di Kennedy che ne era il promotore, il suo successore, Lyndon Johnson, promise che la legge avrebbe visto la luce. Con essa vennero abolite le discriminazione in tutti i servizi pubblici. Quello fu un anno ricco di successi per il Reverendo che ottenne anche il prestigioso (e meritatissimo) Premio Nobel per la Pace a soli 35 anni . All’epoca fu il più giovane vincitore di quel riconoscimento. 

D. Il nome di Martin Luther King viene sempre associato a Selma, perché?

R. Selma, in Alabama, è la città simbolo della lotta non violenta contro un sistema oppressivo e sanguinario. Da qui partì una marcia  per i diritti civili che riuscì a sconfiggere la miope reazione delle autorità locali che usarono bastoni e cani contro i contestatori, comprese le donne e i bambini. Quando il primo tentativo di marcia fu soffocato nel sangue - si parla ancora di Bloody Sunday per descrivere gli orribili accadimenti di quella domenica - King si mise alla testa del corteo e riuscì, col suo carisma, a forzare il blocco di polizia e guardia nazionale e portare con successo migliaia di persone sotto il Parlamento dello stato.

D. La morte di Martin Luther King ebbe anche un risvolto inaspettato e violento...

R. Proprio così. L'intera comunità nera, uscendo per strada nei ghetti d'America, si batté per rispondere alla provocazione e far valere i propri diritti e rivendicare giustizia, per se e per gli assassini del loro ispiratore. In molte città ci furono tumulti e alla fine si contarono quarantatré morti, cinquecento feriti e ventisettemila arresti.

D. Martin Luther King - lo abbiamo detto all’inizio - aveva un sogno. E quello dovrà vivere per sempre in noi. Vero?

R. In un mondo che non ha mai smesso di essere xenofobo e razzista è quanto mai importante riflettere sul pensiero di Martin Luther King, sulla sua lotta contro le discriminazioni e sul suo sogno di un’umanità più unita. Non sono le visioni di un teorico, ma deve essere l’impegno di tutti e ogni giorno per far sì che potremmo dire di aver lasciato ai nostri figli davvero un mondo migliore.


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