(l'intervista al regista Olivier Fredj)
di Giovanni Chiaramonte. "Once upon a time..." - dove "la Storia" diventa "una storia" - dà l'incipit, il registro, la chiave di lettura, l'indicazione che qualcosa di speciale sta cominciando: a La Monnaie il teatro si trasforma nella corte d'Inghilterra, diventa il territorio fisico dove Elisabetta I - fra immagini video riprese in teatro precedentemente e l'incanto della sua apparizione fisica nel corpo delle attrici e nella voce delle cantanti - si manifesta a noi spettatori meravigliati, sorpresi e sospesi fra incanto e partecipazione: "forse non siamo più il pubblico, forse siamo noi la corte di Elisabetta!".
Olivier Fredj (regista) e Francesco Lanzillotta (compositore e direttore d'orchestra) da una idea strabiliante di Peter De Caluwe (sovrintendente) hanno genialmente fatto di un "falso" ("Bastarda" è Elisabetta ma lo è anche forse quest'opera, figlia/non figlia di Donizetti) un "originale" che forse sarebbe piaciuto allo stesso sublime Maestro che per primo fece della musica drammaturgia, che forse sarebbe deliziato di trovare una sua nuova opera sbocciata da quattro sue creazioni, con un nuovo libretto e con inserti e raccordi moderni così in sintonia che si fondono fluidi con la musica del belcanto. Stra-piaciuta al pubblico brussellese, è una delle poche volte dove l'opera accoglie nel suo svolgimento il teatro - popolare e partecipato - senza perdere un'oncia della sua eleganza e del suo fascino regale. Il dialogo/gioco di specchi fra Elisabetta adulta (personaggio storico/canto) e Elisabetta bambina (voce interiore/recitazione) resterà negli annali; tutto è incanto in questa narrazione musicale/teatrale apparentemente semplice e deliziosa, che scorre in due serate dove il pubblico gode il piacere di esserci, in un teatro diventato corte elisabettiana; pubblico che, ebbro dalla meravigliosa musica, grato accetta questo ruolo di moderno/antico uomo di corte, partecipe giocoso in questa piccola epifania - fra realtà e finzione, storia e magia - che è il teatro. In questo gioco di riflessi fra Storia e invenzione, fra l'anima della persona e la sua immagine pubblica, fra la fiaba e il dolore, tutti abbiamo goduto di partecipare a questa complessa messinscena che nel suo essere dichiaratamente teatrale cosi tanto rassomiglia alla vita.
A La Monnaie incontriamo il compositore/direttore d'orchestra Francesco Lanzillotta
"Bastarda" potrebbe sembrare un'opera di Donizetti, ma non è esattamente così...Non è così: Bastarda racconta la vita di Elisabetta I dalla nascita fino a quando abdicherà al trono e alla sua morte. Viene raccontata attraverso le quattro opere di Donizetti Elisabetta al castello di Kenilworth, Anna Bolena, Maria Stuarda e Roberto Devereux. Si tratta di un progetto particolare, che definirei pilota: sarebbe riduttivo etichettarla come opera perché è uno spettacolo teatrale a 360 gradi, per cui le arti coinvolte sono svariate, dalla recitazione alla danza, oltre alla musica che non è esclusivamente lirica ma ha anche una discreta percentuale anche di musica sinfonica. E' un'idea che abbiamo avuto quattro anni fa attraverso la quale cerchiamo di aprire una porta nuova, in un contesto teatrale in cui cercare di fare qualcosa che fino a ieri non è stato fatto. Vedremo anche dalle reazioni del pubblico come e se questa idea è stata effettivamente giusta. Devo dire che le reazioni alle prime due serate sono state clamorosamente entusiastiche: il teatro ha risposto in maniera grandiosa, ne stiamo tutti strafelici.
Musicalmente come hai fatto? Cosa c'è di Donizetti e cosa c'è di tuo?In questa attività creativa originale ci sono stati dei momenti in cui ti sono tremati i polsi?
Sì, è chiaro che quando ti tuffi in un progetto cosi spericolato e che non ha precedenti, devi essere sempre consapevole che la linea fra una cosa banale e un gioiello è sottilissima e questa è una cosa che personalmente e tutto il team creativo abbiamo sempre avuto presente dall'inizio. Devo dire che l'entusiasmo di buttarsi in un progetto cosi nuovo ha superato di gran lunga i polsi che tremavano.
Quali sono stati i momenti più difficili?
Per esempio, trovare una drammaturgia che in qualche modo fosse credibile e facesse capire esattamente lo svolgimento dell'azione, dall'inizio alla fine. E una volta che la drammaturgia è stata trovata sul libretto, poi andava costruita musicalmente: all'inizio pensai che il focus doveva essere quello di costruire una struttura musicale che fosse il più possibile stabile seguendo l'architettura delle strutture classiche delle opere di Donizetti. In realtà, lavorando, mi sono reso conto che il presupposto era sbagliato perché questo significava ricostruire un'opera, quando significava strizzare l'occhio al melodramma, all'opera lirica facendo una cosa falsamente nuova. A volte la struttura musicale aveva bisogno di essere sorretta, a volte la rottura totale anche violenta non era un'idea peregrina: rompere la struttura musicale -come con dei dialoghi improvvisi o inserendo improvvisamente musica contemporanea che crea una frattura con il linguaggio classico- in realtà, teatralmente, funziona benissimo se supportata da un'idea registica forte.
L'idea sicuramente c'era perché lo spettatore ha l'impressione di assistere a un'opera assolutamente omogenea e non si avvertiva alcuna frattura. Dall'altra parte, si aveva la percezione di sentire Donizetti, di avere visto una storia che si conosceva ma che in realtà nasceva lì.
Son contento che mi dici questo perché questo era esattamente l'intento che avevamo: durante questi quattro anni di creazione c'è stato un momento nel quale ci siamo detti "è inutile spaventarci di osare, perché se hai troppa paura di creare un progetto nuovo si rischia di accantonarlo"; quindi, abbiamo tentato accettando l'idea che sarebbe potuto essere un fallimento senza però la paura di aver nulla da recriminare. Avventurarsi in un progetto del genere e averne allo stesso tempo il terrore sarebbe a priori decretarne la sconfitta.
Il sovrintendente Peter de Caluwe ha avuto questa idea. Ha proposto prima al regista, Olivier Fredj, di scrivere una sinossi e poi nel 2018 con me abbiamo cominciato a parlare di tutto quello che concerne l'aspetto musicale. Già soltanto scegliere i numeri musicali ha comportato tantissimo tempo per non parlare poi del collegamento fra tutti i numeri. Paradossalmente, la cosa più semplice per un compositore come me è scrivere musica ex novo, perché nel momento in cui scrivi musica sei libero da vincoli, quando invece devi collegare musica già esistente c'è un vincolo stilistico e anche un vincolo legato alla struttura del numero che stai costruendo.
Una domanda da cento milioni di dollari! Sono due mestieri meravigliosi: confesso che l'atto creativo in sé dà un appagamento totale, definitivo e quasi imprescindibile.
BASTARDA
Direction musicale & arrangements musicaux FRANCESCO LANZILLOTTA
Concept artistique, script & mise en scène OLIVIER FREDJ
Adaptation & dialogue YANN APPERRY & OLIVIER FREDJ
Décors & éclairages URS SCHÖNEBAUM
Costumes PETRA REINHARDT
Vidéo SARAH DERENDINGER
Chorégraphie AVSHALOM POLLAK
Collaboration artistique CECILIA LIGORIO
Dramaturgie MARIE MERGEAY
Chef des chœurs GIULIO MAGNANINI
Elisabetta MYRTÒ PAPATANASIU FRANCESCA SASSU (21.3, 1.4)
Anna Bolena SALOME JICIA
Leicester ENEA SCALA
Enrico LUCA TITTOTO
Giovanna Seymour & Sara RAFFAELLA LUPINACCI
Amy Robsart VALENTINA MASTRANGELO
Maria Stuarda LENNEKE RUITEN
Roberto Devereux SERGEY ROMANOVSKY
Nottingham BRUNO TADDIA
Smeton DAVID HANSEN
Cecil GAVAN RING
Elisabetta enfant NEHIR HASRET (21, 23.03 & 1, 2, 4, 6, 11, 13.04), HADLEY DEAN RANDERSON (25, 28, 30.03 & 8, 15, 16.04)
Orchestre symphonique et chœurs de la Monnaie
Académie des chœurs de la Monnaie s.l.d. de Benoît Giaux
Production LA MONNAIE
Avec le soutien de LOTERIE NATIONALE
En coproduction avec Shelter Prod et Prospero MM Productions, avec le soutien de Taxshelter.be et ING
Avec le soutien du Tax Shelter du gouvernement fédéral belge
foto Bastarda: Simon Van Rompay - copyright
foto Francesco Lanzillotta: Manuela Giusto