Mostra "I Wish It Was Mine" Galleria Alberta Pane Venezia da sabato 1 aprile



A partire da sabato 1 aprile, la sede veneziana della Galleria Alberta Pane ospita l’esposizione collettiva I Wish It Was Mine. La mostra riunisce opere di otto artisti internazionali: Claire Fontaine, Gelitin, Miná Minov, Ivan Moudov, Alban Muja, Anri Sala, Selma Selman e Ulay. Installata nel corridoio d’ingresso, l'opera sitespecific di Ivan Moudov The One Minute Stalker avvia l’esposizione, dando da subito centralità alla nozione di desiderio del film di Tarkovskij del 1979. «Sono stato invitato a organizzare una mostra collettiva alla Galleria Alberta Pane. Ho cercato di scegliere opere che avrei voluto fossero mie o che avrei voluto realizzare. A volte è proprio questa la spinta propulsiva che fa nascere la collezione di un artista. Ispirandomi al film di Tarkovskij, Stalker, ho cercato di costruire una narrazione che guidasse i visitatori attraverso la “Zona”, alla ricerca di quel luogo mitico conosciuto come “La Stanza”. Si dice infatti che chiunque entri nella “Stanza” veda immediatamente esauditi i propri desideri terreni; accedendovi emergono però solo quelle che sono le vere aspirazioni individuali. Nella “Stanza” le opere selezionate di sette artisti eccezionali esplorano i desideri umani, nelle loro accezioni e complessità. Insieme, tutte le opere di questa esposizione danno vita a uno spazio di contemplazione e riflessione, dove i confini della realtà vengono superati e l'immaginazione viene liberata. Come lo Stalker, che conduce i suoi compagni attraverso la “Zona” per scoprire i loro desideri più reconditi, 

I Wish It Was Mine invita lo spettatore a esplorare i propri sogni, a superare i confini della realtà e ad abbracciare l’ignoto». 

 - Ivan Moudov VERNISSAGE: Sabato, 1 APRILE, dalle ore 17 alle 2 0 I Wish It Was Mine CLAIRE FONTAINE GELITIN MINÁ MINOV IVAN MOUDOV ALBAN MUJA ANRI SALA SELMA SELMAN ULAY 1 aprile 3 giugno 2023 Date e Orari della mostra 01.04.2023 - 03.06.2023 martedì - sabato, 10.30 - 18.30 Per maggiori informazioni albertapane.com martina @albertapane.com 041 5648481 Galleria Alberta Pane Dorsoduro 2403H Calle dei Guardiani 30123, Venezia Italia Instagram @galeriealbertapane

Attiva dal 2018 a Palermo, Claire Fontaine è un’artista concettuale femminista, creata nel 2004 a Parigi da Fulvia Carnevale e James Thornhill che, mediante un espediente di desoggettivizzazione, si sono dichiarati i suoi assistenti. Attingendo al nome di una popolare marca francese di cancelleria, l'artista fa del readymade la sua cifra stilistica: scultura, installazione, video e pittura sono alcuni dei media attraverso i quali prende forma una riflessione sulla società capitalistica contemporanea, la sua politica e gli eventi globali, come nel caso dell’installazione Untitled (same war time zone) in mostra in galleria. L’artista ha esposto in luoghi e istituzioni quali: MAXXI (Roma), MACRO (Roma), Jardin des Tuileries (Parigi), Galerias Municipais (Lisbona), Palazzo Ducale (Genova), Le Confort Moderne (Poitiers), Städtische Galerie Norhdorn (Nordhorn), Académie de France à Rome - Villa Medici (Roma), Jewish Museum (New York), RCCA Wattis (San Francisco), The Swedish Contemporary Art Foundation (Stoccolma), Museion (Bolzano), MUSAC (Castilla y León), Museum of Contemporary Art (North Miami). 

 Gelitin è un collettivo formatosi a Vienna dagli artisti Ali Janka, Florian Reither, Tobias Urban e Wolfgang Gantner, conosciutisi nel 1978. Dal 1993 lavorano insieme, distinguendosi sulla scena internazionale per le loro performance e installazioni dal carattere umoristico e sfrontato. Elemento centrale della loro pratica è il coinvolgimento del pubblico, invitato a prendere parte all’opera e a fare proprie nuove prospettive. In mostra l’installazione Autumn Leaf - The Gelatin Flag (2023), realizzata per la prima volta nel 2020 per il Palazzo Nazionale di Cultura a Sofia, in Bulgaria, su commissione della MUSIZ Foundation. Gelitin ha rappresentato l’Austria alla Biennale di Venezia del 2001 e ha esposto e realizzato performance nelle più importante istituzioni artistiche. Il suo lavoro è in collezioni pubbliche quali Belvedere (Vienna), MUMOK (Vienna), Thyssen Bornemisza Art Contemporary (TBA21) (Vienna), Essl Museum (Klosterneuburg, Austria), Lentos Kunstmuseum (Linz, Austria), MdM, Salzburg, Foundation Pinault (Venezia), Sammlung Falkenberg (Amburgo), Centre Pompidou (Parigi), Musée d’art moderne de la Ville de Paris, La Maison Rouge (Paris), MONA (Tasmania) e Musée de la Chasse et de la Nature (Parigi). 

 Miná Minov è un artista bulgaro (1982) che lavora soprattutto con video dal carattere performativo, installazioni interattive e talvolta performance, spaziando tuttavia anche verso progetti più concettuali o per nulla concettuali. Le sue opere sono spesso costituite da semplici meccanismi, impiegati dal proprio corpo o da quello di qualcun altro. L’artista è infatti interessato alla presenza corporea e al modo in cui essa attira elementi attorno a sé. In I Wish It Was Mine Miná Minov presenta l’installazione partecipativa Observatory #3. Miná Minov ha studiato scultura all’Accademia Nazionale delle Arti, a Sofia e Pittura al Frank Mohr Instituut a Groningen. Ha inoltre preso parte a residenze artistiche negli Stati Uniti presso Marvin Gardens, Ridgewood (NY) e Lower Manhattan Cultural Council (NY). Ha esposto in istituzioni quali Goethe Institut Bulgarien - ICA-Sofia (Sofia), Contemporary Space (Varna), KCB (Belgrade), Sofia Art Gallery, Zieher Smith (New York), Vaska Emanouilova Gallery (Sofia), Biennial of young artists (Bucharest), Museum Belvedere (Heerenveen, Paesi Bassi), Nest (L’Aja), National Gallery of Foreign Art (Sofia), National Archeological Museum (Sofia), Marvin Gardens (New York), One night stand gallery (Sofia) e CBK, Groningen (Paesi Bassi). Artisti Miná Minov, Observatory #3, 2008-2023, installazione interattiva. Claire Fontaine, Untitled (Same war time zone), 2016-2023. Orologio da parete a batteria, carta e nastro adesivo. Courtesy Claire Fontaine e Air de Paris. Gelitin, Autumn Leaf - The Gelatin Flag, 2020, 3 bandiere, 4.5 x 2.5 m. Courtesy MEYER*KAINER, Vienna. G

Ivan Moudov (1975, Sofia). La pratica dell’artista spazia dalla fotografia al video, alla performance e all'installazione. Il suo lavoro, dalla forte carica metaforica, mette in discussione le condizioni sociopolitiche ed economiche dell'arte e il suo rapporto con i sistemi di potere. Sovvertendo le norme e le regole esistenti, l'artista mira a svelare i meccanismi del loro funzionamento. Concepire e organizzare questa mostra è risultato per l’artista un lavoro processuale in sé. Le opere di Ivan Moudov, esposte per lo più nel corridoio d’ingresso, danno avvio alla narrazione. The One Minute Stalker offre la possibilità di una visione unica del film iconico di Tarkovsky, condensando i suoi 161 minuti in un'immagine monumentale, composta da frammenti di un minuto ciascuno. Ogni elemento rappresenta una micro-azione che insieme alle altre forma delle file di piccole capsule temporali. Il trascorrere di un minuto è seguito da una schermata buia della durata anch’essa di un minuto. Il suono è composto da Sibin Vasilev. L'installazione mira a esplorare la percezione spaziale delle singole micro-immagini, permettendo agli spettatori di immergersi in un ambiente visivo che innesca sensazioni mentali e corporee relazionate al concetto di tempo. Tra le sue partecipazioni più importanti in biennali e istituzioni ricordiamo, tra le altre, la 52ª Biennale di Venezia, Manifesta 4 (Francoforte), Manifesta 14 (Pristina), Moderna Museet (Stoccolma), Cabaret Voltaire (Zurigo), Kunstverein Braunschweig (Braunschweig), 1st Moscow Biennale of Contemporary Art (Mosca), Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig - MUMOK (Vienna). Alban Muja (Kosovo, 1980) è un artista multidisciplinare. La sua pratica è influenzata dai processi di trasformazione sociale, politica ed economica in corso nel suo paese e nei Balcani in senso lato. Iniziato nel 2020, Above Everyone è un progetto ancora in corso che evidenzia l'interesse dell'artista per strutture nascenti e immobilità urbana e che mette in luce la realtà dell'architettura Kosovara del dopoguerra. Il progetto mostra come le residenze private siano state costruite sopra a edifici pre-esistenti senza i permessi delle autorità locali, violando i codici abitativi. Questa soluzione fai-da-te è stata adottata da molti cittadini che hanno perso le loro case durante la guerra. In I wish It Was Mine Muja presenta un acquerello che raffigura la grande installazione creata per Manifesta 14 a Pristina, insieme a un oggetto originale della sua casa sul tetto, "The Awning". Muja aveva infatti installato illegalmente una casa sul tetto dell'ex grande magazzino Gërmia di Pristina. L'edificio doveva essere demolito, ma poi, come accaduto per molti altri edifici moderni ex jugoslavi della città, è stato temporaneamente salvato grazie all'opposizione pubblica. 

Alban Muja ha rappresentato il Kosovo alla 58ª Biennale di Venezia. Ha inoltre partecipato a esposizioni in eventi e istituzioni quali: The National Gallery of Kosovo (Pristina), Center for Contemporary Arts (Celie, Slovenia), ISCP (New York), MAXXI (Roma), 3rd Industrial Art Biennial (Rijeka), Ludwig Museum (Budapest), viennacontemporary (Vienna), Museum Of Contemporary Art (Skopje), Autostrada Biennale (Prizren, Kosovo), Kumu Art Museum (Tallinn), Guangdong Museum of Art (Guangzhou, China), National Gallery of Art (Varsavia), Austrian Cultural Forum (New York),, Museum of Modern and Contemporary Art of Rijeka, Staatliche Kunsthalle Baden-Baden (Germania), KC Tobačna 001-Mesnta Museum (Lubiana), Moscow International Biennale. 

Anri Sala (Tirana, 1974. Vive e lavora a Berlino). Trasformazione e tempo sono elementi sostanziali delle sue opere, create attraverso una pluralità di relazioni tra immagini, architetture e suono, che permettono all’artista il rovesciamento e la messa in discussione dell’esperienza. Le opere di Anri Sala analizzano fratture del linguaggio, della sintassi e della musica al fine di convalidare o invalidare narrazioni e composizioni, dando così vita a nuove interpretazioni della storia. Le jour de gloire est arrivé si compone di tre fotogrammi dell’opera dell’artista del 2017 Take Over, legata a due celebri composizioni musicali: la Marsigliese e l'Internazionale. Scritta nel 1792, la Marsigliese era strettamente legata alla Rivoluzione francese, ma si diffuse rapidamente anche in altri Paesi dove divenne simbolo del rovesciamento di regimi oppressivi. Anche il testo dell'Internazionale del 1871 fu inizialmente musicato con la Marsigliese, fino al 1888, quando fu composta la musica originale e la canzone divenne l'inno del movimento socialista. Entrambi gli inni hanno subito importanti cambiamenti nella loro evocazione politica: dalla rivoluzione, alla restaurazione, al socialismo, alla resistenza e al patriottismo, fino all'associazione con la colonizzazione e l'oppressione nella seconda metà del XX secolo (rispettivamente come inni nazionali della Francia e dell'Unione Sovietica). Eppure, ancora oggi, il loro significato è in continua evoluzione, poiché le due canzoni hanno continuato ad essere appropriate. Take Over rende udibile la stretta relazione tra questi due inni politici e analizza la parentela musicale alla ricerca di tracce di questo mutevole significato simbolico. Il lavoro di Sala è stato mostrato in mostre personali presso: la Bourse de Commerce, Paris (2023), Kunsthaus Bregenz (2021), Buffalo Bayou Park Cistern, Houston (2021), Centro Botìn, Santander (2019), Mudam, Luxembourg (2019), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino (2019), Museo Tamayo, Mexico City (2017), New Museum, New York (2016), Haus der Kunst, Munich (2014), Centre Pompidou, Paris (2012), Serpentine Gallery, London (2011), Museum of Contemporary Art North Miami (2008) e ARC, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2004). L’artista ha anche partecipato a importanti esposizioni collettive e biennali internazionali, tra cui la 57ª Biennale di Venezia (2017), dOCUMENTA (13) (2012), la 29ª Biennale di São Paulo(2010) e la 4ª Berlin Biennale (2006). Nel 2013 ha rappresentato la Francia alla 55ª Biennale di Venezia. Selma Selman (1991) è cresciuta nel villaggio della comunità rom di Ružica, in Bosnia-Erzegovina. È stata la prima studentessa rom a conseguire un BFA presso il Dipartimento di Pittura dell'Università di Banja Luka nel 2014. Nel 2018 si è laureata alla Syracuse University con un MFA in Transmedia, Visual and Performing Arts. Le sue opere fanno parte di numerose collezioni internazionali e ha ricevuto molteplici premi. Nel 2021 ha partecipato a una residenza ad Amsterdam presso la Rijksakademie. Tra le opere video in mostra vi è Do not look into Gypsy eyes: "È il mantra della donna "rom" ipersessualizzata, esotica, erotica ed eccitante, ma anche un po' troppo pericolosa, un po' troppo “volgare", un po' troppo seducente - una donna i cui occhi ti catturano, ti incantano e ti maledicono. Questo lavoro si basa sugli stereotipi e sui pregiudizi sulla donna rom. Come membro di questa comunità, come donna e artista, voglio provocare il pubblico e attirare la sua attenzione contro la discriminazione e la mercificazione del corpo femminile". - 

 Selma Selman ha esposto in mostre personali e preso parte a eventi come documenta (15), Kassel (2022), Manifesta 14, Pristina (2022), Kunstraum Innsbruck (2022), MO Museum Vilnius (2022), Kasseler Kunstverein Museum Fridericianum, Kassel (2021), National Gallery, Sarajevo (2021), Acb Gallery, Budapest (2021), SU Art Gallery, Syracuse (2018), agnès b. Galerie Boutique, New York (2017), Gallery Schleifmühlgasse 12-14, Vienna (2016), Gallery Dreamland, Buffalo, New York (2016). Ha inoltre partecipato a numerose mostre collettive e festival quali: EVROVIZION, ifa, Stuttgart, Mediterranea 19 Young Artists Biennale School of Waters, 58ª Biennale di Venezia, Kunstquartier Bethanien a Berlino, Kunsthalle Wien a Vienna, Queens museum a New York, The Creative Time Summit a Miami, Museum of Contemporary Art a Banja Luka, Villa Romana a Firenze, Maxim Gorki Theatre a Berlino. 

Ulay (Germania, 1943 - Slovenia, 2020) è stato un pioniere dell’uso artistico della polaroid e dell’arte performativa. Le fotografie esposte documentano il furto di Ulay del dipinto preferito di Hitler, Il povero poeta di Carl Spitzeg, dalla Neue National Galerie di Berlino nel 1976. Si trattava tuttavia di una messinscena: l’artista era infatti entrato in precedenza nel museo e aveva aperto una porta di sicurezza per poi poter fuggire rapidamente e raggiungere la casa di un immigrato turco in un quartiere povero di Berlino, in cui appendere il dipinto. Questa è stata l'ultima opera personale di Ulay prima di collaborare con Marina Abramović, con la quale ha avuto una nota e travagliata relazione sentimentale e artistica che l’hanno reso un’icona della performance art del XX secolo. Dopo la separazione da Marina Abramović nel 1988, Ulay si dedica alla fotografia, concentrandosi soprattutto sull’individuo emarginato nella società contemporanea. Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto con la moglie e la famiglia a Lubiana dove nel 2019 è nata la Ulay Foundation. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni e sono state esposte a livello internazionale nei più importanti centri della scena artistica, tra cui Centre Pompidou (Parigi), MoMA (New York), Moderna Museet (Stoccolma), SFMOMA (San Francisco), ZKM (Karlsruhe), Kunstmuseum Bern (Berna), Groningen Museum (Groningen, Paesi Bassi), Van Abbemuseum (Eindhoven), Stedelijk Museum (Amsterdam), per citarne alcuni.

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