Il M° Vincenzo Milletarì a Fattitaliani: l'orchestra è un compagno di viaggio. L'intervista

Fattitaliani

Elogiato per la direzione “potente e raffinata”, intrisa di “dramma e fervore” (Seen and Heard International), Vincenzo Milletarì è uno dei più promettenti direttori d’orchestra della sua generazione. Ha appena diretto tre concerti con l'Orchestra Sinfonica di Milano il 16, 17 e il 19 marzo. Ne parla con Fattitaliani: l'intervista.

Maestro, ci dice qualcosa sui prossimi tre concerti con l'Orchestra Sinfonica di Milano?

Il programma sinfonico è stato estremamente interessante perché affianca due pezzi molto diversi ma anche molto simili fra di loro. Anka Kuşu (la Fenice) di Fazil Say accosta l’Oriente turco e la musica occidentale europea, ci sono tantissimi elementi stilistici europei e molti altri tipicamente turchi. Fazil Say riesce a far comunicare questi due mondi e a creare delle sonorità completamente nuove con un uso ricco e variegato di stili da quello romantico e tonale a quello più moderno e atonale, con un risultato assolutamente intrigante e affascinante. Allo stesso tempo, la Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” di Dvořàk, uno dei pezzi cardine del repertorio europeo, è una singolarità all’interno della produzione sinfonica di Dvořàk: è stato composto in America durante il periodo in cui era direttore del Conservatorio di New York e pone le basi di quella che sarà la futura musica americana. Anche qui quindi un pezzo di un compositore europeo che però fa dialogare il mondo della musica europeo con quello americano, con echi della cultura afro-americana e indigena, facendo di questa sinfonia uno degli esempi più interessanti del tardo Romanticismo.
Così giovane e già all'attivo tante esperienze importanti: come vive ogni volta una nuova opera da dirigere? come si prepara?
     La cosa bella e anche la grande sfida di questo lavoro è proprio il fatto che dirigiamo musica che conosciamo, tanta musica con cui siamo cresciuti ma allo stesso tempo dobbiamo affrontare molto spesso per ogni concerto un repertorio nuovo, dobbiamo sempre continuare a studiare. Questa cosa ci tiene sempre attivi dal punto di vista artistico, sempre alla ricerca di nuovi spunti, di nuove idee, di nuovi stimoli. Ovviamente la preparazione è legata all’attività delle stagioni future programmate, si lavora con largo anticipo studiando i pezzi, la loro storia e quella dei compositori e cercando di metabolizzarli il più possibile. Vivo tutto questo con eccitazione, con interesse, perché la cosa grandiosa di questo mestiere è proprio quella di poter aver a che fare ogni settimana con i grandi maestri del passato, con i compositori più importanti del presente o del passato recentissimo. Questo è un privilegio, perché ogni giorno si è a contatto con l’arte con un linguaggio diverso con un messaggio diverso che i compositori hanno voluto trasmettere tramite la loro musica e che noi abbiamo il compito di trasmettere nella maniera più fedele possibile.

Prima di ogni debutto, più l'emozione o il timore?
Prima di ogni debutto c’è una parte di timore perché abbiamo un’idea del brano che ci apprestiamo a dirigere, abbiamo un’idea di come vogliamo il pezzo ma non sappiamo fino all’ultimo se la strada che abbiamo percorso è una strada che funziona. Più che una paura è una sorta di emozione, una tensione nel senso positivo del termine.
Ha un compositore preferito?
    Ho due compositori preferiti, Giuseppe Verdi, con cui sono cresciuto come direttore d’opera, il compositore più vicino a noi italiani, alla mia sensibilità di musicista italiano, e l’altro è Čajkovskij, una presenza costante durante la mia vita, sin da quando ero studente ed ho assistito a un’esecuzione della “Tempesta”, che a tutt’oggi cerco sempre di dirigere in ogni occasione perché mi comunica emozioni; credo di esser più libero e felice artisticamente con la sua musica.
Com'è nato, cresciuto e si è nutrito il suo rapporto con il mondo dell'Orchestra?
Ero un clarinettista e il mio rapporto con l’orchestra è stato dapprima dall’altra parte del podio anche se è stato breve perché ho capito subito che il mio desiderio era quello di essere un direttore d’orchestra. Ho capito subito che l’orchestra non è uno strumento da manipolare ma è un compagno di viaggio, un gruppo di musicisti dotati di interessi e qualità artistiche, di doti musicale molto importanti che il direttore deve semplicemente esaltare. Quello che credo sia il nostro compito è di esaltare le qualità intrinseche di ogni gruppo di musicisti e cercare di far scorrere il più naturalmente possibile il flusso e le idee musicali nostre (inteso come proprie dei direttori) e dei professori d’orchestra.
Prossimi progetti?
Rimanendo in ambito concertistico, fra poco debutto con la Tonkü
nstler Orchestra, ritorno all’ORT Orchestra della Toscana e inauguro il Kissinger Sommer Festival; per quanto riguardo l’opera mi attende una ripresa de La bohème a Göteborg e il debutto in Tosca a Aarhus in Danimarca. Giovanni Zambito.
Foto di Marco Borrelli

       La stagione scorsa Vincenzo Milletarì ha debuttato al Tivoli Festival collaborando con  Maria João Pires, e con la Nürnberger Symphoniker; inoltre ha sostituito un collega all’ultimo minuto alla Oviedo Filarmonia ottenendo recensioni entusiastiche.

       Nato a Taranto nel 1990, ha studiato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e si è diplomato alla Royal Danish Academy of Music a Copenhagen. Fra i suoi mentori spiccano Riccardo Muti e Pier Giorgio Morandi, i quali hanno entrambi svolto un ruolo importantissimo nello sviluppo della sua carriera. 

       Vincenzo Milletarì ha esordito nel 2017 e ha immediatamente riscosso enorme successo ed è stato ripetutamente invitato da teatri d’opera e orchestre quali Royal Danish Opera, Royal Swedish Opera, Prague State Opera, Teatro Comunale di Bologna, Macerata Opera Festival, Orchestra Sinfonica di Milano, Filarmonica Toscanini a Parma, Nürnberger Symphoniker, Aalborg Symphony Orchestra, Bergen Philharmonic, Odense Symphony e Copenhagen Philharmonic.





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