Roma, attaccato dall’ATAC

Fattitaliani



Lunedì 30 gennaio 2023 mi stavo recando alla Stazione Termini di Roma per prendere un treno alle 13.00, che mi avrebbe condotto in Basilicata, per parlare in due occasioni in occasione del Giorno della Memoria, davanti ad una cifra complessiva di un migliaio di alunni delle scuole medie locali.

Per arrivare puntuale sono uscito dalla redazione del giornale a Trastevere alle 11.50. Mi sono recato dal tabaccaio posto a 30 metri ed ho comprato i biglietti ATAC necessari per l’andata e per il ritorno previsto per il 1° febbraio sera.

Alle 12 in punto sono arrivato alla fermata ATAC posta di fronte al Ministero della Pubblica Istruzione. L’indicatore ha segnalato che il prossimo autobus della linea “H” – una linea “veloce” dell’Azienda Tramviaria e degli Autobus Comunali di Roma”, a me necessario per giungere alla stazione, sarebbe passato entro una ventina di minuti, poi diventati 35. Al suo arrivo – finalmente - Il mezzo non ha permesso l’accesso dalla porta anteriore, essendosi fermato in prossimità di un’automobile parcheggiata nella piazzola della fermata. Avrebbe potuto arrestarsi un paio di metri prima, non essendoci altri mezzi dietro al  suo.

Sono dovuto salire dietro. Portavo con me una valigia ed uno zaino. Avevo il biglietto stretto in una mano e dopo poco essere riuscito a salire, con certa difficoltà visto l’afflusso di persone davanti, ho tentato di obliterare il biglietto, notando che la macchinetta, per me nuova (non utilizzo spesso i mezzi pubblici, preferendo andare a piedi), non è adatta per la vidimazione, ma solo per il pagamento con carte o tessere…  Tento di guardarmi attorno per vedere una “macchinetta vecchio stile” e la intravedo alla fine dell’autobus, quasi dietro all’autista.

A causa delle persone che mi precedevano, della valigia e della borsa che portavo, non mi era possibile recarmi subito alla macchinetta o chiedere ad altri di timbrare il biglietto. Ho dovuto attendere che si svuotasse per muovermi.

Intanto ero preoccupato per il tempo impiegato in quanto il treno sarebbe partito da lì a poco, visto che la linea “Veloce” aveva impiegato così tanto per arrivare.

All’altezza di via Arenula salgono 3 controllori. Immediatamente ad uno di loro che leggo sul verbale chiamarsi “33102” spiego le cose e fornisco con assoluta calma il biglietto che ho in mano e lui ne riporta il numero sul suo telefono/pc. Faccio vedere anche il biglietto di ritorno. I colleghi chiedono se vi fossero problemi e lui ha risposto “deve prendere un treno” con la tonalità da interpretarsi come “… per questo non fuggirà ed oltretutto non è giovanissimo”.

Nonostante noti che non era stata mia intenzione quella di non voler vidimare il biglietto e notando che mi era difficile poterlo fare in quanto non c’era una obliteratrice nei pressi, il signor 33102 mi ha multato per € 104,90, sostenendo che queste erano le nuove regole di Zingaretti.

Ho pensato - visto che stavo andando come da anni ad un particolare incontro come quello attorno alla data del 27 gennaio - che era strano che ad alcune categorie non venissero mai fatte multe, mentre ad altre si. Ho trovato la cosa molto razzista, nei confronti sia della prima categoria che della seconda. Se siamo tutti uguali perché favorire alcuni e danneggiarne altre?  Ovvio poi il mio pensiero, riguardo ad un controllore da chiamare semplicemente con un numero, mentre pretendeva da me le generalità complete. Non soltanto mancanza di “tatto” nei confronti di un passeggero tranquillo ed educato, ma anche un veloce pensiero verso coloro cui la disumanizzazione aveva sostituito il nome con una cifra.

Io il biglietto lo avevo e 33102 lo ha anche annotato. Il suo comportamento - che fosse a norma di legge o meno - è stato sdegnoso. Oltretutto, quasi come sberleffo da “oltre al danno le beffe”, il verbale è anche comprensivo dell’importo del biglietto di 1€50. Ma se lo avevo in mano il biglietto comprato prima dal tabaccaio ed il controllore ha anche scritto il numero sulla multa, cosa dovrei pagare nuovamente?

Si tratta di una completa presa in giro, visto il ritardo del mezzo e le offese subite. Non sarebbe stato più facile farmi scrivere l’ora - come si poteva fare ai miei tempi - sul biglietto, per “vidimarlo”?

Ovviamente ho avuto poi alcune ore da passare in treno per scrivere la mia protesta sul portale internet dell’ATAC, ma lascio immaginare quante risposte ho ricevuto da allora. Sono pervaso che come non si voglia vedere una persona con un biglietto in mano, sia possibile che alcuni non riescano volutamente a leggere.

ADB

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