Questo senso di profonda
cristianità ha accompagnato lo straordinario ingegno dello scienziato,
nell’applicazione delle proprie scoperte a servizio dell’umanità.
Guglielmo
Marconi (25 aprile 1874 – 20 luglio 1937), considerato il primo Radioamatore della
storia, fu nominato Presidente onorario, nel lontano 1927, della Associazione
in fieri che riuniva gli anticipatori del Radiantismo italiano, ispirati ai
suoi principi di umana solidarietà in un momento storico profondamente critico,
che all’epoca si chiamava Associazione Radiotecnica Italiana (in seguito
modificata in “Associazione Radioamatori Italiani”).
Principi che continuano
ad unire i Radioamatori di oggi e di ieri. Anche quando nell’Italia fascista le
attività dei gruppi radioamatoriali, viste con sospetto, furono soggette a
divieti, soprusi, sequestri delle apparecchiature, i “radianti” (come si
chiamavano all’epoca) mantennero passione e legami in clandestinità per uscirne
alla fine della seconda guerra mondiale, ponendosi al servizio in un paese
vinto ed occupato dalle forze alleate.
“Nella radio abbiamo
uno strumento essenziale per riavvicinare i popoli del mondo, per
fare sentire mutuamente le loro voci, le loro necessità e le loro aspirazioni.
Il significato di questi moderni mezzi di comunicazione è così totalmente
rivelato: un ampio canale per lo sviluppo delle nostre relazioni è oggi a noi
disponibile, dobbiamo solo seguire il suo corso in uno spirito di tolleranza e
di simpatia, desiderosi di utilizzare le conquiste della scienza e
dell’ingegno umano per il bene comune”. Così l’11 marzo 1937 Guglielmo
Marconi, durante l’intervento al Forum del Chicago Tribune, anticipava gli scenari
che si sarebbero realizzati nel ventesimo secolo.
Scenari evolutivi nel mondo delle comunicazioni, fondato sulla telegrafia senza fili che utilizzava le onde radio con un riferimento primordiale: Guglielmo Marconi, Premio Nobel per la fisica nel 1909 a soli 35 anni, inventore di un sistema di trasmissione senza precedenti che ottenne in breve tempo notevolissima diffusione a fini socio-umanitari. Possiamo quindi serenamente affermare che il nostro Marconi fu il Padre delle comunicazioni così come oggi le conosciamo.
Guglielmo Giovanni Maria Marconi nasce a Bologna
Palazzo Marescalchi, dall’unione del padre Giuseppe, aristocratico e ricco
proprietario terriero e, da Annie Jameson, giovane irlandese nipote del
fondatore della storica distilleria Jameson & Sons, arrivata in Italia
per studiare bel canto. A vent’anni Marconi,
dotato di grande intuito, inizia le sue sperimentazioni mettendo a punto nel
1894 un segnalatore di temporali. Poco dopo notò che pigiando un tasto
telegrafico, squillava un campanello posto in un’altra camera, L’euforia per la
scoperta lo indusse nottetempo a svegliare la madre e condurla nel rifugio
segreto della tenuta nelle campagne di Pontecchio.
L’apparecchio mostrò la sua efficacia nella comunicazione e ricezione di segnali a distanza e la capacità di superare anche gli ostacoli naturali. Era l’estate del 1895, e la riuscita dell’esperimento di comunicazione a oltre 2 km, annunciata dallo storico colpo di fucile sparato dal maggiordomo Mignami, fu considerato ufficialmente la nascita della radio.
Il padre si convinse
della genialità di Guglielmo e finanziò le successive sperimentazioni, avvenute
in Irlanda e Gran Bretagna, in virtù della doppia cittadinanza per essere
figlio di madre irlandese. Ed è a Londra che si
concretizza l’invenzione ed il brevetto del “telegrafo senza fili”. Nel 1898 Marconi
realizza la prima trasmissione attraverso l’acqua
da Ballycastl, nell’Irlanda del nord,
al faro sull’isola di Rathlin. Un sistema radio venne montato tra la
residenza estiva della regina Vittoria e lo yacht reale a bordo del
quale si trovava l’allora principe di Galles, divenuto poi Re Edoardo VII.
Da quel momento
l’attenzione di Guglielmo Marconi si concentra verso l’Atlantico. La ragione
delle sue ricerche in quella direzione derivavano dalla convinzione che le onde
potessero varcare l’oceano superando la curvatura del Pianeta. Il primo esperimento
venne eseguito nell’estate del 1901 tra due stazioni a tre mila chilometri di
distanza separati dall’Oceano Atlantico, nell’isola della Cornovaglia a Poldhu in Inghilterra e St.
John’s nell’isola canadese di Terranova. Per avverse condizioni
l’esperimento non andò a buon fine. L’intuito dello scienziato lo portò a
potenziare gli apparati e il 12 dicembre 1901 avvenne la
comunicazione che realizzò il primo collegamento
radio-telegrafico transoceanico, uno straordinario evento
che avrebbe cambiato il corso delle comunicazioni del ventesimo secolo. La visione
precorritrice dei tempi di Guglielmo Marconi sul piano della ricerca e
innovazione hanno dato una spinta propulsiva alla evoluzione delle tecnologie.
“Le mie
invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla” dichiarava Marconi al
tempo, che nel 1909 grazie ai suoi apparati ricetrasmittenti riuscirà a salvare
dall’affondamento di un transatlantico oltre mille persone, e che gli valse
nello stesso anno il Nobel per la fisica. Ed ancora nella sciagura del Titanic
del 1912, il salvataggio di settecento passeggeri sarà merito
dell’apparecchiatura installata a bordo da Marconi,
grazie all’utilizzo delle onde radio.
Su richiesta del
pontefice Pio XI, nel 1929 Marconi si incaricò di realizzare la prima stazione
radio di quella che nei decenni successivi sarà la Radio
Vaticana. L’inaugurazione avviene nel pomeriggio
del 12 febbraio 1931. “Con l’aiuto di
Dio, che tante misteriose forze della natura mette a disposizione
Guglielmo Marconi e Pio XI inaugurano la radio al Vaticano (1931), nella prima foto.
dell’umanità, ho potuto
preparare questo strumento che procurerà ai fedeli di tutto il mondo la
consolazione di udire la voce del Santo Padre”. Così Guglielmo Marconi
introdusse personalmente la prima trasmissione radiofonica di Papa Pio XI in
collegamento con con New York, Melbourne e molte altre città del mondo.
L’invenzione della
radio, cosi come nei proponimenti di Guglielmo Marconi, ha posto la conquista
scientifica a servizio della società, dell’intera umanità, dei bisogni della
Terra. Per questi motivi l’attività del Radioamatore è concepita come “Servizio”, enunciato dalla
I.T.U. , ovvero “un Servizio di radiocomunicazione con obiettivi di istruzione
personale, di intercomunicazione e di ricerca scientifica, da parte di Amatori,
ossia persone debitamente autorizzate, interessate alla radiotecnica a titolo
personale, senza fini di lucro”. Alla loro attività è riconosciuta quindi la
stessa dignità del Servizio Radiomobile Marittimo o Aereonautico. Il
Radioamatore è chiamato quindi ad accrescere le proprie conoscenze
scientifiche, tecniche operative in continuo dinamismo.
“Lei non
ha capito nulla della vita, l’odio non serve a niente… Solo l’amore crea”. Le
ultime parole di Padre Kolbe, testimoniate dall’ufficiale medico di Auschwitz
che gli somministrò la dose letale, dimostrano la grande spiritualità di
colui che fu poi scelto quale Protettore dei
Radioamatori di tutto il mondo, proclamato Santo nel
1982 da Papa Karol Józef Wojtyła (Giovanni Paolo II).
Padre Massimiliano Kolbe-
Santo
nel 1982
L’attività
dei Radioamatori risultò in seguito salvifica in numerosi accadimenti legati
alle calamità naturali, come alluvioni e terremoti. Restando in Italia,
dal Polesine a Firenze, alla Sicilia, al Friuli, all’Irpinia, l’intervento dei
Radioamatori si è sempre rivelato provvidenziale, sopperendo al crollo delle
reti ufficiali di telecomunicazione causato dagli eventi. Durante la
drammatica alluvione di Firenze del 1966, il Servizio dei
radioamatori, attuato allora con strumenti rudimentali, dimostrò essere di
fondamentale supporto alle unità di soccorso istituzionali. Dando i primi
allarmi in assenza di comunicazioni telefoniche per interruzione e
sovraccarico, anche nei più recenti terremoti del Centro
Italia (2016/2017) o in quello all’Aquila, colpita
violentemente nel 2009, l’immediata attività posta in essere dai radioamatori
favorì la pianificazione strategica della Protezione Civile.
Secondo dati ufficiali,
in Italia ci sono circa 40mila stazioni di Radioamatori autorizzate, di cui
circa 10mila sono associati all’A.R.I. (Associazione
Radioamatori Italiani), filiazione della IARU (International Armateur
Radio Union). Disseminati in tutti i Paesi del mondo, con l’esclusione in
atto della sola Corea del Nord che non ammette ancora l’attività di Amatore, i
Radioamatori sono stimati essere circa. 2,5 milioni, la maggior parte dei quali
sono uomini, anche se le quote rosa stanno sempre più
avanzando. Passione, genialità, fantasia e sviluppo delle competenze
rappresentano il fil rouge di questa affascinante “mission”.
Riassumendo dunque il
pensiero di Guglielmo Marconi, la mission ha al
centro, “il riavvicinamento dei popoli nel mondo” sfruttando le onde
radio nella ionosfera “per salvare l’umanità, non per
distruggerla. Dunque un impegno di straordinaria valenza che supera i confini dell’Hobby.
Partendo dalla
esperienza di Concetto Caruso di ARI Catania
chiediamo: Presidente iniziamo a comprendere il
significato del codice che distingue il nominativo dei radiomatori e cosa si
intende per onde corte?
“A tutti i radioamatori
autorizzati, ovvero coloro che hanno conseguito la patente di Operatore di
Stazione di Radioamatore sostenendo i relativi esami presso gli Ispettorati del
Ministero dello Sviluppo Economico, viene assegnato il cosiddetto “indicativo
di chiamata”, composto oggi da sei caratteri alfanumerici. Si tratta di un
codice unico in tutto il mondo che identifica in maniera univoca il
radioamatore, formato da un prefisso internazionale, variabile a seconda il
Paese di appartenenza, da un numero e da un suffisso assegnato al singolo. In
Italia la prima lettera del prefisso è la I, in Spagna è la E, in
Germania è la D e così via per i restanti paesi. Può seguire una seconda
lettera (ad esempio per la Sicilia, Regione a statuto speciale, la T) e poi un numero, che
corrisponde alla prima cifra del C.A.P. (Codice Avviamento Postale) della
regione. Ad esempio il 9 indica la Sicilia, ove tutti i “cap”
iniziano proprio con tale numero, poi seguono tre lettere personali. Per
esempio, il mio nominativo IW9CTJ, identifica per tutti una stazione italiana
operante dalla Sicilia, mentre un nominativo IS0ABC identica una stazione della
Sardegna, IK2ABW una stazione della Lombardia e così via.
Le onde
corte sono denominate anche HF (dall’acronimo
“High Frequency”) e comprendono le gamme di frequenze dai
3 MHz (o 3.000 Khz) ai 30 MHz (o 30.000 Khz), corrispondenti
alle lunghezze d’onda comprese tra gli 80 e i 10 metri. Le onde
corte permettono, anche con potenze talvolta modeste, di effettuare
collegamenti a lunghissima distanza superando la curvatura terrestre grazie
alla presenza della Ionosfera, quella parte dell’atmosfera che consente alle
onde radio di essere rimandate a terra. Per questo motivo ancora oggi, sebbene
la tecnologia si avvalga dell’impiego di satelliti per le telecomunicazioni, i
sistemi radio in HF sono sempre utilizzati, non solo dai radioamatori nelle
bande a loro assegnate, ma anche dai servizi militari, dai servizi radio
marittimi, aereonautici etc. Insomma, per farla davvero breve, a noi radioamatori
basta un accumulatore da auto (la classica batteria, per intenderci), una radio
e una semplice antenna costruita con del banale filo elettrico, per essere
ascoltati da tutto il mondo, senza alcun limite di distanza!”
Com’è
nata la sua passione per il radiantismo, cosa lo ha attratto nel ripercorrere
le orme di Guglielmo Marconi, da radioamatore?
“Premetto che, nella mia
infanzia posso ritenermi fortunato di aver avuto, quale compagno di giochi, mio
zio Salvo, il fratello di mamma, con il quale realizzavamo i plastici
ferroviari, curando ogni dettaglio nell’allora autocostruzione di qualsiasi
dispositivo elettrico che servisse agli scambi, all’illuminazione dentro le
casette o dentro i vagoni stessi. Mio zio mi dedicava tanto tempo, e posso
candidamente ammettere che tali categorie di giocattoli me li regalava per
poterli usare anche lui, con questa scusa. La curiosità, le domande ed i primi
rudimenti scolastici di Applicazioni Tecniche alla Scuola Media “Quirino
Maiorana” di Catania furono la fucina della mia allora iniziale proiezione
verso il mondo dell’elettricità e dell’elettronica. A tal proposito, proprio su
tali componenti, imparai il famoso codice dei colori delle resistenze
elettriche quando lo zio, ultimato il modellino (termine eufemistico per le
dimensioni davvero notevoli) della Nave Scuola “Amerigo Vespucci”, ancor’oggi
in imponente mostra a casa sua, dovette realizzare i cc.dd. “fanali in testa
d’albero” impiegando dei comunissimi LED (Light Emitting Diode) ai cui
terminali mi fece saldare (con la sua attenta supervisione maniacale) un capo
della resistenza ed il cavo elettrico della tensione. Erano gli anni della
famosa “Scuola Radio Elettra” di cui già iniziavo a sfogliare qualche pagina.
Alcuni mesi dopo mi regalò una coppia di ricetrasmittenti portatili giocattolo,
con i quali giocavo con mia sorella fino a quando, un pomeriggio, non ebbi a
sentire una terza voce che intervenne nelle chiamate: quell’evento sancì
l’inizio della mia passione per le radiocomunicazioni.
Fu così che mi ritrovai,
di lì a poco, immerso nel mondo della C.B. (Citizen Band), che, sebbene
limitata a pochi canali in una sola banda di frequenza (27 Mhz) e con scopi del
tutto differenti da quelli del Radiantismo, ha sempre rappresentato un’ottima
‘palestra’ per i futuri Radioamatori. Iniziai con un vecchio ricetrasmettitore
TOKAY da 23 canali, regalatomi da un caro amico di famiglia, che aveva
anch’egli la casa al mare nella splendida baia di Castelluccio, presso la Costa
Saracena che si erge tra Agnone Bagni e Brucoli. Lo “Zio Ciccio”,
affettuosamente chiamato cosi (perché lo conoscevo sin da quando avevo 4 anni)
aveva già una radio CB con la quale collegava corrispondenti in ogni parte del
mondo grazie a quella maestosa antenna che girava sul tetto di casa.
Superato l’esame di
terza media, pronto a varcare i cancelli dell’Istituto Tecnico Industriale
“Archimede”, ricevetti in regalo un ricetrasmettitore INTEK da 34 canali,
omologato, per il cui impiego dovetti richiedere la famosa “concessione”
all’allora Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni di Palermo, con
tanto di autorizzazione dei miei genitori, in quanto minorenne. Dopo qualche
mese, ricevuto l’atto di assenso, iniziai il mio percorso da operatore radio,
con le mie prime esperienze nel campo delle costruzioni di antenne e tanto
altro ancora. La mattina di una domenica di fine Giugno, eravamo pronti per
trasferirci nella casa al mare ed io, imperterrito come sempre, ero alla radio
quando, all’improvviso sentii una voce femminile dal marcato accento straniero,
che stava comunicando con qualcuno che non ascoltavo. Provai a farle chiamata
ripetutamente fino a quando mi rispose. Ancora oggi provo
forte emozione nel raccontarlo, si chiamava Mira, trasmetteva dalla Jugoslavia,
vicino Belgrado. Conservo ancora, come fosse una reliquia, la sua QSL (cartolina postale
di conferma del contatto) che mi pervenne con una
richiesta d’aiuto, unitamente ad una banconota italiana da Lire 10.000. Mira infatti aveva
bisogno di un componente elettronico, difficile da reperire nelle sue zone in
quegli anni successivi alla morte del Maresciallo Tito e allo smembramento
della ex Jugoslavia. Senza ritardi, reperiì il componente presso un noto
negozio di elettronica di Catania per la modica cifra di 6.000 lire circa. Quel
componente serviva per riparare un ricetrasmettitore che era installato
sull’ambulanza dell’allora società di Croce Rossa jugoslava, ove Mira vi
prestava servizio volontario quale infermiera. Feci la spedizione di un piccolo
pacco, contenente il componente elettronico, restituii la banconota da 10.000
lire e vi misi dentro alcune paste di mandorla, ricorrendo alla paghetta
settimanale che ricevevo dai miei. Più avanti negli anni ho sempre più maturato
la consapevolezza di quanto la sperimentazione del
nostro Marconi sia stata basilare, non soltanto per i collegamenti
nell’etere e per la formazione delle conoscenze scientifiche di ciò che accade
sulle varie bande di frequenza, ma anche per ciò che
rappresenta come mezzo di vicinanza e di aiuto reciproco fra i popoli. Alla fine, spinto da
tutte queste bellissime esperienze nel campo della radio, dopo avere conseguito
il diploma, decisi che era tempo di fare il grande ‘salto di qualità’, e
sostenni l’esame per il conseguimento della patente di radioamatore,
superandolo””.
Presidente
Caruso, come si coniuga l’attività di Radioamatore con la sua esperienza
professionale di Primo Luogotenente “Comandante Navale” nel Corpo delle
Capitanerie di Porto Guardia Costiera?
“Mi sia concesso un
doveroso passo indietro circa la mia formazione scolastica, dalla quale è poi
dipesa la decisione di sostenere l’esame per il conseguimento della patente di
Radioamatore: devo ringraziare la profonda dedizione e pazienza di un
grand’uomo, che ci ha insegnato (parlo anche per l’allora
mia classe) l’Elettrotecnica e le basi delle Telecomunicazioni come un padre
accompagna il proprio figliolo nella normale evoluzione pedagogica. Sto
parlando dell’Ingegnere Ugo Parmitano, il cui cognome vi suonerà certamente
familiare. Ci teneva ad essere chiamato Ingegnere perché diceva che chiunque
poteva essere Professore, mentre l’Ingegnere ha il compito di guidarti,
accompagnarti e di farti la “trasfusione del sapere”. Fu nella nostra aula che
conoscemmo suo figlio Luca, allora studente di un altrettanto prestigioso liceo
scientifico di Catania, oggi Ufficiale dell’Aereonautica Militare Italiana ed
Astronauta famoso in tutto il mondo (nonchè radioamatore), che molti
radioamatori italiani e stranieri hanno avuto il piacere di collegare da bordo
della ISS. Gran parte di noi, il giorno del diploma, fu invitato dal nostro
Ingegnere a valutare l’utilizzo della specializzazione conseguita, o per
proseguire gli studi di laurea o per sostenere i concorsi nelle FF.AA., in
quanto i periti capi tecnici erano fortemente ricercati. Come ho narrato prima
fu così che, ancora con il cervello caldo e carico, feci l’esame per la
patente di radioamatore, superandolo, e le prove selettive per Sottufficiale
della Marina Militare, vincendo il concorso lo stesso anno.
Diciamo che le nozioni
di radiotecnica e la pregressa esperienza nel campo della radio sono state
fondamentali nello studio specialistico di alcune materie durante le scuole
militari, e mi hanno spinto ad approfondire alcuni argomenti particolari, come
la propagazione delle onde radio in ambiente marino, sopra e sotto la
superficie del mare, o la c.d. “guerra elettronica” (Electronic
Warfare – ovvero azione militare che sfrutta l’energia
elettromagnetica, sia attivamente che passivamente, per fornire consapevolezza
della situazione e creare effetti offensivi e difensivi) fino al famoso
“jamming” (emissione di “rumore” mediante segnale
radio avversario abbastanza forte da sovraccaricare i ricevitori del nemico,
interrompendo del tutto le sue comunicazioni). Tutto questo mi ha dato la spinta per
specializzarmi nella componente navale della nostra Guardia Costiera, dove sono
divenuto Comandante di prestigiose unità. Il mare è qualcosa di spettacolare,
soprattutto la notte, ove possiamo renderci conto dell’immensità dello spazio,
guardando la volta celeste”.
Quali
sono le sperimentazioni sulla propagazione delle onde elettromagnetiche che più
la affascinano?
“Rimanendo in tema di
volta celeste, quale radioamatore, seppur attivo un po’ su tutte le gamme, mi
sono dedicato maggiormente alle bande VHF e UHF, dove giungere a sempre
maggiori distanze è via via più difficile; in questa attività mi ha molto
aiutato la mia esperienza in campo navale, perché è spesso necessario
utilizzare formule tipicamente “nautiche”, quali funzioni goniometriche e
sessagesimali, interpolazione lineare, meteorologia e calcolo della distanza
massima tra due stazioni radio poste a diverse altezze e distanze sulla
superficie della nostra meravigliosa terra. Una di queste attività si
chiama E.M.E. (Earth–Moon–Earth), un tecnica mediante la quale si
effettuano collegamenti radio anche su frequenze elevatissime con numerosi
corrispondenti nel mondo sfruttando la riflessione delle onde radio da parte
del suolo lunare. Basta puntare le antenne sulla luna e utilizzare dei segnali
codificati da un Personal Computer non udibili dall’orecchio umano per giungere
all’altro capo del mondo. Questi sistemi ‘digitali’ sono stati sviluppati da un
Radioamatore d’eccezione, Joe Taylor K1JT, premio Nobel per la fisica nel 1993
per le sue scoperte sulla fisica delle stelle Pulsar. E’ questa una tecnica che
richiede parecchia pazienza, profonde conoscenze operative e un po’ di
dotazione particolare di apparecchiature, basti pensare che le antenne devono
potersi ruotare sull’orizzonte (azimuth) ed elevarsi verso il cielo (zenit) per
inseguire la luna, man mano che sorge fino al suo tramonto. La parte più
emozionante di questa modalità è sapere che il tuo segnale radio, viaggiando
alla classica velocità della luce pari a circa 300.000 Km al secondo, dovrà
percorre i 363.000 km circa quando la luna si trova al perigeo oppure 405.000
km quando si trova all’apogeo e tornare indietro, con un ritardo medio di ca.
2,5 secondi affinché il segnale radio ritorni sulla terra!”
La Radio
è una scienza, è fisica?
“Certamente! Tutto ciò
che accade nel mondo delle telecomunicazioni è determinato da leggi della
fisica, come quelle che governano la propagazione delle radioonde, che ancora
oggi studiamo e cerchiamo di comprendere nei loro aspetti più complessi. Le
molteplici applicazioni scientifiche sono inoltre tutte complementari all’uso
razionale delle tecnologie odierne ispirate alla Radio e strettamente connesse
a vari studi scientifici, come ad esempio quelli sul magnetismo terrestre,
variabile in ogni luogo della Terra (Declinazione magnetica). Alcune bande di
frequenza radio, segnatamente le frequenze più basse, sono particolarmente
sensibili alla situazione del campo magnetico terrestre. Nelle zone più remote
del mondo vi sono spedizioni scientifiche, come per esempio in Antartide,
dove le onde radio servono per lo studio sulle variazioni dei campi magnetici e
alla meteorologia locale. Molti di questi studi sono gestiti dal nostro
I.N.G.V. (Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia) o dal C.N.R. (Centro
Nazionale Ricerche)”.
Presidente
Caruso, non solo all’interno del radiantismo ma anche per la sua professione
utilizza la telegrafia Morse, può spiegarne meglio l’utilizzo?
“I radioamatori sono
rimasti oggi praticamente gli ultimi eredi della radiotelegrafia, l’utilizzo
via radio del codice Morse. La radiotelegrafia è qualcosa di eccezionalmente
accattivante, sentirla o vederla praticare dall’esperto “grafista” è come per
l’appassionato fumatore assaporare un buon sigaro cubano accompagnato da
dell’ottimo rhum. Perdoni l’esempio, ma non potevo darle che questa risposta,
anche ricordando il talento e la passione dei bravissimi grafisti delle nostre
Sezioni, come il nostro Alfio IT9EJW per Acireale e Ferdinando IT9QAU, nostro
istruttore a Catania, Maresciallo telegrafista in pensione della Guardia
di Finanza. Nell’ambito delle attività professionali nautiche purtroppo
la trasmissione radiotelegrafica è stata sospesa nel 2005, poiché i sistemi
satellitari commerciali hanno sostituito le attrezzature poste nelle stazioni
RT (Radio Telefoniche e Telegrafiche) di ogni nave, sia mercantile che
militare. Non ci resta che omaggiare la trasmissione radiotelegrafica, che
negli anni ha salvato milioni di vite umane, rievocando quella famosa strofa di
De Gregori: “e il marconista sulla sua torre…le
lunghe dita celesti nell’aria… trasmetteva saluti e speranze per questa
crociera straordinaria…e riceveva messaggi d’auguri in quasi tutte le lingue
del mondo… comunicava tra Vienna e Chicago in poco meno di un secondo”.
Il Radiantismo inteso
come Hobby ha pure annesso uno spazio agonistico; ad
Alfio Bonanno socio della sezione di Acireale (Catania), veterano Radioamatore
specialista di Gare di Radio, chiediamo di
raccontarci di queste e delle sue esperienze di attivazioni radio in giro per
il mondo.
“Si tratta di attività,
svolte prevalentemente nei fine settimana, che sono delle vere e proprie
competizioni sportive, denominate appunto “Contest”, organizzate dalle
associazioni radioamatoriali di varie nazioni durante le quali si realizzano
collegamenti tra i radioamatori di tutto il mondo, e vengono cumulati punteggi
per ciascun collegamento che poi contribuiranno a formare le classifiche. E’
fondamento di qualsiasi contest una complessa preparazione a monte,
possibilmente graduale e comprendente numerosi settori. L’adesione alle gare
può interessare il singolo operatore oppure una squadra di più operatori
(multi-operatore) che agisce in Team.
Per quanto riguarda le
attivazioni invece, vengono talvolta organizzate da gruppi di Radioamatori
delle missioni, anche sostenendo costi finanziari non indifferenti, dette
anche “spedizioni” (DX-Pedition)
nel nostro gergo, installando temporaneamente una o più stazioni operanti
su più bande di frequenza in luoghi remoti e spesso esotici del nostro pianeta,
dove non vi sono radioamatori residenti, al solo fine di dare agli altri la
possibilità di collegarli”.
Qual è
stata la spedizione particolarmente significativa per la sua esperienza?
“Quella che ha lasciato
in me un ricordo indelebile per la mia attività e non ultimo per l’interesse
naturalistico è stata l’esperienza in un atollo sperduto
dell’Arcipelago Polinesiano, ove mi sono recato, seppur in anni diversi, per ben
due volte, con le dovute autorizzazioni rilasciate dal governo Polinesiano.
Da Papeete, nell’isola
di Tahiti, la capitale della Polinesia francese, mi sono imbarcato su di un
catamarano insieme ad altri colleghi e dopo quattro giorni di navigazione
abbiamo raggiunto Maria Atol, un atollo
disabitato dove è stata allestita la stazione radio che ci ha permesso di
collegare i restanti quattro continenti del mondo. Nel 2004 abbiamo ripetuto
questa esperienza recandoci a Hereheretue, sempre in
Polinesia, dove vivevano soltanto 36 abitanti Maori, sparsi in diverse isole
dell’atollo”.
Video della spedizione realizzata da
Alfio Caruso –
https://www.youtube.com/watch?v=S24YBJtwg04
Come
vivono i Maori e qual è stata la loro reazione al vostro arrivo?
“I Maori vivono di
quello che offre loro la natura sulle isole, in particolare noci di cocco e
aragoste, che periodicamente vengono prelevate dalle navi di Stato in cambio di
rifornimenti per la loro sopravvivenza. La loro vita media si aggira
intorno ai cinquant’anni, i più intraprendenti lasciano le isole per
iniziare un’esistenza ad Haiti. Dopo aver avviato un certo rapporto di
reciproca fiducia, sono stati molto ospitali, donandoci delle splendide
aragoste”.
Perché
per la spedizione è stato scelto l’atollo polinesiano?
“Perché si tratta di una
località ricercata, sia per i collegamenti da parte dei radioamatori
dell’intero pianeta che per l’interesse scientifico relativo allo studio della
propagazione delle onde elettromagnetiche. Una zona remota in cui si verificano
condizioni particolari per quanto riguarda le possibilità di collegamento con
altri continenti, specificamente con la lontana Europa, per riallacciarmi al
pensiero poc’anzi espresso da Concetto”.
Le
spedizioni sono finanziate, e che validità hanno all’interno del bagaglio
esperienziale del radioamatore?
“Le spedizioni sono
tutte autofinanziate dai Radioamatori che vi partecipano attivamente, ma anche
talvolta per buona parte dalle loro Associazioni, visto il costo spesso non
indifferente; e infine anche dai Radioamatori che collegano la spedizione, che
contribuiscono spesso individualmente con piccole cifre al sostenimento dei
costi complessivi.
Per rendere “valide”
queste attivazioni è poi necessario fornire una prova documentale
dell’ottenimento di autorizzazione alle trasmissioni dallo Stato di
riferimento, quindi esibire una documentazione formata dai biglietti aerei,
dalla dichiarazione dello skipper (che nel caso dell’Arcipelago polinesiano ci
ha accompagnato sull’isola), dalle immagini per il riconoscimento del luogo che
confermino che si è effettivamente operato da quelle località. L’elenco dei
collegamenti radio eseguiti vengono poi messi a disposizione della Comunità
scientifica che studia la propagazione delle onde elettromagnetiche su vari
siti radioamatoriali e non.”
La conversazione
con Concetto Caruso ed Alfio
Bonanno, ha aperto a conoscenze scientifiche e suscitato nuovi stimoli alla
scoperta del mondo del radiantismo finora a noi quasi sconosciuti. Un settore,
cui fin da giovanissimi per l’esperienza diretta di un nostro familiare,
abbiamo mostrato curiosità ma come spesso capita nella vita, “c’è un momento
per tutto”.
Doveroso a questo punto,
chiudere questa pagina di approfondimento, ricordando Fra’
Giacinto Tarenzi, scomparso nel settembre scorso a Pedavena in provincia di Belluno. Frate
minore conventuale, Frà Giacinto, ha lasciato la vita terrena all’età di 88, ed
è stato un appassionato di onde radio. Aveva deciso di trascorrere il tempo che
lo separava dal ritorno a Gesù, nella casa riposo dedicata proprio a “Padre
Kolbe” sacerdote e frate francescano che, come sopra abbiamo rammentato, negli
anni ‘30 utilizzò la Radio per l’evangelizzazione del proprio paese, prima di
essere ucciso tragicamente da una dose letale, nel campo di Auschwitz.
Originario di Formigara,
dove adesso riposa nel cimitero della località cremonese, ma Valdobbiadenese
d’adozione, frà Giacinto si appassionò al radioascolto
e CB nel 1979, quando alla diagnosi di una patologia ansioso-depressiva, a supporto
terapeutico i medici gli consigliarono di dedicarsi alle radioonde, cui il
Francescano rivolse attenzione per oltre quarant’anni. Interpretando
il proprio ministero pastorale con l’utilizzo anche delle onde corte, attuando
collegamenti con le popolazioni dei Paesi del mondo più remoti. Pur non
avendo conseguito la certificazione di Radioamatore ha svolto un’opera
di cristianizzazione unita all’orgoglio di essere divenuto un esperto di gergo GB, tanto
da sfoggiare sul saio francescano la targhetta identificativa di Alfa Tango. Un
vezzo che ha prodotto significative opere evangeliche intorno al Pianeta,
secondo i principi di umanità cristiana diffusi da Guglielmo Marconi, l’11
febbraio 1937 al Forum di Chicago Tribune: “Nella radio abbiamo
uno strumento essenziale per riavvicinare i popoli del mondo … e
di utilizzare le conquiste della scienza e dell’ingegno umano per il bene
comune“.
“Le mie invenzioni sono per
salvare l’umanità, non per distruggerla” nella sciagura del Titanic
del 1912, il salvataggio di settecento passeggeri sarà merito dell’apparecchiatura
installata a bordo da Marconi, grazie all’utilizzo
delle onde radio.
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Cover: Guglielmo Marconi – Stazione radiotelegrafica
di Poldhu (anni_venti)
(Credit wikipedia)