Fattitaliani intervista il danzatore e coreografo Kristian Cellini

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Il XXII Festival della Lettera d'Amore di Torrevecchia Teatina si svolgerà dal 6 al 10 agosto all'insegna di un "ritorno al corpo performativo": con un'attenzione particolare alle eccellenze abruzzesi. Domenica 7 agosto dalle ore 18:30, nel Cortile di Palazzo Valignani, si terrà la cerimonia di assegnazione del Trofeo Museo Lettera d'Amore: verrà premiato fra gli altri, il danzatore e coreografo Kristian Cellini: "ovviamente sono molto felice di ricevere il premio "Lettere d'Amore" - dichiara a Fattitaliani - anche perché lo ricevo nel mio Comune, dal mio Sindaco: mi rende molto orgoglioso e sono molto felice". La nostra intervista.

Che cosa un danzatore deve fare per eccellere?

La vita del danzatore è fatta di sacrifici, di passione e amore per quello che fa. Se tu metti passione e sacrificio in qualsiasi lavoro, prima o poi ti ripaga. La vita del danzatore non è facile come tanti credono, anzi è molto complicata e dura: c'è tanto da lavorare.


Personalmente penso che tu sia uno dei più bei ballerini nostrani. Secondo alcuni studi, la bellezza paga e garantisce più successo. Sei d'accordo? 
Sicuramente la bellezza specialmente nel campo dello spettacolo e dell'arte aiuta, ma se non viene supportata dal talento rimane fine a sé stessa. Sarai anche bello, ma se non hai talento per quello che fai e non coltivi il talento con lo studio, non puoi insomma andare tanto lontano.

Guardandoti indietro, quale fra le tue esperienze reputi ti abbia particolarmente forgiato? 

Io ho avuto una carriera molto ricca, quindi tutte le esperienze che ho avuto mi ha arricchito positivamente e anche negativamente nel senso che mi hanno forgiato il carattere, ad essere più forte e determinato. Ho lavorato con tanti artisti nazionali e internazionali: è stata proprio la mia carriera in sé che mi ha forgiato, nel complesso.


Rispetto a quando ballavi in tivù oggi il piccolo schermo non ha praticamente corpi di ballo. Pensi ci possa essere prima o poi un'inversione di tendenza e riportare in auge le coreografie? 

Quando ballavo in tv, il ballerino aveva una dimensione ben precisa come la figura del coreografo. Era una televisione diversa e il varietà italiano era invidiato nel mondo. Adesso, omologandosi un po' tutto, le cose sono cambiate: una stessa trasmissione viene data in 36 Paesi diversi, quindi non c'è più quella ricerca e raffinatezza di prima. Io spero che possa tornare la bella danza anche in tv: oggi ci sono pochi programmi con corpi di ballo o che parlino di danza, pero non si dà l'educazione giusta secondo me al ragazzo che vuole affrontare questo mondo. Prima, la tv era quasi un punto di arrivo per un danzatore perché lavoravi a fianco di grandi ballerini, c'era un corpo di ballo, era molto importante. Adesso, questo è andato un po' a svanire: spero che ci sia questo giro di boa e tutto ritorni com'era prima.


I modelli di riferimento con cui sei cresciuto in che cosa differiscono dai personaggi seguiti oggi nel mondo della danza? 

I miei personaggi di riferimento erano i grandi ballerini, gli artisti di fama mondiale. Ho avuto la fortuna di conoscere Nureyev, Baryšnikov, ho avuto la fortuna di lavorare con Raffaele Paganini, Steve Lachance, artisti veri. Oggi si tende a seguire tanti personaggi che di concreto non hanno quello che avevano gli artisti che seguivo io, che erano dei fari. Forse, anche per colpa dei social, si tende a somigliarsi tutti quanti, seguire le mode: c'è poca personalità, c'è poca individualità, si cerca tutti di essere uguali. Tante volte, i social possono fare danni perché qualcuno si può vendere per quello che non è e accade spesso: i ragazzi devono fare attenzione, essere più accorti e seguire gli artisti veri.


Qual è l'elemento più difficile da trasmettere nelle scuole di danza?

La scuola di danza è un bacino di utenti dove si va per imparare a danzare: alcuni riescono, altri no. La cosa che secondo me l'insegnante dovrebbe trasmettere è la passione per questo lavoro, l'amore, il fatto di fargli piacere quello che fanno. Uno che non sa, non conosce, che non vive questa realtà non si può rendere conto. Quando ero giovane e ho iniziato a fare i primi programmi, mi sono diplomato come ballerino, tornavo a casa, la gente che ignorava questo mondo mi chiedeva che lavoro facessi. La risposta non li convinceva e insistevano: sì, ma che lavoro fai? Un insegnante deve fare innamorare il ragazzo o la ragazza di quest'arte.


I talent show aiutano la danza? 

I talent show dal punto di vista mediatico aiutano la danza a entrare nelle case degli italiani, delle persone che guardano la tv, però quello che uno vede nei talent show non è realmente il lavoro vero di un ballerino. C'è un pro e un contro: aiutano le scuole a infoltirsi di alunni, però quando io studiavo non mi sarei permesso di rispondere a un mio insegnante, c'era sempre questo rispetto. Se un insegnante sta dall'altra parte, insegna a te qualcosa vuol dire che sa qualcosa più di te, ti può piacere o no, ma ci devi essere questo rispetto. Prima era impensabile contraddire il tuo insegnante di danza, da qui la disciplina ferrea del ballerino.


Progetti in cantiere?

Ce ne sono tanti. Adesso sto lavorando con Renato Zero, poi altri progetti da ottobre e novembre, ma non posso anticipare tanto anche per scaramanzia. Si saprà quando tutto sarà in essere. Giovanni Zambito.


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