Al centro di questa ardita duplicità campeggiano le vicende di Giada (prima bambina sensibile al fascino della natura e delle sue creature, poi giovane donna impegnata nella loro tutela) e di Nives, giornalista scientifica freelance specializzata in questioni ambientali.
Questo libro «di fatto è un docufiction, in quanto la narrazione si intreccia con il reportage giornalistico e le parole di autorevoli scienziati, (…) con l’intento di diffondere i risultati di alcuni studi a nostro avviso significativi, fra i tanti disponibili, sul tema degli effetti dei cambiamenti climatici». Un viaggio inventato, quindi, ma verosimile, sull’impoverimento della biodiversità, dove Nives è protagonista della parte più decisamente documentaria, con le sue interviste immaginarie a scienziati reali che indagano gli effetti del global warming sulla fauna e gli ecosistemi, mentre spetta a Giada incarnare invece il versante più apertamente romanzesco, costruito sulla sua “educazione sentimentale” alla natura e, via via, sulla sua maturazione come scienziata.
Senza tralasciare alcune forti suggestioni alla Walden – ma al netto dello spiritualismo ottocentesco di Thoreau – che qui e lì emergono dalla intensa descrizione della vita nei boschi, né l’accurata ma non meno affascinante descrizione di alcuni momenti solo in apparenza più “tecnici” della routine di chi fa ricerca sul campo i due diversi “affluenti” narrativi finiscono per fondersi in un unico flusso, quel tanto che basta per far incrociare i destini di Giada e Nives sotto le “ali di cristallo” del piccolo – e qui involontariamente mitico – volatile di montagna, prima di separarsi di nuovo, ma non prima di aver lasciato sulla loro scia una rinnovata e ancor più solida consapevolezza in entrambe le protagoniste.
La stessa consapevolezza che Bettega e Martina, attraverso un’informazione attenta ma “rivestita” dal piacere dell’intrattenimento, sperano di condividere con le giovani generazioni, che dimostrano finalmente di avere un obiettivo comune: «(…) il diritto alla vita, per ogni essere vivente del pianeta, senza alcun limite spazio-temporale. Come il piccolo colibrì che getta l’altrettanto piccola goccia d’acqua sull’incendio: è davvero giunto il momento che ognuno faccia la propria parte, per piccola che possa sembrare…». Perché è anche così che «ce la possiamo fare».
Chiara Bettega, naturalista e assegnista di ricerca presso il MUSE di Trento, si occupa di studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ambienti d’alta quota. Nata e cresciuta in Primiero, ha girovagato per l’Europa occupandosi di rapaci notturni, per poi dedicarsi allo studio del fringuello alpino. Attualmente vive non lontano dalle Piccole Dolomiti vicentine. Oltre a viaggiare e camminare per boschi e montagne, ama parecchie altre cose, tra le quali, naturalmente, scrivere, disegnare e fotografare.
Aldo Martina, naturalista e storyteller ha lavorato per diversi enti in ambito faunistico e nella didattica ambientale. Romano di nascita ma trentino d’adozione, collabora da circa vent’anni con il Parco Naturale “Paneveggio Pale di San Martino”. Ama girovagare, soprattutto nei boschi, con binocolo e macchina fotografica. È autore di “Nella selva oscura. Racconti naturalistici vissuti sul campo” (2018), “Sentieri selvaggi. Un anno in Val Canali, tra Villa Welsperg e le Pale di San Martino” (2019), “NON c’era una volta… – Il mondo animale tra fantasia e realtà: miti, leggende, luoghi comuni e fake news” (2020) e “Animaleschi. Quando il mito incontra la scienza” (2021), tutti pubblicati da Edizioni Del Faro, e di “Cervi e uomini. Un racconto tra esperienza e passione, sulle tracce di un animale unico” (Bertelli Editori, 2019).