Pietro Falco è un cantautore, musicista polistrumentista italiano. Esordisce come cantautore nel 2014, pubblicando un album autoprodotto, “Gioventù suonata”, grazie al quale, l’anno successivo, arriva al Festival di Castrocaro, classificandosi al secondo posto. Nel frattempo, si dedica allo studio di altri strumenti e alla musica elettronica. Cominciano una serie di collaborazioni in studio e un’altra serie di album, dapprima “k2” (con il duo rock Kristi), poi “Vita eclettica” nel 2019. Dal 2020 continua a partecipare a produzioni artistiche, prevalentemente della scena romana, e comincia a produrre personalmente alcuni artisti. Nel 2022 pubblica “Mine”, un brano che anticipa un nuovo progetto, in cui mette insieme Funk, Blues, Rock ed elettronica, senza distaccarsi dalla forma canzone.
Il 20 maggio è uscito in radio e digitale il nuovo singolo dal titolo “La maglietta di Friends”.
Parliamo del tuo nuovo
singolo “La maglietta di Friends”. Com’è nato? Cosa rappresenta per te?
Ciao, la canzone una
canzone nata dopo un pomeriggio trascorso con i miei amici, abbiamo girato in
bici per il centro di Roma e ci siamo ritrovati a giocare a calcio su una
pizzetta, utilizzando gli zainetti come porte…
Insomma, come quando
eravamo ragazzini nella metà degli anni 90, solo che sono passati un bel pò di
anni ormai!
Per me rappresenta
tutto ciò che sono. Ascoltando il brano c’è tutto il mio mondo. Utilizzo
immagini e personaggi che riassumono quello che mi piace, quello che mi coccola
e mi tira su nei momenti di tristezza, il mio porto sicuro.
Super Mario, i vecchi
film, il calcio, le giornate con gli amici, Friends, Ornella Muti,
sono il mio “filtro retrò”.
A quale idea si ispira
il videoclip?
In realtà non c’era un’idea precisa. Abbiamo pensato subito a super Mario come “disturbatore”. Mentre mi preparo per andare al lavoro, in una giornata come tante, lui mi ripropone costantemente tutta la mia infanzia, riuscendo poi a farmi rimanere a casa.
Quali sono le tue
influenze musicali?
Nasco come musicista.
Sono cresciuto ascoltando i gruppi rock/blues, studiando i chitarristi (Jeff
beck in primis), ma la passione per i cantautori è sempre stata forte.
Da un lato c’erano i tecnicismi, dall’altro le canzoni di Jovanotti.
Come e quando è
iniziata la tua passione per la musica?
Grazie ad un pianoforte
nel salotto di casa. Passavo ore intere a suonare le melodie che ascoltavo in
radio. A casa si ascoltava tantissima musica.
Poi ci sono diversi
episodi che mi hanno fatto innamorare. Cominciai a capirci qualcosa con la
morte di Lucio Battisti.
Tutti quegli special in
Tv mi hanno fatto scoprire la sua grandezza e ho capito che nella vita avrei
voluto fare quello.
Un altro episodio è stato il video di Scar Tissue dei Red Hot Chili Peppers nel 99.
Esordisci come
cantautore nel 2014, pubblicando un album autoprodotto, “Gioventù suonata”,
grazie al quale, l’anno successivo, arrivi al Festival di Castrocaro.
Raccontaci questa esperienza.
È stata sicuramente una
bellissima esperienza. Porto con me tutti i ricordi dei casting infiniti, la
vittoria per accedere alla diretta su Rai 1, l’orchestra…
Venivo dalla perdita di
mio padre, era un bruttissimo periodo, per cui il festival mi ha dato veramente
una botta di vita.
Musicalmente ero ancora immaturo e il musicista che in me non riesce ad apprezzare appieno quella canzone, ma è stato tutto molto bello.
Con quale artista ti
piacerebbe collaborare e perché?
Troppi! Provo a riassumere: tutta la vecchia scuola romana, i Negrita, Vasco, Cremonini e tanti altri musicisti, magari meno famosi.
Progetti futuri?
Tanti altri singoli e
(spero) tanti live!
Ho troppa voglia di
suonare in giro.
Grazie per questa
intervista.
A presto!