DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE A QUELLA ADOLESCENZIALE… IL PASSO È BREVE!
Chi era Oreste De Amicis? Era un frate di paese che era molto
aperto alle problematiche delle persone. Stava sempre in mezzo alla gente e non
solo in Chiesa. Le sue prediche avvenivano anche in piazza o nell’osteria.
Questo ha fatto sì che le persone del paese si avvicinassero moltissimo ma
anche altre in tutto il territorio abruzzese.
È uno
spettacolo imperdibile, a cosa è dovuto? La scrittura di Ariele
Vincenti permette di giocare con la storia personale e quasi sconosciuta di
questo frate abruzzese in un momento molto particolare, la seconda metà
dell’800 in cui nasce l’Unità d’Italia, la Rivoluzione industriale, l’arrivo
della Ferrovia anche nei posti più remoti. Inizia il fenomeno dell’emigrazione
e soprattutto si racconta la storia di gente che normalmente non sarebbe capace
di elevarsi per raccontare una storia del genere a teatro. È gente del posto
che cerca di raccontare attraverso degli spettacoli molto amatoriali, quello
che è successo. È un fenomeno locale che c’è in Abruzzo” La compagnia du
Sant’Antonio”, delle persone del paese vanno in giro a raccontare quello che è
successo a Sant’Antonio che era devoto ed era stato tentato dal diavolo nel
deserto.
È vero che Ariele Vincenti ti
ha strappato due ruoli, nonostante fisicamente siate molto diversi? Sì
sono due spettacoli di Antonio Grosso: in “Minchia Signor Tenente” dovevo fare una
sostituzione ma il provino del ruolo lo ha vinto Ariele. La seconda occasione è
stata con “Certe Notti” uno spettacolo sul terremoto dell’Aquila. Da lì c’è
stato un simpatico sfottò con Ariele, dicendo “tu sei quello che mi ruba i
ruoli”.
Un giorno si è avvicinato e mi ha detto “tu sei il Messia”. Ho risposto “Messia
mi sembra esagerato, diciamo che me la cavo” e lui “Ti devo raccontare la
storia del Messia d’Abruzzo”.
La storia si svolge nel 1861 nel primo Risorgimento. Che ricordi scolastici hai di quel periodo storico? Ho pochi ricordi di quel periodo ma non perché non fossero bravi gli insegnanti ma perché ero nel pieno della rivoluzione adolescenziale, ho ascoltato poco. Con Ariele siamo andati più volte in Abruzzo, nei luoghi in cui il Messia era stato protagonista. Ciò mi ha dato la possibilità di conoscere più a fondo il Risorgimento e ciò che succedeva in Italia. Mi ha fatto sentire meno isolato in terra d’Abruzzo. Questo movimento rivoluzionario non accettava più che ci fosse la disparità tra potere temporale e la povera gente. Si unirono anche altre regioni come per esempio la storia del Cristo dell’Amiata che Ariele ben conosce perché ci fece uno spettacolo con protagonista Simone Cristicchi. Una storia per certi versi simile ma più nota del Messia d’Abruzzo. Ho capito che c’era questo movimento rivoluzionario, la situazione non era più sopportabile.
Oreste De Amicis era Frate,
Prete, Eremita, Messia d’Abruzzo. In quale di questi ruoli ti sei sentito più a
tuo agio? È ovvio… nel Messia! Soprattutto nel suo momento di follia.
un personaggio che parte nella maniera giusta, vuole aiutare la povera gente e
stare vicino a chi ha bisogno di un aiuto, di non girarsi dall’altra parte e
quando ti rendi conto che ci sono persone che hanno bisogno d’aiuto, non
bisogna girarsi dall’altra parte. Una trasformazione dell’uomo che pensa che
tutto può e che tutto è giusto e che ce la farà a cambiare il mondo da solo e
poi la disfatta quando si rende conto che tutto ciò non è possibile.
Che differenza c’è tra Oreste
De Amicis e San Francesco d’Assisi? La differenza sostanziale è
che San Francesco non è mai voluto uscire dalla Chiesa otre alla levatura e la
vocazione profonda che aveva e che Oreste non aveva perché lui stesso lo aveva
dichiarato. Il pensiero di Oreste è che
la Chiesa doveva cambiare e andare verso una nuova Chiesa all’esterno mentre
Francesco chiedeva un’attenzione particolare rimanendo dentro la Chiesa e
dentro la religione.