Ecco un’opera d’arte a decantare sia la grandezza dell’artista creatore e sia il costume ciociaro, il soggetto pittorico forse più amato e più illustrato dagli artisti europei. Nella postura, nella vestitura e in altri dettagli il cultore riconosce immediatamente che solo il sommo Corot poteva inventare prima e realizzare dopo tale splendida opera d’arte. Corot era ed è noto per i suoi paesaggi, ai quali ha conferito una personalità e uno stile tipici e fu solo negli ultimi quindici anni della sua vita, scrivono gli specialisti, che iniziò a dedicarsi intensamente alla figura umana, alla pittura di donne: realizzò oltre trecento tele, accumulate nello studio, che mostrava solo ad amici ed a cultori: ne espose al pubblico cinque, forse per mostrare che anche la figura umana era una sua eccellenza, non solo il paesaggio. Le donne che posavano erano le modelle, quasi tutte ciociare, che assoldava nei luoghi di raccolta di Montmartre e di Montparnasse o del Quartiere Latino. Questo quadro è anche il primo o tra i primi, dei suoi dipinti femminili tra il 1858 e 1860, ed è certamente il primo con Agostina, diciottenne, modella: immediatamente dopo seguiranno tre nudi sfolgoranti, quello a Washington (The Repose), quello a New York (Bacchante by the Sea) e quello a Ginevra (Nymphe couchée à la campagne) , che è anche la sequenza cronologica. Negli anni a seguire la modella posò per una ventina di quadri, fino al 1873, alcuni sono capolavori incredibili tali da oscurare perfino la sua fama di celebrato pittore di paesaggi: si osservino, per esempio, la ‘Signora in blu’ al Louvre parigino o la ‘Lettura interrotta’ a Chicago o ‘La ragazza in rosa’ al Museo d’Orsay sempre di Parigi.
La ‘Ciociara col mandolino’: abbiamo di
fronte una composizione originale da lui inventata divenuta
contrassegno della pittura occidentale dell’Ottocento, che ripeterà fino alla
fine, mutando ambientazioni o arredamenti. A parte la
qualità superba, tale opera è anche folkloricamente distintiva: vi sono illustrati gli elementi tipici del
costume ciociaro: i colori, gli
orecchini a pendente, la collana di corallo, i manicotti, la tovaglia in testa
pur se molto originale, il costume naturalmente, soprattutto le cioce perché
curiosamente l’artista non ama mettere le calzature alle sue donne, le notiamo
solo in due o tre dei circa trecento quadri realizzati! E di opere di
donne in inappuntabile vestitura ciociara l’artista ne ha realizzato nove-dieci e la presente assieme ad un’altra,
è la sola completa in ogni dettaglio folklorico. Va ricordato che Agostina Segatori, questo il nome della
modella, da Subiaco, nata per caso ad Ancona a quell’epoca Stato della Chiesa, divenne
tra le più ricercate della sua epoca. L’artista ben conosceva l’abbigliamento ciociaro e i suoi colori: nella sua gioventù era vissuto per tre anni a
Roma e la città e i dintorni gli erano familiari, come pure completa era la dimestichezza con la umanità e le vestiture così a lui care. E fu perciò
naturale e normale in questo quadro ritrarre Agostina abbigliata nel suo
sgargiante costume ciociaro e il tamburello in mano come dal suo arrivo a Parigi. Certamente
l’osservatore attento rimarcherà che il
mandolino è essenzialmente squisita
prerogativa napoletana, estraneo dunque alla
tradizione ciociara e Corot era
ben consapevole della sua licenza
poetica ma nella ‘Ciociara col mandolino’ ripristinò anzi conservò la verità
folklorica collocando per terra, a guisa
di contrappasso, il simbolo e marchio
sia del costume ciociaro sia della modella: il
tamburello che assurge anche a inconfutabile firma originale e inedita dell’artista: è la
sola opera coi due strumenti. E la stessa immagine, pari dunque alla medesima
volontà di salvaguardia della identità folklorica ciociara e anche della modella, il
grande artista la propone nel secondo dipinto realizzato con Agostina, nuda questa volta, e cioè quello a Washington (The
Repose) dove affianco al corpo radioso e rigoglioso si vede, discretamente esposto,
un tamburello a sottolineare ancora di più l’intima relazione
tamburello-modella! Si aggiunga che il
tamburello non era solo uno strumento di
lavoro per tutti i ciociari nella via della emigrazione ma sarà altresì, in
particolare per Agostina, anni dopo, perfino il nome e il simbolo del
ristorante che andrà ad aprire allorché la sua giovinezza volgerà al
termine.
Michele
Santulli