È disponibile in libreria e negli store digitali “Il cielo sopra Bellini” (Algra Editore) di Salvatore Giglio, con la prefazione di Alessandro Russo.
Il libro è un viaggio che parte dal cuore della città di Catania, Piazza Duomo e si dirige con orgoglio a conoscere meglio la sua identità. Passa al setaccio l’ex salotto buono dell’ex Milano del sud, ascolta rumori che nessuno ode e vede ciò che altri non vedono. Osserva un fazzoletto di terra fatato e accarezzato dal sole e dalle onde, scorge l’opulenza barocca su una pietra lavica nera ma rossazzurra nelle viscere.
“Il cielo sopra Bellini” è una raccolta di racconti brevi, che racconta di Catania e delle sue contraddizioni. Abbiamo intervistato lo scrittore catanese per saperne di più.
Quando è nata la tua passione per
la scrittura?
Da piccolo soffrivo di una fastidiosa
balbuzie, un fastidioso saltimbanco che appariva e scompariva limitando le mie
volontà espressive.
Così a scuola spesso ero costretto a
sostenere interrogazioni scritte, per evitare lo strazio a me e ai miei
insegnanti.
È stato forse in quei frangenti, cercando di dare il meglio di me stesso per non essere penalizzato, che ho perfezionato e curato il mio modo di scrivere, trasmettendo le mie emozioni e la mia immaginazione con le parole; è stato entusiasmante scoprire che usando bene le parole si può descrivere qualunque situazione, qualunque stato d'animo, come in una fotografia molto dettagliata.
Che ruolo ricopre la scrittura nella tua vita?Scrivere è il mio momento catartico, è
meglio di qualsiasi seduta di psicanalisi o di meditazione.
Scioglie le
tensioni, allontana i pensieri negativi e crea un mondo in cui mi rifugio.
Il miglior regalo che posso farmi è concedermi un po' di tempo per scrivere, in una stanza illuminata dal sole.
Quali sono stati i tuoi scrittori
di riferimento?
Nella giovinezza ho amato molto la poesia;
nell'adolescenza i versi di Ignazio Buttitta e Micio Tempio, poi Pablo Neruda e
i poeti ermetici.
Ho poi attraversato un lungo periodo
studiando la Sicilia di Verga, Brancati e Pirandello e proprio in questo
periodo sono alle prese con l'opera di Leonardo Sciascia.
Ma lo scrittore che ha cambiato
radicalmente il mio modo di vedere la scrittura è stato Gabriel Garcia Marquez:
i suoi racconti fantastici con personaggi straordinari protagonisti di fatti
bizzarri ed epici allo stesso tempo hanno aperto definitivamente la mia finestra
sul mondo dell'immaginazione.
Anche il suo utilizzo della punteggiatura è stato un momento interessante di crescita, dal punto di vista tecnico.
Quale messaggio vuoi trasmettere
con “Il cielo sopra Bellini”?
Non ho la pretesa di trasmettere un
messaggio, i miei racconti vogliono solo mostrare la mia città da una
prospettiva particolare; immagini da sempre alla portata di tutti descritti da
una prospettiva inedita, originale.
Quanto tempo hai impiegato a
scrivere il libro?
È un lavoro iniziato senza la precisa
coscienza di scrivere un libro, circa dieci anni fa. Ho iniziato a scrivere per
saziare e circoscrivere la mia immaginazione, che altrimenti si sarebbe
scoperta inquieta, ingovernabile.
Un paio d'anni fa mi sono accorto che avevo raccolto centinaia di racconti e, impaginandoli con un certo filo logico, ho concretizzato “Il cielo sopra Bellini”.
Come è nata la copertina de “Il
cielo sopra Bellini”?
Ho parlato del mio lavoro ad un caro
amico, Carlo o Karlitos, come ha preferito venisse citato.
Esperto di grafica, attento e insaziabile
lettore, uomo di cultura, ha sintetizzato il mio lavoro nella splendida
copertina minimalista che è diventata il volto del mio lavoro.
Molte librerie si sono complimentati, oltre che per il testo, anche per la copertina che ha fatto bella mostra in molte vetrine catanesi.
Che libro si trova oggi sul tuo
comodino?
Una raccolta di racconti di Georges Simenon.
Progetti per il futuro?
È davvero difficile rispondere: a
vent'anni facevo progetti che in realtà sono risultati diversi dalla mia
attuale quotidianità; però posso dirvi che sto studiando e raccogliendo
informazioni per un nuovo lavoro, un nuovo libro.
Ancora è solo un'idea che prende corpo
giorno dopo giorno e che aspetto che germogli spontaneamente, senza fretta.
È certo che vorrei continuare a scrivere; come vi dicevo poco fa, in mezzo a quelle sequenze di lettere e parole, trovo equilibrio e serenità.