Libri, Mauro Galliano presenta “Occhi di Ferrofilato (Fresco di stampa)" autobiografia scritta in terza persona

«Se ho un problema mi impegno a risolverlo, non mi posso permettere di aggirare l’ostacolo nella maniera più assoluta. Se mi si presenta un obiettivo provo a raggiungerlo con impegno senza aspettare che qualcuno o qualcosa mi venga a dare la soluzione o addirittura la strada più semplice. Sia nel mio lavoro o nella passione che ho di scrivere bisogna avere tanta tenacia, fino allo sfinimento, e poi anche un po’ di fortuna che è una conseguenza per chi osa» (Mauro Galliano) - di Andrea Giostra.

Ciao Mauro, benvenuto e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Mauro scrittore e architetto?

Grazie a voi per avermi invitato. Mi chiamo Mauro, ho 47 anni e provo a vivere la vita nel migliore dei modi. Mauro scrittore è quello sognatore, che prova a mettere i suoi pensieri su carta cercando di dare emozioni a chi li legge, mentre Mauro architetto è quello che arranca svolgendo una professione che lo ha stancato fino al punto di aver preso la decisione di allentare un po’ la morsa. 

…chi è invece Mauro nella sua quotidianità al di là dell’arte dello scrivere e della sua professione di architetto?

Sono una persona semplice, mi accontento delle piccole cose: una giornata di sole, non troppo calda, il mio cane che scodinzola felice. Mi piace vivere con mia moglie Maddalena, vi assicuro che dopo quasi 30 anni l’amore tra noi si rafforza ogni giorno di più. 

Qual è la tua formazione letteraria? Ci racconti il percorso che ti ha portato a svolgere quello che fai oggi quale scrittore?

Potrei iniziare a decantare conoscenze letterarie, parlare di una formazione eccelsa e che mi supporta nella scrittura, sarei bugiardo, a me interessa che i miei lettori conoscano il vero Mauro, quello che da ragazzo non ha avuto mai voglia di studiare, tantomeno leggere libri. Da qualche anno sto provando a recuperare il tempo perduto e devo dire che preferisco leggere romanzi, ma anche libri che raccontano di attualità. 

Come nasce la tua passione per la scrittura? Ci racconti come hai iniziato e quando hai capito che amavi scrivere?

Come dicevo, studiare non è mai stata la mia passione, ma tra le poche materie che mi appassionavano c’era “Italiano”. Scrivere mi è sempre piaciuto, ho un modo totalmente diverso di espressione quando sono con me stesso e un taccuino oppure accompagnato dai tasti di una tastiera. Ho iniziato a scrivere per caso, un diario, in un periodo non felice della mia vita, ero in carrozzina a rotelle e in quel periodo non mi andava tanto di parlare, provavo a buttare, nel vero senso della parola, tutto quello che avevo dentro su pagine che si macchiavano di rabbia e sofferenza. È in quel momento che ho capito che amavo scrivere, che avevo voglia di imparare a farlo… 


Ci parli del tuo libro “Occhi di Ferrofilato” pubblicato da pochi giorni da PandiLettere editore di Roma? Come nasce, qual è il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale la storia che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Il mio libro nasce da esperienze di vita vissuta, la mia. È un’autobiografia scritta in terza persona perché mi sono voluto “staccare” da me mentre parlavo della mia vita. Soffro di sclerosi multipla da più di 30 anni ed ho voluto parlare del mio rapporto con la “stronza”, l’ho fatto in tono ironico, molto ironico.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre lo scrivevi?

Per primi tutte le persone che hanno bisogno di lottare, certo non è un manuale ma può far pensare e tanto, poi vorrei che lo leggessero tutte quelle persone che si lamentano per cose frivole. Dovrebbero imparare a guardare indietro e capire quanto sono fortunati, lo stesso faccio io.

Una domanda difficile Mauro: perché i nostri lettori dovrebbero comprare “Occhi di Ferrofilato (Fresco di stampa)”? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarlo.

Ha innanzitutto una copertina da sballo, le grafiche della mia casa editrice, PandiLettere, sono state sensazionali. È un libro che si legge in un paio di giorni se ci si mette di impegno (ahah), quando inizi non te ne vuoi staccare (questo il commento di chi lo ha già letto) e poi ha delle illustrazioni che rispecchiano alla perfezione la storia trattata. 

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare questa opera letteraria? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Innanzitutto è doveroso ringraziare la mia casa editrice PandiLettere che ha creduto in me. Un ringraziamento particolare a chi fa parte della mia vita e con il suo amore ed i suoi sguardi rassicuranti accompagna in special modo i miei momenti “no”, mia moglie.

Nella tua attività letteraria hai pubblicato altri libri e romanzi. Ci racconti quali sono, di cosa trattano e quale l’ispirazione che li ha generati?

Sto scrivendo un nuovo romanzo, è in fase di editing. È una storia che tratta di tre amori, ambientato in due periodi storici ben definiti (post-bellico e metà anni ’80), il personaggio principale, Sandro, rispecchia un po’ le persone che si “oscurano” nella vita di tutti i giorni. Non posso dire altro. Ho scritto anche racconti per varie antologie l’ultimo dei quali scritto durante il periodo della pandemia. 

«I perdenti, come gli autodidatti, hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti.» (Umberto Eco, “Numero Zero”, Bompiani ed., Milano, 2015). Cosa ne pensi di questa frase del grande Umberto Eco? In generale e nel mondo della letteratura contemporanea italiana… come secondo te va interpretata considerato che oggi gli scrittori “tuttologi” in Italia sono in netta maggioranza rispetto ai lettori che hanno desiderio di leggere belle storie e al contempo di acquisire nuove conoscenze?

Sono pienamente d’accordo con l’affermazione di Umberto Eco: nella società moderna sono davvero troppi gli scrittori che credono di sapere e poter scrivere di tutto senza tenere conto delle esigenze dei lettori che a volte vorrebbero leggere libri quanto più vicini alla propria realtà. 

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Ritengo che il pensiero di Proust rispecchi idealmente il mio modo di riflettere e va di pari passo con quello che dovrebbe essere il rapporto di uno scrittore con il suo io. Leggere un libro è assorbire le emozioni di un personaggio fino a sentirne la mancanza dopo averlo terminato. Credo non sia una conversazione con chi ha scritto il libro ma un fare proprio il pensiero e svilupparlo secondo la propria interpretazione fatta di solitudine durante la lettura. 


«La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali.»
(Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). È davvero così secondo te? Cosa ne pensi in proposito? E cosa è per te leggere un libro?

Leggere è un piacere, è un nutrire la mente e di conseguenza il corpo. Discutere insieme a chi lo ha letto e carpire le diverse interpretazioni, le svariate emozioni a seconda di chi interpreta quello stesso pensiero. Cos’è per me leggere un libro? Beh, arricchire la mia preparazione, significa studiare nuovi vocaboli anche se sono da me già conosciuti, imparare nuove collocazioni all’interno della stessa scrittura. 

«Cominciai a pensare alle soluzioni nella vita. La gente che risolveva le cose aveva molta tenacia e una buona dose di fortuna. Se tenevi duro a sufficienza di solito arrivava anche un po’ di fortuna. Però la maggior parte delle persone non riusciva ad aspettare la fortuna, quindi rinunciava.» (Charles Bukowski, “Pulp”, Giangiacomo Feltrinelli Ed., Milano, 1995, p. 108). «Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo? Oppure la pensi come Bukowski, pensando al tuo lavoro e alla tua passione artistica? Quale ruolo giocano la “tenacia” e la “fortuna” nella vita, nell’avere successo nel lavoro e nelle nostre “passioni”?

Parto dal presupposto che la fortuna aiuta gli audaci, io mi ritengo fortunato. Devo lottare ogni giorno da troppo tempo e chiedermi come affrontare il problema non è mai stata una scelta per me. Se ho un problema mi impegno a risolverlo, non mi posso permettere di aggirare l’ostacolo nella maniera più assoluta. Se mi si presenta un obiettivo provo a raggiungerlo con impegno senza aspettare che qualcuno o qualcosa mi venga a dare la soluzione o addirittura la strada più semplice. Sia nel mio lavoro o nella passione che ho di scrivere bisogna avere tanta tenacia, fino allo sfinimento, e poi anche un po’ di fortuna che è una conseguenza per chi osa.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?

È importante che la storia sia originale e sorprendente, ma anche il linguaggio col quale viene scritta è fondamentale, un connubio dal quale non si può prescindere. 

«Per quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”» (Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking for the Giants: An Interview with charles Bukowski, “Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1, December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a scrivere?

Non ho mai frequentato corsi di scrittura ma sono convinto che anche qui si debba avere la fortuna di incontrare persone competenti e perbene, sono troppi gli sciacalli anche in questo settore. 

Chi sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai amato leggere e che leggi ancora oggi?

Modelli veri e propri non ne ho, preferisco degli autori ad altri, come Erri De Luca, Simonetta Agnello Hornby e Maurizio De Giovanni. Oggi leggo ancora Pennac e sto scoprendo il mondo di Saramago, col suo modo di scrivere che mi affascina sempre più. 

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere questa estate dicendoci il motivo del tuo consiglio.

“L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, “Il signor Malaussène” di Daniel Pennac, “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” di Enrico Ianniello. Per me hanno tutti e tre una delicatezza di linguaggio esposta in maniera differente ma che arrivano dritto al cuore del lettore. 

E tre film da vedere assolutamente? Perché proprio questi?

“Martin Eden” (perché mi sento un po’ come lui, partito dal niente si impegna perché vuole scrivere e ci riesce; “La vita è bella” (di Roberto Benigni) perché è la dimostrazione che con il sorriso e l’ironia si può affrontare tutto; “Perfetti sconosciuti” (perché quando crediamo di conoscere una persona a volte si rivela la più lontana da noi).

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti che vuoi condividere con i nostri lettori?

Portare a termine il mio secondo romanzo, scrivere un’autobiografia è più semplice che inventare di sana pianta una storia. Per quanto riguarda i miei prossimi appuntamenti, sta per partire un social tour che mi vedrà in varie dirette online per far conoscere il più possibile Ferrofilato. 

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?

Ai lettori dico che li aspetto tra le pagine del mio libro, ho voglia di far conoscere Tommaso e Ferrofilato, che si passano il testimone nel bel mezzo di una staffetta. Un caro saluto a tutti e grazie per avermi dato la possibilità di farmi conoscere.

Mauro Galliano

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Andrea Giostra

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