di Laura Gorini - Una
famiglia dovrebbe saper educare alla solidità, al rispetto dei
pensieri e sentimenti dell’altro e alla pazienza.
Non è facile
far crescere un'associazione no profit e occuparsi di sociale
oggigiorno. Ma quando ci si riesce a farlo tanta è la gioia! Lo sa
bene Alessandra Boran, presidentessa no profit Famiglie e Abilità,
che si occupa quindi non solo di bambini e ragazzi ma anche, come è
facile intuire dal nome, delle loro famiglie, che sono sempre il
fondamento basilare per la crescita dell'individuo.
Alessandra,
che cosa significa oggi essere la presidentessa si un'associazione no
profit?
Per
quanto mi riguarda significa non accontentarsi mai. Quando si
rivolgono a te famiglie giovani con bimbo piccolissimo che hanno
appena ricevuto una diagnosi che sai sarà per sempre, vuoi poter
dare loro ogni sostegno, ogni miglior contributo affinché non si
sentano soli. Per questo motivo sei sempre alla ricerca di creare
rapporti, tessere reti che siano di beneficio all’associazione. Sai
che al di fuori dell’associazione non c’è nulla e tu devi
garantirne il futuro, per tutti loro.
Il
Sociale spesso non è considerato come si deve dai più. Perché -
secondo lei – c'è ancora molta diffidenza nei confronti di chi lo
fa?
Secondo
me sono diversi i fattori ma il più importante è, e sarò sincera,
che c’è poca lungimiranza. Intendo dire che nella nostra cultura
occuparsi del sociale spesso significa nessun guadagno. In realtà
c’è tutto da guadagnare! Prima di tutto ne guadagni come persona,
dedicarsi al sociale si riceve moltissimo, molto di più di quel che
si dà, in termini di crescita e di autostima.
Ma
il guadagno può essere davvero anche economico. Investire nel
sociale significa eliminare l’assistenzialismo dando opportunità
di crescita a categorie di persone con grandi potenzialità che, se
fornite dei giusti strumenti, possono diventare essi stessi datori di
futuro, anche in termini economici.
Molte
persone, quando lo fanno, vogliono rimanere nell'anonimato. Altre
invece ostentano questi loro aiuti. Quando lei capisce che una
donazione o un aiuto è stato fatto con il cuore e non per apparire o
“pulirsi la coscienza”?
Spesso
l’associazione viene usata per farsi pubblicità o per esaltarsi. O
per averne un guadagno d’immagine ma anche di clientela. Queste
persone hanno vita breve però perché non diamo molto spazio a tali
figure. Certo il giusto ringraziamento, ma non pubblicizziamo la loro
“generosità”. Chi lo fa col cuore sa che riceve più di quanto
ha dato, chi lo fa per un guadagno, qualsiasi sia il suo interesse,
non sarà sufficiente mai quello che possiamo fare noi in cambio.
Perciò si allontanano.
Ma che
cosa significa aiutare gli altri e, in particolar modo, i bambini?
Se
aiuti l’altro in qualsiasi modo sai che gli dai una speranza. Credo
che tutti abbiamo bisogno di sperare. Se aiuti un bambino gli dai un
futuro. Cosa c’è di più miracoloso di questo? E tu sei l’autore
del miracolo.
Fin dal
nome dell'associazione si intuisce che al centro c'è la famiglia. Ma
quale è la definizione di famiglia oggi? Come è cambiata nel corso
del tempo?
La
famiglia è la prima educatrice. Anche della società. Una famiglia
dovrebbe saper educare alla solidità, al rispetto dei pensieri e
sentimenti dell’altro e alla pazienza. Una famiglia dovrebbe
esserne le fondamenta. Ma perché avvenga questo la società a sua
volta deve garantirne le basi economiche, legislative, riconoscendone
il valore. Se non c’è questo scambio la famiglia non si regge.
Oggi le famiglie giovani non vedono grandi prospettive per il loro
futuro, sfiduciate molte si sgretolano. Soprattutto se i figli
portano una disabilità la famiglia è sola e si perde dividendosi.
Quali
sono le maggiori difficoltà che ha riscontrato durante il suo
operato? E le soddisfazioni?
Nei primi
anni della sua vita l’associazione non è stata vista come un bene
per tutti, anche osteggiata a volte. Era un dolore non riuscire a far
comprendere cosa si voleva costruire. Soddisfazioni? Tante! Basti
pensare che è l’unica associazione in un vasto territorio che
lavora con i bambini con disabilità grazie alla collaborazione di
grandi professioniste che usufruiscono degli spazi della sede ma che
soprattutto ha molti progetti nel territorio all’interno delle
scuole, in rete con enti pubblici e privati. Tutti legati
all’inclusione delle persone con disabilità.
Come
possiamo darvi una mano concretamente?
Sarò
diretta: abbiamo bisogno di fondi per un grande progetto, Ability
Lab,
una struttura educativo- lavorativa che sorgerà nel cuore della
Riviera del Brenta in provincia di Venezia. Una struttura che
stravolge il concetto di accoglienza perché i suoi gestori, i nostri
figli, opportunamente accompagnati, accoglieranno chi vorrà
usufruire degli spazi che saranno creati al suo interno. Un progetto
cosi ambizioso ha bisogno di tanto sostegno e di lungimiranza!