In questo periodo d’emergenza causato dal Coronavirus, l’attore campano Gabriele Saurio ha dato il via ad a Palco Libero, un format web dove diversi artisti hanno scelto di raccontarsi attraverso gli aneddoti, in certi casi mai raccontati, della loro carriera. Un progetto che è stato reso possibile anche grazie a Vocazioni Creative, la sua Associazione di Promozione Culturale e Sociale, di cui lo stesso Saurio è presidente.
Ciao Gabriele, io partirei da Palco Liberto, il format che stai portando avanti con Vocazioni Creative. Com’è nata l’idea?
“E’ nata un po’ per gioco, da un’idea che mi è venuta mentre parlavo con gli amici Francesco Rivieccio e Pasquale Termini. Sicuramente perché avevo del tempo libero, visto che dovevo stare in casa, ma soprattutto per esigenza. Molti artisti in questo momento stanno recitando, stanno cantando, si stanno esprimendo sul web. Oggi sento il teatro, così come l’arte, ancora più vivo. Quando stavo riflettendo sul valore che gli artisti possono offrire, visto la non considerazione da parte degli enti e dello Stato, mi sono detto che, molto probabilmente, non avevano capito quanto ogni artista potesse essere, appunto, un valore aggiunto poiché custodisce un suo personale armadio dei ricordi. Per tale motivo è nata questa mia rubrica sugli aneddoti: ciascuno dei miei ospiti, con una videochiamata, non parla solo della sua carriera, ma anche di un incontro, di una determinata situazione, che ha caratterizzato la sua vita professionale. Molti hanno parlato di cose che non avevano mai portato alla luce, nemmeno con il proprio consorte”.
Ti sei emozionato di fronte a questi racconti?
“Assolutamente sì. Mi sono venuti i brividi a sentire certe storie. Mi hanno raccontato degli incontri con grandi attori, artisti, letterati. Ad esempio, ho potuto parlare con Maurizio De Giovanni, uno dei più grandi autori della letteratura attuale italiana. Ha scritto tanto per la televisione ed il romanzo Il Commissario Ricciardi. Ho dialogato poi con diversi attori, sia di Un Posto al sole e sia di teatro; persone che hanno collaborato con Mel Gibson. Alvaro Vitali mi ha parlato poi di quello che ha provato quando ha fatto un provino con Fellini. Lì non si è espresso come artista, ha messo a nudo i suoi sentimenti”.
Una rubrica che è in continua espansione, mi sembra di capire…
“Direi di sì, anche perché ho voluto strutturarla come una sorta di challenge. Ogni artista, al termine del suo intervento, mi suggerisce infatti un’altra persona da “intervistare”. Devo dire che tutti i nominati stanno accettando di presenziare con grande entusiasmo. Stiamo arrivando anche a persone molto conosciute. Ad ogni modo, ho deciso di chiudere questa prima stagione con circa 40 interviste. A me però piace chiamarle chiacchierate, perché non sono né un cronista, né un giornalista. Sono un attore e un regista; mi ritengo una persona che vuole chiacchierare e mettere nel proprio armadio questi ricordi degli altri.
Tra quelle che ti sono state raccontate, c’è una storia che ha catturato di più la tua attenzione?
“Mi ha colpito molto la storia di Peppe Barra, cantante e attore bravissimo, quando mi ha detto che una signora, al termine di un concerto, gli aveva regalato cinque caramelle per ringraziarlo. Oggi questo valore, quello del ringraziamento, non c’è quasi più; la prima cosa che pensiamo, se incontriamo un artista, è quella di fare un selfie con lui, non gli diciamo grazie. Mi auguro che questo stop forzato dovuto al Coronavirus possa servire a tutti noi per guardare il mondo in un modo differente, a riscoprire valori che sono stati persi. Mi sto divertendo tanto in questa esperienza: fin da piccolo mi piaceva ascoltare gli aneddoti dei nonni. Oggi penso che manchi davvero l’ascolto. Tutti parlano, sono dei tuttologi, ma nessuno vuole fermarsi, incamerare le emozioni. Fanno solo finta di ascoltare. Ad ogni modo, potrei citare anche altre storie”.
Quali?
“Il nipote della grandissima Tina Pica, ad esempio, è intervenuto a Palco Liberto e, oltre a mostrarmi il nastro d’argento che aveva vinto per Pane, Amore e Fantasia, mi ha raccontato di un incontro tra la donna, Eduardo De Filippo e Luigi Pirandello. Di quando non riusciva a provare Liolà e, esasperata dai continui rimproveri, ha detto loro “sembriamo il quadro dello Spirito Santo”. La Madonna, Gesù e Pirandello, che era lo Spirito Santo”. Aveva una grande energia anche a relazionarsi con i più grandi”.
Puoi farci un elenco di tutti gli artisti ospitati, ad oggi, nel tuo format?
“Sì. Francesco Rivieccio, Ernesto Lama, Piero Pepe, Antonella Morea, Franco Iavarone, Peppe Barra, Anna Spagnuolo, Patrizia Spinosi, Mario Brancaccio, Monica Assante di Tatisso, Maurizio De Giovanni, Rosaria de Cicco, Patrizio Rispo, Mirella Sessa (Miss moda Italia 2009), Mario Porfito, Gino Rivieccio, Franco Pica (nipote di Tina Pica), Giulio Baffi, Andrea Di Maria (fondatore casa Surace), Paolo Caiazzo, Pino Imperatore, Fiorenza Calogero, Pasquale Termini, Massimo De Matteo, Angela De Matteo, Gigi Longobardi, Gea Martire, Daniele Sansone (Leader degli A67), Speaker Cenzou, PeppHo, Valerio Jovine, Andrea Tartaglia, Jennà Romano dei Letti sfatti, Monica Sarnelli, Carlo Poggioli, Nicola Vorelli, Francesco Manisi e Alvaro Vitali. Ne arriveranno tanti altri poiché, come ti ho già detto, alla fine della videochiamata, chiedo all’artista ospite di proporre un nome che possa, in seguito, raccontarci il prossimo aneddoto”.
Prima hai parlato di “fine prima stagione” per Palco Libero. La domanda sorge spontanea: hai intenzione di riproporlo?
“Certo. Non voglio fare i nomi, perché mi piace parlare delle cose quando sono concrete. Però la seconda stagione sarà dedicata a persone tanto conosciute. Per un’eventuale terza voglio, invece, ricorrere alle persone comuni: alla vecchietta, al salumiere, a chi sta nei campi ad arare. Una volta che le persone conoscono il format, possono ascoltare anche quelli che eseguono un lavoro comune, ma che hanno dentro di loro un valore. Come il Lo Cunto de li Cunti di Basile, vissuto nel 1600. Le storie, le favole che si tramandavano solo attraverso la parola, quelle che non avevano nulla di scritto”.
E chissà se da questo progetto potrà nascere anche qualcos’altro…
“Sì, mi è stato proposto giusto qualche giorno fa di trasportare tutti i racconti che ho raccolto in forma scritta, fare un’opera letteraria di Palco Libero. Magari allegheremo anche un audio libro. Probabilmente nella prossima stagione potrò ospitare anche Giuliano Peparini, che è stato nominato sempre grazie a questa sorta di challenge. Vediamo se si riesce ad organizzare. Ho invece già l’adesione di Shaila Gatta, la velina bruna di Striscia la Notizia, che è la nipote di un mio carissimo amico. Sto anche valutando di incontrare persone in grado di farmi scavalcare anche il muro internazionale. Palco Libero mi sta arricchendo tantissimo dal punto di vista personale”.
Parliamo un po’ di te. Cos’ha fatto nascere in te la passione per la recitazione?
“In famiglia avevo Gigi Reder, l’interprete del ragionier Filini in Fantozzi. La passione è arrivata vedendo anche lui. Poi c’era un cugino di mio padre che cantava su Canale 5, per Berlusconi. Ho osservato Antonio Murro e Madelin Alonso, una coppia di tenore e soprano, che hanno fatto tante opere. Da piccolino poi andavo tanto anche a teatro. Mi ha segnato però l’incontro con il premio Strega Wanda Marasco, una grande donna di cultura. La mia associazione si chiama Vocazione Creative, perché penso che il mio mestiere sia proprio una vocazione. Una passione che esplode, che devi portare fuori. Grazie al teatro, che è cultura, io sono riuscito anche a formarmi culturalmente, a leggere tanti autori”.
Che tipo di studi hai fatto?
“Ho fatto l’Accademia, vari corsi di formazioni a Napoli, Milano e Roma. Ho avuto la possibilità di entrare a lavorare al Teatro Stabile e al Bellini con Tato Russo, da subito come co-protagonista, attore e cantante di musical. Mi sono avvicinato anche alla regia, sto lavorando con Piero Pepe, che ha collaborato con Eduardo de Filippo. In questi 20 anni ho cercato di fare quante più cose possibili, per capire e costruire una mia identità artistica. Ho fatto una formazione alla vecchia maniera, vissuta principalmente sul campo. Ho lavorato anche in radio fm, dove ho condotto una trasmissione. In seguito, sono diventato anche direttore artistico della radio, costruivo dei format. Ho partecipato anche ad un corso di doppiaggio, persino al fianco di Teo Bellia, la voce di Boe de I Simpson ma anche di Matt Damon, uno dei più grandi doppiatori, insieme a Tonino Accolla che purtroppo non c’è più. Non è però mai uscito nulla di doppiato con la mia voce, anche se ho fatto gli esercizi nelle sale di doppiaggio a Roma”.
Tu fai tanto teatro; come pensi potrà cambiare questo mondo con tutti gli accorgimenti che si dovranno prendere per via del Covid-19?
“E’ una domanda difficile. Chi fa questo mestiere dovrà adeguarsi alle misure di prevenzione che darà lo Stato perché deve anche mangiare. Io penso però che il Teatro debba essere vissuto dal vivo. La forza di quell’arte risiede tutta nella forza comunicativa che si stabilisce nel momento in cui si interagisce con le persone che stanno sedute in sala. Guardare un po’ il teatro in televisione è come “fare l’amore a distanza”. Lo Stato deve senz’altro tutelare la categoria: in Francia, ad esempio, danno 1200 euro al mese per otto mesi, mentre in Italia no. L’Italia è una nazione che ha dato tanto dal punto di vista della cultura, è fondata sulla stessa. E’ stata promotrice del risorgimento, ha portato dei pensieri filosofici come la Grecia. Noi artisti sopravviveremo con il nostro sorriso, con quel pizzico di follia. Anche nella quarantena, come hai visto, stiamo cercando di regalare un momento di non pensiero da tutta questa tragedia che stiamo vivendo. Sono tante le persone in difficoltà in questo periodo. Il teatro continuerà a vivere ma aspetterà, come tutte le forme di espressione artistica. Abbiamo anche pensato di fruire via web, grazie a delle piattaforme, il teatro ma è un meccanismo complicato, anche oneroso. Dietro questa forma di comunicazione ci sta un mondo dietro di lavoratori. Mi sento di dire però che se si ferma il teatro, o l’arte in generale, si spengono anche i sogni. Ci resta l’immaginazione, ma da sola non basta. Il teatro aiuta anche a realizzare un sogno”.