«Non credo che l'arte
di scrivere si possa imparare. Si può certamente affinare, maturare,
come tutti gli altri talenti, ma le parole, i loro ritmi e i loro
significati, la loro forza e le loro suggestioni le devi avere
dentro. Come un musicista sente il suono e le stonature di ogni
strumento in una melodia, così lo scrittore deve sentire l'armonia
nascosta delle parole.» di
Andrea Giostra
Ciao
Maribella, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito.
Come ti vuoi presentare ai nostri lettori?
Come
sorridendo mi ha definito un'amica, una “ancien
prodige”
che ha iniziato il suo cammino nella scrittura solo da poco.
Chi
è Maribella nella sua professione e nella sua passione per l’arte
della scrittura?
Io
nasco come insegnante e tale rimango perché, come amo dire, gli
insegnanti come i preti non vanno mai in pensione. Questo mi ha
portato ad amare tutte le forme di comunicazione, dal teatro alla
scrittura. Ma mentre nel teatro, teatro soltanto amatoriale
ovviamente, comunico con tutto il corpo, nella scrittura devono
essere le parole a vivere di vita propria. Probabilmente la scrittura
ha appreso dalla recitazione la capacità di rivestirsi di suoni e
colori, di carne e di sangue, di vivere insomma.
Recentemente
hai pubblicato il tuo ultimo romanzo, “La
malaeredità”
edito da Armando Curcio editore. Ci parli di questo libro? Come
nasce, quale l’ispirazione che lo ha generato, quale il messaggio
che vuoi lanciare a chi lo leggerà e chi sono i lettori a cui hai
pensato mentre lo scrivevi?
Questo
romanzo doveva essere scritto. Ce l'ho nel cuore e nella testa da
diverso tempo. Non potevo permettere che la storia bella e terribile
di una donna del passato fosse dimenticata. E poi ci sono state delle
coincidenze, che io non ritengo affatto tali, che mi hanno spinto a
scrivere. Ho ritrovato in una vecchia casa di famiglia lettere,
documenti, abiti, oggetti risalenti alla mia antenata. Una donna che,
nel suo rifiuto di regole e ipocrisie è la personificazione del
decadere di una società nobiliare ottocentesca. Naturalmente pagherà
un prezzo altissimo. Non è facile affrontare il passato, capire da
dove veniamo, comprendere gli errori. Ma, come in una seduta di
psicoanalisi, questo ci fortifica e ci fa affrontare meglio il
futuro.
Sei
una scrittrice affermata e hai scritto diversi romanzi e libri. Ci
parli delle tue opere e pubblicazioni? Da cosa sono nati questi
romanzi e di cosa parlano?
I
miei romanzi precedenti hanno in comune due cose: i giovani e la mia
terra. Ne “I
ragazzi della piazza”
ho ripercorso le tappe della mia generazione nel difficile percorso
di crescita. In “Cielomare”
ho affrontato lo scontrarsi dei giovani con la realtà, soprattutto
quando questa si rivela un terribile scherzo del destino. “Emma”
poi, una bambina nera, che vive in un medioevo fantastico, mi è
venuta in sogno. Ma tutti, compresi i miei racconti, vivono sulle
rive del mio mare, fra le rocce di lava e profumano di gelsomino.
Qual
è la tua formazione accademica e professionale? Come hai maturato
l’arte di scrivere racconti, storie, romanzi…?
Come
spesso accade, le cose importanti avvengono per caso. Io ho sempre
scritto, iniziando come molti giovani dalle poesie, che mi hanno
insegnato la concisione, il ritmo e la scelta ineludibile di una
parola. Qualche anno fa, partecipando ad una trasmissione letteraria,
ho ricevuto, con meraviglia e sgomento, le lodi di Elisabetta
Sgarbi che
ha deciso di pubblicare con la Bompiani
il mio primo romanzo. Ho capito che potevo scrivere per il pubblico e
da lì è cominciata un'avventura.
Quali
sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve
possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché
proprio quelle?
Hai
detto bene “possedere”.
Perché non credo che l'arte di scrivere si possa imparare. Si può
certamente affinare, maturare, come tutti gli altri talenti, ma le
parole, i loro ritmi e i loro significati, la loro forza e le loro
suggestioni le devi avere dentro. Come un musicista sente il suono e
le stonature di ogni strumento in una melodia, così lo scrittore
deve sentire l'armonia nascosta delle parole. Ogni aggettivo deve
essere un'emozione, ogni virgola una pausa del respiro, ogni avverbio
un cambiamento di prospettiva.
Perché
secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?
Per
una ragione molto banale. La nostra lingua meravigliosa si sta
perdendo. Nel semplificarsi sta abbandonando tutta la sua ricchezza.
È una tristezza constatare che molti giovani hanno un ridotto
bagaglio lessicale. Non possedere le parole significa non avere i
concetti corrispondenti. Tutte le sfumature di un sentimento possono
essere espresse con parole diverse e spesso le incomprensioni sono
dovute alla banalizzazione dei termini. Mi piacerebbe poter dire che
scrivo per non essere dimenticata, ma vorrei ancora di più che non
fosse dimenticata la nostra lingua.
Chi
sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai
amato leggere e che leggi ancora oggi?
Temo
moltissimo questa domanda. Come se mi chiedessero di scegliere fra i
miei figli. Io sono una lettrice onnivora e amo tutti i libri, anche
quelli che non mi piacciono, perché da loro imparo quello che non si
deve fare. Dei sudamericani, ad esempio, amo la creatività onirica,
dei russi la forza delle passioni, degli inglesi l'humour sottile,
degli italiani la presenza della realtà. Sono tutti miei figli,
insomma.
«Quando
la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono
al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo
aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma
diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita
individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa,
così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo
realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con
lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto
infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e
che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi
passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.»
(Marcel Proust, in “Sur
la lecture”,
pubblicato su “La
Renaissance Latine”,
15 giugno 1905). Qual è la riflessione che ti porta a fare questa
frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello
scrivere?
Io
credo che la vita reale non si possa sostituire alla lettura. È
troppo forte, troppo invadente, ci afferra per i capelli e ci
costringe a vivere. La lettura è una chiave di comprensione che ci
aiuta a vivere meglio, più consapevolmente, perché capire le vite
degli altri ci fa capire noi stessi.
Charles
Bukowski a proposito dei corsi di scrittura diceva … «Per
quanto riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori
solitari. Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si
riuniscono e … emerge sempre un leader, che si autopropone, in
genere, e leggono la loro roba tra loro e di solito si autoincensano
l’un l’altro, e la cosa è più distruttiva che altro, perché la
loro roba gli rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte
e dicono: “Oh, mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al
gruppo hanno detto tutti che era un lavoro geniale”»
(Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking
for the Giants: An Interview with charles Bukowski,
“Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1,
December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai
alla moda in questi ultimi anni? Pensi che servano davvero per
imparare a scrivere?
Ho
risposto prima a questa domanda. Possono servire ad imparare una
tecnica, come si impara per la musica o la pittura. Sono una
scorciatoia per coloro che non hanno la capacità e la voglia di
lavorare su sé stessi per esprimere quello che hanno dentro.
«La
lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei
secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una
conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri
migliori»
(René Descartes in “Il
discorso del metodo”,
Leida, 1637). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un
libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto?
Sarebbe
meraviglioso se fosse così. Io dico spesso che vorrei essere una
mosca per spiare le reazioni emotive dei miei lettori. Purtroppo ogni
libro è un monologo, scritto in solitudine e in solitudine letto.
Chi legge interpreta ed arricchisce con il proprio vissuto quello che
un altro ha scritto, riversandovi la propria vita.
Una
domanda difficile : perché i lettori di questa intervista dovrebbero
comprare e leggere i tuoi libri? Dicci qualcosa che possa convincere
i nostri lettori a comprare e leggere qualcuno dei tuoi libri.
Se
li vogliono leggere ovviamente devono comprarli. Scherzo, ma
scegliere di comprare un libro è un innamoramento. Non posso sperare
di far innamorare qualcuno. Posso solo promettergli che nelle mie
pagine troverà una voce vera, che parlerà anche di lui, che gli
svelerà un angolo nascosto di sé che non pensava di conoscere, e
che leggendo proverà emozioni e sentimenti vivi come nella realtà,
come avviene nei sogni.
Se
dovessi consigliare ai lettori tre film da vedere e tre libri da
leggere assolutamente, quali consiglieresti e perché?
È
più facile per i libri. La
storia
di Elsa
Morante,
Horcynus
Orca
di Stefano
D'Arrigo e
Cent'anni
di Solitudine
di Gabriel
Garcia Marquez.
Perché sono quelli che mi hanno dato più emozioni. Per i film non
saprei, non sono una grande cinefila.
Quali
sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa
stai lavorando in questo momento e dove potranno seguirti i nostri
lettori e i tuoi fan?
In
questo momento darei loro molto volentieri appuntamento in libreria.
Ma spero che questo possa avvenire a breve. Forse per reazione, ho in
mente un testo umoristico, che faccia il verso a certi aspetti della
contemporaneità.
Come
vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri
lettori?
Che
mi ha fatto molto piacere parlare un po' di me e delle cose che mi
piacciono.
Maribella
Piana
Andrea
Giostra