«La lettura ha lo scopo di aprire nuove porte, nuove strade, nuovi mondi che non avremmo mai incontrato, ma soprattutto ha il compito di illuminare quelle aree del nostro io di cui non avremmo mai sospettato l’esistenza». di Andrea Giostra.
Ciao
Annarita Stella, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro
invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Annarita
artista-scrittrice e Annarita donna?
Ciao
Andrea e grazie a te per la disponibilità. Vorrei presentarmi nella
maniera più semplice possibile. L’Annarita scrittrice e artista
nasce il 18 agosto 1977.
Ho sempre avuto una grande passione per tutto ciò che era creativo:
disegno, scrittura e canto in particolare. La mia passione per lo
spazio e la fantascienza ha radici nell’infanzia, nei cartoni
animati degli anni ’80, in particolare in quelli ambientati nello
spazio o quelli che avevano i robot come protagonisti. Credo che sia
stato qualcosa di scritto nel mio DNA. Ho sempre avuto una grande
passione per il disegno, per il ritratto con matita e chiaroscuri,
per la pittura con colori a olio che ho voluto provare negli ultimi
anni. L’Annarita donna è un’insegnante di scuola primaria
dell’I.C. Montorio-Crognaleto.
Insegno italiano, inglese, storia, geografia e arte. Sono sposata da
quasi undici anni e da quasi due sono madre adottiva di due splendidi
ragazzi: Antonio ed
Ekaterina.
Recentemente,
ottobre 2019, hai pubblicato il tuo ultimo romanzo di fantascienza
dal titolo “Quando borg poso' lo
sguardo su eve”, con Tabula
fati edizione. Ci parli di questa
libro? Come nasce e qual è il messaggio che vuoi arrivi al lettore?
Il libro è stato scritto,
nella sua prima stesura, diversi anni fa ed è rimasto nel classico
cassetto. Qualche tempo fa, mi è tornato tra le mani, per così
dire. L’ho scovato nei reconditi di una cartella e ho pensato che
con qualche aggiustatina sarebbe potuto diventare un diamante grezzo.
E così è stato. Si tratta di un romanzo distopico ambientato in un
futuro post apocalittico dove convivono esseri umani e Borg. Questi
ultimi (lungi dall’avere a che fare con quelli di Star Trek) sono
esseri umani potenziati e creati con l’intento di rendere
nuovamente abitabile le aree della terra devastate dalla guerra.
Nonostante il controllo esercitato dagli esseri umani, i Borg trovano
il modo di riprodursi e riescono a sottomettere gli esseri umani. In
questo scenario prendono le mosse le vicende della protagonista
Lilandra Nassir, una giovane borg che si troverà coinvolta in
vicende personali e politiche molto intense. Ci sono diversi temi
portanti all’interno del romanzo: innanzitutto il valore
dell’uguaglianza di tutti gli uomini, dei pari diritti e doveri,
della pace e dell’amore come sentimento capace di farci cambiare lo
sguardo sull’altro.
Ci
parli delle tue precedenti opere e pubblicazioni? Quali sono, qual è
stata l’ispirazione che li ha generati, quali i messaggio che vuoi
lanciare a chi li leggerà?
Io
nasco come scrittrice nel 2004
con la pubblicazione del mio primo romanzo di fantascienza “Ragnatela
Dimensionale” con la Delos
Books di Milano.
A questo sono seguite due raccolte di racconti “You
God”, “Racconti
nascosti nei sogni” e un romanzo breve
“Immateria, al di là della Matrice”
(edizioni il Papavero).
Con queste ultime tre opere ho voluto portare avanti un ardito
tentativo: far dialogare la fantascienza con la religione cattolica e
devo dire che il risultato mi ha pienamente soddisfatto. I temi
dell’eugenetica, in particolare, sono stati affidati a una serie di
personaggi e alle loro storia, lasciando al lettore la possibilità
di scegliere quale delle varie voci ascoltare. Il messaggio che
volevo mandare era sostanzialmente questo: l’uomo per sua natura è
un essere limitato, ma si crede l’esatto contrario soprattutto
quando gioca a fare Dio.
Come
e quando nasce la tua passione per la scrittura?
La
passione per la scrittura nasce all’età di 13
anni, quando vidi sul giornaletto “Club
per voi” la copertina e la trama del
romanzo di Isaac Asimov
“Destinazione Cervello”.
Esercitò su di me un fascino così intenso che chiesi a mia madre di
ordinarmelo. Lo divorai in poco tempo e… fu amore a prima lettura.
Da quel momento lessi di lui tutto ciò che riuscii a trovare e poi
cominciai a scrivere le mie prime avventure nello spazio,
Qual
è il percorso formativo ed esperienziale che hai maturato e che ti
ha portare a realizzare le tue opere?
Il percorso è stato
sostanzialmente quello della lettura e della passione per la
fantascienza. Queste due passioni sono state così forte da confluire
in un atto creativo che via via è andato maturando, fino ad assumere
le sembianze di racconti prima e di romanzi poi.
«Non
mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo.
Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano.
Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un
romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù
e questo è quanto. Io la penso così.»
(Ben Pleasants, The Free
Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles
Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.). Cosa
ne pensi delle parole di Bukowski? Secondo te è più importante
quello che viene narrato (la storia) o come è scritta (il linguaggio
utilizzato)?
Io
mi trovo perfettamente d’accordo con quanto dice. Io butto giù le
storie. Se a un certo punto si fermano, sono racconti. Se proseguono
sono romanzi. Tuttavia ritengo che le storie debbano essere scritte
bene e con proprietà di linguaggio.
«Quando
la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono
al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo
aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma
diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita
individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa,
così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo
realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con
lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto
infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e
che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi
passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.»
(Marcel Proust, in “Sur la lecture”,
pubblicato su “La Renaissance
Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la
riflessione che ti porta a fare questa frase di Marcel Proust sul
mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?
Come
ho detto prima la mia scrittura è nata con la lettura e mi ritrovo
tantissimo nella prima parte di questa citazione. La lettura in
primis ha lo scopo di aprire nuove porte, nuove strade, nuovi mondi
che non avremmo mai incontrato, ma soprattutto ha il compito di
illuminare quelle aree del nostro io di cui non avremmo mai
sospettato l’esistenza.
«La
lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei
secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una
conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri
migliori» (René Descartes in “Il
discorso del metodo”, Leida, 1637).
È proprio così secondo te? Cosa significa oggi leggere un buon
libro, un buon romanzo? Quali orizzonti apre, se secondo te oggi,
nell’era dell’Homo Technologicus, effettivamente la lettura di
buoni libri apre orizzonti nuovi?
Decisamente
sì, solo che oggi la lettura è assai bistrattata poiché la
tecnologia non permette il soffermarsi sulla parola scritta. La
lettura a video, le chat e soprattutto gli odiati vocali stanno
uccidendo la parola scritta. Io sono amante della tecnologia ma non
riesco ancora a sostituire l’odore delle pagine con un E-reader.
Pur possedendolo, io ho bisogno di stringere tra le mani il romanzo.
Il progresso della tecnologia ha anche moltiplicato la possibilità
di pubblicare di tutto a scapito della qualità dello scritto. Molto
di ciò che trovi scritto, è scritto male. Dovremmo tornare davvero
agli orizzonti intanto del buon scrivere e poi della qualità a
dispetto della quantità.
«Per quanto
riguarda i corsi di scrittura io li chiamo Club per cuori solitari.
Perlopiù sono gruppetti di scrittori scadenti che si riuniscono e …
emerge sempre un leader, che si autopropone, in genere, e leggono la
loro roba tra loro e di solito si autoincensano l’un l’altro, e
la cosa è più distruttiva che altro, perché la loro roba gli
rimbalza addosso quando la spediscono da qualche parte e dicono: “Oh,
mio dio, quando l’ho letto l’altra sera al gruppo hanno detto
tutti che era un lavoro geniale”»
(Intervista a William J. Robson and Josette Bryson, Looking
for the Giants: An Interview with charles Bukowski,
“Southern California Literary Scene”, Los Angeles, vol. 1, n. 1,
December 1970, pp. 30-46). Cosa pensi dei corsi di scrittura assai
alla moda in questi anni? Pensi che servano davvero per imparare a
scrivere e per diventare grandi scrittori come promettono gli
organizzatori?
Sinceramente
mi ha sempre lasciato assai perplessa la dicitura “corso
di scrittura creativa”. Io lo definirei
piuttosto “corso di scrittura”
poiché possono insegnarti a scrivere bene, possono insegnarti le
tecniche e questo serve, senza dubbio. Ma non possono insegnarti a
creare. Le storie o le hai dentro o non le hai. Se le hai le metti su
carta, se non le hai nessuno può mettertele dentro. Oggi per
diventare un grande scrittori non serve né una buona storia né
saper scrivere. Basta avere un nugolo di editor intorno che scrivono
praticamente il libro al posto tuo.
Chi
sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti, gli scrittori che hai
amato leggere e che leggi ancora oggi?
In primis Isaac
Asimov che considero il mio maestro e il mio
mentore, nonché il più grande autore di fantascienza mai esistito.
Ho avuto un grande passione anche per William
Gibson e il suo Cyberpunk
e sono una grande fan di Patricia Cornwell
e della sua Kay Scarpetta.
Se
dovessi consigliare ai nostri lettori tre libri e tre autori da
leggere, quali consiglieresti e perché proprio questi?
Isaac
Asimov e il suo “Io
Robot” per conoscere il grande maestro
attraverso il suo capolavoro. William Gibson
e la sua “Aidoru”
perché è molto adatto ai tempi moderni in cui la vita in rete sta
sostituendo quella reale. “Memorie di una
Geisha” perché è un libro
introspettivo.
“Incontri
ravvicinati del terzo tipo” perché si
tratta di un capolavoro del cinema di fantascienza; “Via
col Vento” perché è un classico e i
classici bisogna amarli; “Ragazze
Vincenti” perché ti dà la grinta!
Una domanda difficile
Annarita Stella: perché i nostri lettori dovrebbero comprare i tuoi
libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali
online per comprarne alcuni.
Perché
è la fantascienza che non ti aspetti. “Quando
Borg posò lo sguardo su Eve” è
destinato proprio a chi nutre diffidenza nei confronti della
fantascienza e la considera un genere difficile. Sarete affascinati
da Lilandra Nassir,
dal suo carattere, dalla sua passionalità e da tutte le vicende che
si troverà a dover affrontare.
Quali
sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti di cui
ci vuoi parlare?
Il mio progetto è
scrivere un romanzo da poter presentare al premio
Urania. Ci sto lavorando nei ritagli di
tempo. Nel frattempo mi dedicherò alla promozione del mio romanzo,
alle presentazione per fare in modo che quanta più gente possibile
legga fantascienza.
Dove
potranno seguirti i nostri lettori e i tuoi fan?
Su
Facebook - Annarita Stella Petrino - pagina e profilo; Sul blog
http://petrinoscifi.wordpress.com;
Su Instagram annarita_stella_petrino
Come
vuoi chiudere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri
lettori?
Ringraziandovi
per la vostra attenzione e invitandovi ad acquistare il libro perché
sono certa che non vi deluderà. Potete ordinarlo su Amazon, sulle
librerie online oppure sul sito della casa editrice:
http://www.edizionitabulafati.it.
Se, invece, lo volete con dedica potete scrivermi direttamente:
annaritapetrino@yahoo.it
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