Dal
28
dicembre 2019
al 19
gennaio 2020,
al Teatro
ARCOBALENO
(Centro
Stabile del Classico)
la Compagnia
CASTALIA,
presenta MOSTELLARIA
(La
commedia del fantasma)
di T.
M. Plauto,
con
l’adattamento
e la regia di Vincenzo
Zingaro.
Una
delle commedie più divertenti e significative di Plauto,
in cui è possibile riscontrare tutti gli elementi che hanno
determinato la sua fortuna nei secoli. In essa esplode la forza
dirompente dei personaggi plautini, popolari, colorati,
caratterizzati all’estremo; maschere che valicano i secoli, fra cui
spicca il servus callidus,
il servo astuto, inventore di mille trovate esilaranti. Un
tipico esempio di “rovesciamento sociale”, che sta alla base del
teatro plautino: giovani e servi, rispettivamente sottomessi alla
potestà dei padri e dei padroni nella vita, sulla scena prendono il
sopravvento, ribaltando ruoli e rompendo schemi. Uno spettacolo
coinvolgente per un pubblico di qualsiasi età, particolarmente
adatto per trascorrere le Festività con tutta la famiglia. Lo
spettacolo prevede la SERATA
SPECIALE CAPODANNO
con brindisi di mezzanotte, buffet dolce, riffa con premi,
intrattenimento musicale e Festa con la Compagnia!
Note
Di Regia di Vincenzo Zingaro
MOSTELLARIA
(La
commedia del fantasma)
è
una delle commedie più divertenti di Plauto,
in cui è possibile riscontrare tutti gli elementi che hanno
determinato la sua fortuna nei secoli. L’opera, infatti, appartiene
al periodo centrale della sua attività ed è la rielaborazione di
una delle trame più vivaci offerte dalla Commedia attica nuova: il
Phàsma di Filemone. In essa esplode la forza dirompente dei suoi
personaggi: popolari, colorati, caratterizzati sino al parossismo;
maschere viventi, capaci di valicare i secoli, prototipi di tipologie
senza tempo. Fra tutti, spicca l’emblematico personaggio del servus
callidus, il servo astuto, inventore di mille trovate esilaranti,
motore dell’azione che si dipana in avvincenti intrecci
drammaturgici. E in questa commedia, Tranio incarna pienamente la
proverbiale figura del servo plautino, dando origine, con le sue
furbesche invenzioni, a una sequenza di situazioni comiche in cui, ad
ogni rimedio escogitato, il precipitare dei fatti subito impone la
necessità di trovare una ennesima soluzione, come in una sorta di
“corsa agli ostacoli”. Gli fanno da contrappunto le
intramontabili “maschere” dell’adulescens (il giovane
innamorato) e del senex (il vecchio), in un gioco di equivoci, doppi
sensi, ripetizioni e rovesciamenti, ai quali la lingua plautina
fornisce scioltezza e versatilità, ingredienti fondamentali per
rendere credibile “l’incredibile”, come solo il grande Teatro
sa fare (una lezione di cui seppero far tesoro i nostri grandi Comici
dell’Arte nel ‘500). Ed è proprio il “rovesciamento sociale”
alla base del teatro di Plauto: giovani e servi, rispettivamente
sottomessi alla potestà dei padri e dei padroni nella vita, sulla
scena prendono il sopravvento, ribaltando ruoli e rompendo schemi.
Come nel Carnevale (prima nei Saturnali e ancor prima in Grecia nei
riti dionisiaci) i codici comportamentali vengono scardinati, per un
bisogno collettivo di ritornare al Caos primigenio, dove gli istinti
la fanno da padrone (non a caso la “MOSTELLARIA” si apre proprio
con i postumi di un lussurioso banchetto). In realtà, si tratta di
un rovesciamento momentaneo, destinato, al termine della
rappresentazione teatrale, a lasciare il posto all’ordine
socialmente stabilito. Il palcoscenico diventa così una “zona
franca”, dove tutto si rimescola, per ritrovare alla fine un
“rinnovato” ordine. Così, nel finale della “MOSTELLARIA”, la
formula del perdono ristabilisce i precedenti equilibri, assicurando
il lieto fine. Anche se questa può sembrare apparentemente una
formula banale, in realtà, essa risponde a un bisogno altrettanto
profondo dell’uomo di dominare le forze scatenanti del Caos. In
questo modo, la commedia plautina gioca su un duplice binario,
mostrando tutta l’ambiguità dell’esistenza (il suo “diritto”
e il suo “rovescio”, senza che l’uno possa prescindere
dall’altro) e dimostrando di poterne ridere, ci offre uno strumento
di lettura della vita capace di regalarci una inaspettata nota di
serenità, quasi un senso di libertà. Ripartire dal “basso” (il
basso ventre, i bassi istinti, la parte bassa della comunità, ecc.),
esaltare la corporeità attraverso il gusto dell’iperbole e del
grottesco, a livello sia fisico che verbale, significa riappropriarsi
di una dimensione culturalmente esiliata, non per una vena di
gratuita volgarità, ma per recuperare un “rovescio” di cui il
“diritto” ha bisogno, per un’esigenza di aristofanesca
riconciliazione (la commedia di Aristofane si fondò proprio sulla
capacità di disporre in un’armonica composizione gli elementi
contrastanti più disparati). Ecco il perché della metateatralità
plautina, del cercare continuamente un contatto diretto con il
pubblico: quasi a voler ribadire che non c’è niente di serio in
quello che sta vedendo, ovvero, che quello che sta vedendo è
talmente assurdo da essere paradossalmente più autentico del reale,
perché risponde unicamente alle leggi di un gioco condiviso da
attori e spettatori, in cui tutto è possibile, in cui ognuno ha la
possibilità di dialogare con i propri fantasmi, di trovare un
accordo fra il proprio”diritto” e il proprio “rovescio” e
arrivare magari alla fine della rappresentazione con la sensazione di
poterli scacciare quei fantasmi, o meglio, con la consapevolezza che
quei fantasmi non sono che la proiezione delle nostre paure. Nella
“MOSTELLARIA”, il vecchio Theopropides cede alla paura del
fantasma e alle proprie superstizioni. Plauto lo rende oggetto di
burla e innesca un susseguirsi di situazioni comiche, ad opera del
servo. Quella burla, è un parte di noi stessi che la crea: quel
servo, è il nostro “rovescio” che, attraverso una strada tutta
sua, ci permette di ricongiungerci col “diritto”. Ecco perché mi
sono permesso di “deviare” leggermente il finale verso una
“strada imprevista” rispetto all’originale: il servus non può
fare a meno di svolgere la sua mansione destabilizzante; il senex non
può non reclamare il primato dell’ordine. Entrambi sanno, pur
combattendosi, di non poter fare a meno l’uno dell’altro: è
l’eterno gioco del Teatro; è l’eterno gioco della Vita.
Al Teatro ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico)
28 dicembre 2019 | 19 gennaio 2020
venerdì e sabato ore 21,00 – domenica ore 17,30
SERATA SPECIALE CAPODANNO Martedì 31 Dicembre ore 22,00
SPECIALE EPIFANIA Lunedì 6 gennaio ore 17,30
La Compagnia CASTALIA presenta
MOSTELLARIA (La Commedia del fantasma)
di T. M. Plauto
adattamento e regia Vincenzo Zingaro
adattamento e regia Vincenzo Zingaro
con Ugo Cardinali, Rocco Militano, Piero Sarpa, Fabrizio Passerini, Riccardo Graziosi, Annalena Lombardi, Laura De Angelis
musiche Giovanni Zappalorto - Scene Vincenzo Zingaro - Disegno Luci Giovanna Venzi - costumi Emiliana Di Rubbo - Maschere Carboni Studio
TEATRO
ARCOBALENO (Centro
Stabile del Classico)
Via
F. Redi 1/a - 00161 Roma
Tel./
Fax 06.44248154 – Tel. 06. 4402719
e-mail:
info@teatroarcobaleno.it
- sito: www.teatroarcobaleno.it
Biglietti:
Intero
€ 20,00 (prevendita €1)
Ridotto
€ 16,00 (prevendita €1)
Ridotto
studenti € 13,00 (prevendita €1)
Ridotto
bambini € 10,00
Per
la serata SPECIALE CAPODANNO: biglietto unico € 45,00