Manuel Civitillo e il suo esordio letterario “Backup §digitalife - fase 1”, quando letteratura e tecnologia si fondono. L'intervista di Fattitaliani


di Francesca Ghezzani - Manuel Civitillo nasce in provincia di Benevento nel 1982 e dal 2005 vive a Roma. Si è da sempre interessato alle scienze e alla tecnologia, soprattutto per l’impatto che queste hanno sulla società e la cultura. Questa passione, al livello letterario, si è tradotta nel desiderio di scrivere un romanzo di fantascienza che possa raccontare dell’uomo e del suo desiderio di evolvere in direzioni che allo stesso tempo entusiasmano e spaventano il nostro animo. Lavora come regista e montatore video per programmi di Rai e Discovery Channel e “Backup §digitalife - fase 1” segna il suo esordio letterario.
 
Manuel, credo che in te convivano aspetti che spesso coesistono con difficoltà in un’unica persona: da una parte la passione per le scienze e la tecnologia, dall’altra la creatività e l’amore per la scrittura. Qual è stato il tuo percorso che ti ha condotto alla scelta di pubblicare un libro?
Ho avuto il primo PC tra le mani già all'età di 12 anni. Oltre che dal lato puramente informatico e logico, sono stato subito affascinato dalle potenzialità creative che questo strumento ti può dare. Il montaggio video li racchiude entrambi, è un lavoro che richiede sia sensibilità artistica che competenze tecniche. E se unisci tutto questo alla passione per la letteratura di fantascienza, il desiderio di pubblicare un romanzo era dietro l'angolo. Sono cresciuto leggendo Asimov, Dick e King, autori che attraverso l'esasperazione di alcuni aspetti della nostra società sono riusciti a raccontare le ansie e gli aspetti più profondi dell'animo umano. Non è stato il bisogno di emulazione a farmi scrivere, semmai il desiderio di raccontare una mia storia in modo originale.
Il titolo “Backup §digitalife - fase 1” appare alquanto originale ma oltremodo calzante alla storia. Da chi è stato scelto e palesa, forse, il preludio di una fase 2?
Il titolo l'ho scelto io già dal primo mese in cui ho iniziato a lavorare a questo progetto, o forse potrei dire che si è scelto da solo. Prima della storia è nato lo stile. Già da un anno fantasticavo di raccontare una storia sul nostro rapporto con la tecnologia e per farlo volevo usare il suo stesso linguaggio. Nel momento in cui ho messo insieme i primi post, mail, chat e articoli che compongono il libro, quello che mi ritrovavo per le mani era un archivio, un backup. Da informatico, il nome di un archivio è quello del suo contenuto principale, le digitalife. Il perché del carattere § lo lascio scoprire al lettore.
“Fase=1” non solo prevede il 2, ma è l'inizio di una saga di cui ho già definito l'arco narrativo durante l'anno e mezzo in cui ho scritto il primo. Ogni volume racconta circa un mese della storia e sono distanziati tra loro da alcuni mesi per permettere a trama e personaggi di evolvere in modo naturale. Fase=1 è ambientato nell'ottobre 2034, con Fase=2 salteremo al marzo 2035.
Come hai trovato il tuo editore EKT - Edikit?
Durante la revisione della prima stesura, mi stavo già informando sul come pubblicare il mio primo romanzo e avevo deciso fin da allora che avrei provato con le case editrici non a pagamento. Avevo trovato una lista di editori su un forum di giovani scrittori e ne scelsi una manciata in base ai generi pubblicati e alle testimonianze di altri autori. In particolare mi aveva colpito quella di una giovane autrice (Alessia Palumbo, che ho poi conosciuto al mio primo Lucca Comics) che aveva pubblicato con EdiKiT un'intera trilogia fantasy, impresa rara per un giovane alla propria prima opera. Così tra le poche scelte ho inviato una mail anche a loro che, con mia grande sorpresa, mi avevano risposto con interesse nel giro di un mese. Capii subito che c'era feeling tra me e l'editore, la stessa voglia di sperimentare nuove strade.
Con il tuo libro ci proietti nel 2034, un futuro non così poi lontano in cui intravedi un’ulteriore evoluzione dei social network… ci racconti, senza spoilerare, che cosa accade?
Il social network OpenWalls è uno dei cardini su cui si intreccia la storia. Per il 2034 ho immaginato questa piattaforma web che oltre ad aver assorbito colossi come Google, Facebook, Amazon e Netflix, ha anche consolidato la navigazione in realtà virtuale di Internet. Proprio in questi ambienti digitali si diffonde la notizia che un gruppo di ricerca italiano sta per dar vita alla prima intelligenza artificiale dotata di capacità umane e questo porta scompiglio nell'opinione pubblica. Ma la generazione dei nativi virtuali, più che desiderare un controllo sulle future digitalife, inizia a diffondere una carta dei diritti per le forme di vita digitali. L'hacker Wyvern sfrutta questa risonanza mediatica per dare il via a un movimento contro il monopolio di Openwalls, innescando così una catena di eventi che coinvolgerà un regista che vuole fare un documentario sulla vicenda e un programmatore di OpenWalls che si ritrova a lavorare ad una stanza a tema digitalife.
Nel regista o nel programmatore del social network che diventa bersaglio diretto dell’hacker c’è qualcosa di autobiografico?
Il regista è il personaggio che più prende dalla mia vita personale, sia nei percorsi di vita sia nell'approccio entusiasta al suo lavoro, ma anche nella ricerca dei perché dietro le dinamiche sociali legate alla tecnologia dei media. Negli altri protagonisti ho infuso parti del mio carattere che nel regista non avevo espresso. Il programmatore per esempio è più cinico, tende ad essere cauto nell'esporsi sul web e la ricerca della verità ha come fine ultimo la libertà più che soddisfare la mera curiosità come nel caso del regista. 
In questo libro troviamo anche delle tue paure recondite o è, davvero, solo pura fantascienza?
Sono ottimista nei confronti dell'evoluzione tecnologica e dei nuovi strumenti che abbiamo tra le mani, ma mi spaventa l'uso poco cosciente che ne facciamo. Intendo proprio la rapidità con cui scrolliamo pagine, premiamo tasti e condividiamo informazioni. In pochi minuti passiamo sopra a una quantità di informazioni che una volta potevano richiedere un giorno intero, col rischio che nessuna comunicazione da parte delle community o dei nostri amici possa essere davvero importante. Vedo molte persone vivere la propria emotività attraverso il monitor di un cellulare, concentrate a girare il video di quello che sta accadendo invece di viverlo in prima persona. Il rischio è quello di impoverire e snaturare il nostro rapporto con gli altri.  Considero la tecnologia un acceleratore sociale e una maggiore velocità richiede un maggior autocontrollo.
Un’ultima curiosità… come vedresti una trasposizione cinematografica del tuo scritto?
Da montatore video ragiono molto per immagini e posso dire che alcuni momenti descritti nel romanzo sono pensati per essere già visivamente accattivanti. Per lo stile ho sempre pensato ad una fusione tra ricostruzione in stile docufiction, found footage alla Cloverfield e la multimedialità di Seraching, un film del 2018 il cui punto di vista è tutto espresso tramite lo schermo di un computer su cui appaiono webcam, chat. e siti web. Penso che i tempi siano maturi per un tale livello di sperimentazione.
Fattitaliani

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