Agnese Fallongo e Tiziano Caputo "Fino alle stelle" per tramutare i sogni in realtà. L'intervista di Fattitaliani

Fattitaliani
Tiziano Caputo e Agnese Fallongo parlano con Fattitaliani di "Fino alle stelle - scalata in musica lungo lo stivale" diretto da Raffaele Latagliata, lo spettacolo della serata conclusiva della rassegna "Primavalle… mica l’ultima" giunta all'ottava edizione. L'intervista di Fattitaliani.

Quanto c'è di voi in Tonino e Maria e/o viceversa?
Agnese Fallongo: Per quanto Tonino e Maria siano parecchio distanti da noi per tempo, luogo di nascita ed estrazione sociale - parliamo di due persone estremamente "semplici" (nell'accezione più genuina del termine) che vivono in un piccolo paesino della Sicilia nei primi anni '50 - hanno la nostra stessa fame di conoscenza, o forse sarebbe più corretto dire che io e Tiziano condividiamo il loro stesso desiderio: quello di arrivare "...Fino alle Stelle!", che poi è anche il titolo dello spettacolo. D'altronde l'etimologia della parola desiderio racchiude in sé un significato davvero affascinante: deriva dal latino de- che ha sempre un'accezione negativa e dal termine sidus che, letteralmente, vuol dire Stella. Desiderare significa quindi "mancanza delle stelle" e, di conseguenza, è strettamente connesso ad un sentimento di ricerca appassionata.
Ecco, è proprio questa ricerca appassionata e questo "desiderio" di tramutare i nostri sogni in realtà che ci lega indissolubilmente a Tonino e Maria, al di là di tutte le dovute differenze. 
Tiziano Caputo: Tantissimo. Ma penso seriamente che in ognuno di noi c’è un po’ di Tonino e un po’ di Maria. Loro rappresentano tutti i nostri sogni e le nostre paure, le nostre speranze e i momenti di sconforto, il nostro coraggio nel guardare avanti e la voglia di tornare indietro verso strade più sicure. Ma soprattutto rappresentano entrambi la voglia di vivere e, come si suol dire, di lasciare il segno!
Avete già raccontato cantando diverse Italie: come nascono i vostri spettacoli?
Agnese FallongoNascono dall'esigenza di raccontare delle storie che, almeno dal nostro punto di vista, valgono la pena di essere ascoltate. In tutto questo la musica gioca un ruolo fondamentale, portando con sé atmosfere e suggestioni anche molto diverse fra loro a seconda delle circostanze che desideriamo narrare. 
In particolare in questo spettacolo le canzoni popolari sono il vero collante della nostra 'scalata lungo lo stivale', permettendoci di alternare ritmi concitati a momenti più poetici. 
Non saprei definire con precisione il processo creativo dei nostri testi i quali, pur avendo un comune denominatore nel teatro popolare e di narrazione, hanno ciascuno una storia a sé. "Letizia va alla Guerra" per esempio nasce dall'esigenza di raccontare le storie dei "piccoli/grandi eroi del quotidiano" a cavallo fra le due guerre mondiali, mentre "Fino alle stelle" è il viaggio musicale e scanzonato di due artisti che desiderano emanciparsi dalla realtà in cui vivono attraverso la realizzazione di un desiderio, in un'Italia in cui la frammentazione regionale viene messa in luce nella sua veste più ilare. Sicuramente, in qualità di autrice, mi sento molto incuriosita dal concetto di "identità": cosa vuol dire oggi essere italiani? Quanto incide nelle nostre vite l'appartenenza ad una terra, ad una regione, ad un piccolo paese? Sentiamo spesso di faide che nascono addirittura tra un rione e un altro... come porsi di fronte a tutto questo nell'epoca della globalizzazione? 
È proprio la ricerca di una risposta a queste domande che tende a generare in me la voglia di intraprendere di volta in volta un nuovo processo creativo che possa aiutarmi e aiutare a riflettere su queste tematiche attraverso quella catarsi che il teatro rende possibile. 
Tiziano Caputo: Nascono innanzi tutto da una forte intesa artistica e da passioni comuni. Io ed Agnese, pur essendo molto diversi, siamo spesso attratti dalle stesse cose: i dialetti e ciò che ogni singola inflessione ci racconta dei personaggi, la musica o più precisamente la musica popolare italiana. Poi entrambi abbiamo una parte della nostra anima che appartiene ad un’altra epoca, siamo un po’ retrò...o forse no...chissà...a volte pescando dalla storia troviamo nuovi spunti per andare avanti.
Quanto e come incide nella resa teatrale l'interazione e la reciproca immediata comprensione tra voi?
Agnese FallongoMoltissimo. La nostra intesa in scena è qualcosa di tangibile e, come il buon vino, migliora sempre di più col passare del tempo. 
È stata una fortuna aver incontrato Tiziano, la nostra compatibilità artistica è stata lampante fin da subito, ma sicuramente ci attribuiamo il merito di essere riusciti a custodire questo rapporto lavorativo e umano con grande rispetto e stima reciproca. 
Caratterialmente siamo completamente opposti, ma abbiamo imparato a riderci su e anzi a fare della nostra diversità un punto di forza: insomma dove non arriva l'uno c'è l'altro pronto a sostenerlo. 
Tiziano Caputo: È la parte fondamentale. Siamo complementari. Oramai ci capiamo con uno sguardo.
Perseguite o avete perseguito un sogno apparentemente o realmente folle?
Agnese FallongoBeh! Diciamo che fare gli attori teatrali in questo momento storico in Italia credendo di riuscire a viverne dignitosamente sia un sogno apparentemente folle; ma pensare di poter scrivere dei testi propri, recitarli, arrangiarli musicalmente, costruirseli e distribuirseli (che poi non è altro che quello che cerchiamo di fare con Tiziano) sia un sogno veramente folle. 
Non so dire a che punto ci troviamo rispetto al perseguimento del nostro "folle sogno", ma sicuramente, fino ad ora, è la strada che ci ha regalato più soddisfazioni in assoluto. 
Avere qualcosa da dire e sentire che il pubblico è interessato ad ascoltarti genera un'emozione impagabile, oltre al fatto di avere il sentore di costruire un percorso più a lungo termine rispetto all'instabilità del nostro settore.
Tiziano Caputo: Una domanda così fatta ad un attore come si può dire...”si risponde da sola”.
Un viaggio che ricordate particolarmente?
Agnese FallongoSicuramente, per quel che mi riguarda, il viaggio che mi ha portato a Parigi nell'anno a cavallo tra il 2014 e il 2015 è stato di fondamentale importanza sia per la mia crescita professionale che umana. 
Più che un viaggio è stata un'esperienza di vita che è durata all'incirca 9 mesi. Tramite una borsa di studio rilasciatami dall'Académie Internationale des Arts di Spectacle di Versailles mi sono ritrovata ad approfondire lo stile della commedia dell'arte in in una lingua che non conoscevo: il francese. 
Ebbene, il fatto di ritrovarmi completamente sola in un paese straniero senza conoscerne la lingua inizialmente mi ha spaventato un bel po', ma allo stesso tempo mi ha galvanizzato e mi ha permesso di tirar fuori una forza d'animo e una forza di volontà sconosciute persino a me stessa. Diciamo che mi sono riscoperta nella fragilità di una solitudine palpabile ma soprattutto nella necessità di riuscire a cavarmela contando solo sulle mie gambe.
Tiziano Caputo: Marocco... ho capito quanto è importante interessarsi alle culture diverse dalla nostra.
Scalando in musica l'Italia coi vostri spettacoli, che Paese vedete?
È una domanda delicata, alla quale è complesso rispondere in maniera esaustiva. 
Scalando l'Italia vedo un paese stanco e pieno di contraddizioni, le sue bellezze sono direttamente proporzionali all'inciviltà delle persone che la vivono e che non si premurano di custodirle, ma anzi molti degli aspetti positivi che ci invidiano in tutto il mondo, come degli ossimori, hanno il loro "contrappeso" in dei veri e propri buchi neri quali mentalità mafiosa e ignoranza.
Nonostante questo, però, mi rendo conto di amare moltissimo il mio paese e, dopo la mia esperienza esterofila, ho scelto consapevolmente di restare nella mia bella penisola con tutte le difficoltà del caso.
La nostra è la generazione del "fai da te", quella in cui una vasta possibilità di scelta presuppone un grande senso di responsabilità e di consapevolezza, altrimenti avere tutto equivale un po' a non avere niente. Bisogna quindi farsi carico della libertà che ci è stata regalata come il frutto di tante battaglie e sfruttarla appieno per cercare di migliorare le cose, partendo da noi stessi e dalle piccole grandi scelte del quotidiano. E poi basta lamentarsi! Rimbocchiamoci le maniche e vento in poppa! 
Tiziano Caputo: Un paese fiero ma anche schiavo dei suoi clichè. Trattati sempre in chiave comica ed ironica. Noi cerchiamo di rendere la scalata più omogenea possibile. Forse ogni sera riusciamo in qualche modo ad unire un paese che, purtroppo, unito non lo è mai stato davvero. Giovanni Zambito.

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