Banda Osiris, il nostro pubblico è aperto alle contaminazioni e all’accoppiata di generi diversi. Fattitaliani intervista Gian Luigi Carlone


Al via da oggi la 53ma edizione del Festival Teatrale di Borgio Verezzi che si protrarrà fino a 20 agosto. Ad inaugurare la Kermesse sarà la Banda Osiris composta da Alessandro Berti, Gian Luigi Carlone, Roberto Carlone e Carlo Macrì.  Regia e Produzione di Banda Osiris. In Anteprima al Festival con lo spettacolo Banda 4.0


La Banda Osiris tra un po’ festeggerà il suo 40° compleanno. Com’è nata? 
Da un progetto di animazione teatrale che cercava di unire Comicità e Movimento del Corpo, rifacendosi al mondo delle bande musicali che tornavano in auge negli anni 80 nelle varie città come a Vercelli dove sono nato. Era la banda più piccola del mondo e non abbiamo fatto altro che mischiare vari generi dal vaudeville al varietà. 

Avete cavalcato due secoli, come siete sopravvissuti? 

All’inizio è stato difficilissimo, non si riusciva ad accedere nei Teatri e quindi era più che altro un Teatro in strada, all’aperto e si andava a cappella. Non avevamo limiti e facevamo le cose per farci conoscere. Adesso è tutto molto più complesso vista la situazione economica e sociale in cui viviamo e abbiamo iniziato a porci dei limiti.

Il nome com’è nato? 

In quegli anni era ancora molto conosciuta la Wanda e volevamo ispirarci al mondo del Varietà. Wanda Osiris era un’icona del varietà e un’artista completa perché era Cantante, soubrette…

Un Varietà che poi nessuno è riuscito a far riemergere almeno dal punto di vista televisivo… 

Sono dei generi legati a dei repertori e a dei periodi storici in cui nascono. Riproporli non è facile perché sarebbero rifatti con dei toni nostalgici e non sarebbero uguali.

Forse delle brutte copie… Mi spiega come nel vostro repertorio convivono Mozart e Buscaglione? 

È proprio quello che cerchiamo di fare… la convivenza tra mondi diversi. Noi abbiamo fatto studi diversi, abbiamo ascoltato tanta musica e crediamo di esserci riusciti perché la gente si diverte ed apprezza anche un genere musicale che non conosce. C’è un continuo scambio di cultura e di informazioni. 


Dagli anni di piombo al liberismo social, cosa è cambiato? 

Prima c’erano più soldi e si riuscivano a fare più progetti facilmente e senza pensarci troppo. Adesso è quasi impossibile! La fascia media è sparita non solo tra gli artisti ma un po’ in tutti i campi. 

Qual è il vostro pubblico? 

È aperto alle contaminazioni e all’accoppiata di generi diversi. Loro si divertono e anche noi troviamo riscontro perché se il pubblico è curioso, lo spettacolo rende di più. 

Ha parlato di contaminazioni, immagino abbiate anche un pubblico giovane… Abbiamo gente che ci segue dall’inizio della carriera e portano i figli che la prima volta vengono mal volentieri, poi si divertono e scoprono un modo diverso  di abbracciarsi alla musica. Per loro non è facile conoscere ciò che non sta in Rete.

Elisabetta Ruffolo

Fattitaliani

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