Quali libri ci sono attualmente sul suo comodino?
I racconti di Tomasi di
Lampedusa. Dell’aurora di Marìa
Zambrano. Tutte le poesie di Milo de
Angelis.
L’ultimo “grande” libro che ha
letto?
Il suicidio di Angela B. di
Umberto Casadei.
Chi o cosa influenza la sua
decisione di leggere un libro?
Le
recensioni e i consigli delle persone che stimo servono a darmi un
orientamento. Ma un testo per convincermi deve superare il test di lettura:
l’incipit e, se sono in libreria e ho il libro fisicamente in mano, un paio di
pagine nel mezzo. Per me è tutta una questione di voce: non posso trascorrere
del tempo con un narratore che mi lascia indifferente o che, peggio, mi indispone;
è una repulsa fisica. Questo non ha nulla a che fare con la qualità intrinseca del
testo: ci sono opere di altissimo livello con le quali semplicemente non riesco
a stare. E neppure è un giudizio irreversibile e congelato nel tempo: ci sono
opere, autori, che in questo momento respingo, ma che potrei benissimo riconsiderare
fra uno, due, dieci anni.
Quale classico della letteratura
ha letto di recente per la prima volta?
Mimesis di Erich Auerbach.
Secondo lei, che tipo di
scrittura oggi dimostra una particolare vitalità?
Occorre
definire cosa s’intende per vitalità. Se si allude al dinamismo, alla sveltezza
e alla capacità di coinvolgere una grande quantità di autori e lettori, direi
la scrittura che trova spazio e nutrimento nei social. Ma se voglio comprendere in quel vitalità tutto ciò che è dotato di vita e che è necessario alla
vita, giacché il massimo contributo che lo scrivere può fornire alla vita si dà
attraverso la lingua, allora senza dubbio: la poesia.
Personalmente, quale genere di
lettura Le procura piacere ultimamente?
Più
che le letture, mi procurano piacere le riletture: dei testi che ho molto
amato. È un canone del tutto personale che si alimenta con acquisizioni e che
non patisce sostituzioni. In questo momento ci sono testi come La casa delle belle addormentate di Kawabata
Yasunari, La ragazza Carla di Elio Pagliarani,
Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock
e La terra desolata di T.S. Eliot, La stanza degli animali di Giulio Mozzi,
Pedro Páramo di Juan Rulfo, le poesie
di Anne Sexton e Sylvia Plath. E Marguerite Duras, che per me è diventata una
costante.
L'ultimo libro che l'ha fatta
sorridere/ridere?
Se
ho voglia di un testo scritto con intento consapevolmente comico, ritorno
sempre ad Achille Campanile: potrei rileggere Lord Brummel o Del non farsi notare per la milionesima volta e
ancora riderne di gusto. Ma il riso, forse più del pianto, è difficilmente
prescrivibile e prende vie inaspettate: io trovo L’amante di lady Chatterley di Lawrence, per dire, un libro di gran
comicità.
L'ultimo libro che l'ha fatta
commuovere/piangere?
Effetto domino di Romolo
Bugaro, dove l’impotenza dell’uomo non di fronte a Dio, al fato, alla natura,
ma di fronte a se stesso, alla sua propria stupidità (più che capacità)
distruttrice diventa commovente. Siamo capaci non solo di danneggiare gli
altri, non solo di danneggiare direttamente noi stessi, ma anche di mettere in
moto processi che nel loro procedere si spersonalizzano: ci annientiamo assieme
alla nostra facoltà di identificare un colpevole preciso, perché il colpevole
diventa un sommovimento, un’astrazione.
L’ultimo libro che l’ha fatta
arrabbiare?
Non
mi fanno arrabbiare i libri brutti o con i quali non voglio stare, perché li
abbandono prima che questo succeda: la lettura non è penitenza né espiazione.
L’ultimo libro bello che ha mosso in me dell’irritazione è stato Addio fantasmi di Nadia Terranova, e
questo ha a che fare non con il testo ma con me, con la mia vicenda personale. Nadia
mi ha punta nel vivo, dove la carne è esposta. Un buon romanzo deve fare
questo, del resto.
Un
film è un film e un libro è un libro: ognuna delle due espressioni ha uno
specifico - filmico, narrativo - che le rende non intercambiabili. Niente
traslazioni o traduzioni. La mia valutazione va sempre al film in sé, dunque, e
non al film come derivativo di un’opera letteraria. Detto questo, ho trovato
molto bello Silence di Scorsese,
basato su Silenzio di Shusaku Endo, romanzo
che parla di una realtà assai poco conosciuta: quella dei missionari apostati
nelle terre di missione (qui il Giappone), vinti dalle persecuzioni, dalle
torture, ma anche dalla seduzione delle religioni locali.
Dovendo
citare una pellicola che non mi ha convinta… mah, direi Dorian Gray di Parker: malriuscito sia come film horror che come
film erotico. E la verniciata di letterarietà più che giovare ha danneggiato.
Ci
sono autori che dichiaratamente non amo e che forse non riuscirò a leggere mai:
Kerouac, Bukowski... Eppure li compro, stanno nella mia biblioteca.
Qual è il suo protagonista
preferito in assoluto? e l'antagonista?
Il
termine “assoluto” si confà poco alle mie inclinazioni: che nella lettura sono instabili,
e variano a seconda del tempo, dello stato emotivo, di ciò a cui sto lavorando.
La
protagonista, in questo momento, è Emerenc (La
porta di Magda Szabò). Un personaggio che all’inizio si prospetta quasi
sgradevole - una vecchia bizzarra, umorale, malmostosa - e che con il procedere
della narrazione si carica di una forza impressionante. La sua morte, quando
alla fine accade, diventa per il lettore straziante.
L’antagonista
è Beloved (Amatissima di Toni
Morrison). Beloved è la reificazione di un male ricevuto. Esiste,
antagonisticamente, perché esiste il male che ha subito. È la forma sensibile
dell’espiazione.
Lei organizza una cena: quali
scrittori, vivi o defunti, inviterebbe?
C’è
stato, a Roma, negli anni Ottanta, a Sant’Agata de’ Goti, un bel movimento di
poeti, narratori e artisti organizzatosi attorno alla rivista Braci e poi Prato Pagano. Fra loro Claudio Damiani, Marco Lodoli, Edoardo
Albinati, Gino Scartaghiande e poi lui, il più forte di tutti: Beppe Salvia.
Facevano un lavoro di recupero o meglio ancora di liberazione della lingua in
contrasto con il linguaggio – la lingua dice la cosa, il linguaggio dice l’idea
preconcetta a proposito della cosa – con un grande sbilanciamento verso i
padri, i classici – Petrarca, Pascoli, i latini, ecc. Una fuga da quella che
veniva percepita come afasia e impotenza nella poesia del secondo Novecento, alla
ricerca di una nuova, antichissima, limpidezza. Ecco, inviterei a cena quel
gruppetto lì (o mi farei invitare, ché io cucino malissimo).
Ricorda l’ultimo libro che non
è riuscito a finire?
Succede
molto spesso, come ho detto, e non ha niente a che fare con il valore dell’opera.
Non sono riuscita a finire Maestoso è
l’abbandono di Sara Gamberini, ma solo perché ora io e quel testo respiriamo
e camminiamo a un ritmo diverso. Lo riprenderò in futuro (ho abbandonato Pedro Páramo di Rulfo tre o quattro
volte, per dire; e ora è entrato a far parte del mio canone, con cinque
riletture all’attivo).
Quale scrittore vorrebbe come
autore della sua biografia?
Marguerite
Duras. Mi riconosco nella sua andatura, e per restituire attraverso un testo
una vita occorre restituire esattamente questo: un’andatura. Farla accadere in
pagina attraverso la lingua. Siamo esseri camminanti, alla fine.
Che cosa c'è di Valentina
Durante ne "La proibizione"?
La
lingua. La lingua è ciò che sempre ci precede e ci segue e io mi rendo
presente, nei miei testi, attraverso la lingua. Giovanni Zambito.
IL LIBRO
La Trama - Leni, protagonista de La proibizione, è prigioniera di un misterioso potere - ereditato dalla madre, che è fuggita affidandola alle cure di zia Eleonora. L’educazione di Leni viene condotta da Eleonora all’insegna di una regola inflessibile: non devi amare, mai, non devi amare, nessuno. Nemmeno te stessa. Ma è possibile non amare mai, non amare nessuno? Nemmeno se stessi? Con questo suo primo romanzo Valentina Durante ci consegna una storia semplice e terribile, narrata con una scrittura limpida, ipnotica, allucinata. E si candida a un posto di tutto rispetto nel panorama della letteratura italiana del nostro tempo.
Giulio Mozzi
L’autrice Valentina Durante spiega come la scrittura abbia preso il sopravvento nella sua vita: “La scrittura è entrata a far parte della mia vita quando non è stato più possibile tenerla fuori. Io ho un pensiero rumoroso, molto presente a se stesso e rimuginante, ritornante. Un pensiero di questo tipo tende a colonizzarti, e facilmente si trasforma in arma. A un certo punto ho capito che potevo rivolgerlo verso l'esterno: trasformarlo in immaginazione e in lavoro sulla lingua. In un certo senso, scrivere è rinnovare costantemente un patto con le mie ossessioni: voi mi lasciate vivere, e io vi costruisco un castello”.
Valentina Durante (1975) è nata e vive a Montebelluna, dove lavora come copywriter e consulente di comunicazione freelance. Suoi racconti sono stati pubblicati su Altri Animali, Leggendaria, L’ircocervo e Vibrisse. La proibizione è il suo primo romanzo. Sul suo sito si legge: "Considero la scrittura una chiave capace di aprire molte porte. Alcune le ho già spalancate. Di altre sto armeggiando con maniglia e toppa. E poi ci sono quelle ancora mai accostate: e lì, tutta la possibilità, ancora, di lasciarmi sorprendere."
Distribuzione: www.bookway.it
Per informazioni: www.laurana.it