Francesca Magni a Fattitaliani: il giornalismo è un buon modo per lavorare con la scrittura. L'intervista

di Laura GoriniGiornalista, direttrice di Casa Facile, scrittrice e mamma. Francesca Magni, è una donna piena di risorse e dagli svariati interessi. Ecco che cosa ci ha raccontato della sua persona e del suo lavoro.

Francesca, quando e come ti sei avvicinata alla scrittura?
Scrivo da sempre, da quando ero bambina. La scrittura è il modo che mi viene più naturale per esprimermi.

Dei tuoi inizi come giornalista che cosa ci vuoi raccontare?
Dopo la laurea in Lettere Moderne sono entrata all’Istituto per la Formazione al Giornalismo Carlo De Martino di Milano. Il giornalismo mi sembrava un buon modo per lavorare con la scrittura, e rispondeva a un bisogno di “conoscere e decifrare il mondo”.

Da cosa nasce in particolare la scelta di scrivere il libro "Il bambino che disegnava parole"?
Quando aveva 12 anni, e dopo aver frainteso tutti gli indizi, abbiamo scoperto che nostro figlio è dislessico. La scoperta ha spalancato la porta a nuove conoscenze sulle neurovarietà, ovvero sul modo in cui funziona il cervello di ognuno di noi. È stato faticoso emotivamente – la scoperta ha avuto una difficile gestione familiare – ma è stato anche esaltante. “Il bambino che disegnava parole” è la storia di una famiglia, la nostra, alle prese con una scoperta che ritengo importantissima per tutti: la dislessia non capita provoca infinite e inutili sofferenze; la dislessia deve (può) rendere migliore la scuola ma anche il nostro modo di rapportarci agli altri.
Dislessici si nasce e si resta per tutta la vita: spesso il dislessico è il collega un po’ bizzarro che potremmo capire meglio e invece giudichiamo con ignoranza.

Francesca, a carattere più generale, che cosa può portare una persona alla necessità di scrivere e quindi di volersi in qualche modo “raccontare”, seppure senza per forza che si tratti di autobiografia?
La scrittura è un’inclinazione personale. Poi la necessità nasce quando si ha una storia da raccontare.

Torniamo ora a parlare di te come giornalista. Come sei approdata alla rivista Casa Facile che ora dirigi?
Come giornalista ho lavorato per 18 anni a Donna Moderna, occupandomi soprattutto di attualità e libri, che sono la mia grande passione (dal 2010 ho un blog di libri www.lettofranoi.it). Ma ho sempre coltivato anche un’altra passione: quella per la casa, l’arredo e il design. Così a un certo punto mi sono chiesta: perché non far coincidere questa passione con il mio lavoro? Ho scritto a Giusi Silighini, allora direttore di Casa Facile, e le ho chiesto di poter lavorare con lei… Così è iniziata una nuova storia e una nuova fase della mia vita che, cinque anni dopo, mi ha portata qui, alla direzione di Casa Facile.

Con quali  parole la descriveresti?
Casa Facile è da molti anni un punto di riferimento per chi ama l’arredo e il design e vuole condividere la propria passione con una community di altri appassionati, tutti legati da questo magazine, che non è semplicemente un giornale ma un punto di riferimento: autorevole ma amichevole al tempo stesso. Quando sono arrivata a Casa Facile ho capito che si trattava prima di tutto di una ‘famiglia’, un luogo fatto di persone vere: quelle che ci lavorano più la comunità dei lettori.

La tua rivista a quale “target” può dirsi che si rivolga in particolare?
Il target  della rivista è l’appassionato di casa che cerca ispirazioni ma anche idee da copiare, che si riconosce in una varietà di stili che vanno dal nordico-scandinavo al boho allo shabby. Ci compra chi cerca idee per la sua casa ma anche chi cerca semplicemente ‘bellezza da sfogliare’, case che fanno sognare.

Da direttrice di questa testata, credi che la giusta creatività possa essere insita nell’individuo in maniera scevra dai titoli di studio?
Be, certo! Non ci si laurea in creatività…

Ovvero, si dice che per fare arte non serve per forza essere artisti, allo stesso modo si può dire che per essere dei designer creativi non serva per forza avere una laurea in Architettura o aver studiato in prestigiose Università?
Esistono i talenti naturali e le strade per coltivarli. Il massimo risultato si raggiunge unendo le due cose, inclinazione più ‘studio’.

Ma quali  caratteristiche dovrebbe avere secondo te un buon progettista di interni/esterni di un’abitazione o di un qualsiasi altro tipo di spazio?
Parlo spesso con architetti e interior designer e mi dicono: “Il nostro lavoro è fare anche lo psicologo”. Alla competenza tecnica, alla visione, devono unire il ‘sapere fare per un committente’. La casa è espressione profonda di noi, chi progetta case deve tener conto della personalità e dei desideri di chi la abiterà.

Il tuo stile architettonico o artistico preferito in assoluto?
Mi appassiona tutto. Amo le case di epoca Liberty quanto il Modernismo.

E prima di salutarci, ci riveli se hai qualche altro progetto imminente di cui vuoi parlarci, ovviamente senza spoiler?
Al momento in mio progetto più grande è Casa Facile: sta uscendo il “mio” secondo numero, quello di novembre, ed è un ‘fine tuning’ continuo, una ricerca continua di miglioramento… Poi un giorno spero di avere ancora il tempo di scrivere.
Fattitaliani

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